Luca de Meo - "Un'Airbus delle citycar elettriche per salvare l'auto europea"
Luca de Meo continua a perorare la causa delle elettriche di piccola dimensione. Con un lungo post su LinkedIn, l'amministratore delegato della Renault e presidente dell'Acea ha ribadito la sua "passione" per una categoria di veicoli che, se Bev, "potrebbero essere la soluzione alle sfide della sostenibilità e dell'industria più urgenti". Al punto da giustificare la creazione di una grande società, sul modello della Airbus, che li produca.
Normative sbagliate. Il manager italiano pone l'accento soprattutto sulla necessità di ridurre l'impatto ambientale dei trasporti, che sarebbe agevolato se "si optasse per veicoli più compatti e leggeri" In tal senso il riferimento è la futura Twingo: "Ha un'impronta di carbonio inferiore di quasi il 75%, cradle to grave (dalla culla alla tomba, ossia dall'estrazione delle materie prime allo smaltimento del prodotto finito, ndr), rispetto alla media delle auto vendute oggi. Il paradosso è che da 20 anni la regolamentazione spinge tutto il sistema in Europa a consegnare auto più grandi e pesanti, mentre nulla è più adatto alle strade strette e tortuose delle nostre città" delle auto piccole.
Auto troppo grandi. Nel post, il numero uno della Losanga sottolinea anche l'aumento del peso delle auto europee (in media il 60% in più rispetto a 20 anni fa) e dei prezzi (+60% in 10 anni) e menziona uno studio di Tommaso Pardi del Cnrs (Centre national de la recherche scientifique) e dei colleghi del consorzio di ricerca Gerpisa, favorevole alla produzione di elettriche piccole ed economiche in Europa. Per de Meo, tale studio non poteva "essere più tempestivo", visto il rallentamento del mercato delle Bev e i rischi per gli obiettivi di decarbonizzazione, posti di lavoro e aziende nel Vecchio continente.
La ricetta. In dettaglio, la ricerca propone una serie di consigli già avanzati dal manager italiano nella sua Lettera all'Europa: creare una nuova categoria di veicoli con dimensioni, peso e potenza specifici, come le kei car giapponesi; adeguare le normative sulle emissioni di CO2 per supportare le Bev di piccola dimensione, con obiettivi di valutazione del ciclo di vita per tutti i segmenti; sviluppare un punteggio ecologico (Eco Score) dei veicoli per valutarne impatto ambientale e impronta di carbonio durante l'intero ciclo di vita, dalla culla alla tomba; sostituire le pressioni normative che ostacolano la produzione di automobili più piccole con politiche di supporto; definire incentivi per i clienti di veicoli di piccola dimensioni, come assicurazioni più competitive, parcheggi gratuiti e nessuna penalità per l'ingresso nei centri urbani. Per de Meo, i ricercatori stanno così proponendo "alcuni ingredienti per aumentare le vendite di nuove Bev a prezzi accessibili, ripristinare la produzione automobilistica e garantire una transizione giusta. Non potrei essere più d'accordo e aggiungo alla ricetta solo una proposta: l'Europa farebbe anche di più se giocasse in modo collettivo, creando un'Airbus delle piccole auto elettriche. Quindi, perché non rendere di nuovo grandi le piccole auto?", si chiede infine de Meo, chiudendo il post con l'emoticon di un occhiolino e i tag della Commissione europea e della presidente Ursula von der Leyen.
Arval - Le aziende promuovono la connettività
Duecentosessanta aziende italiane che operano veicoli commerciali, da quelle che ne operano uno solo a flotte di oltre mille unità, sono il campione che ha risposto a una ricerca condotta dall'Arval Mobility Observatory, rappresentativo di un parco complessivo di circa 100 mila mezzi. Di queste, il 60% utilizza oltre 100 autocarri leggeri, con la categoria più rappresentata nel commercio (13%) e altre tre manifattura, utility e alimentare a pari merito all'8%, cui segue un altro terzetto telecomunicazioni/hi tech, consulenza e logistica al 7%. Oltre la metà è attiva nelle grandi aree urbane. Sei su dieci hanno installato i dispositivi di connettività tramite il fornitore dei servizi di mobilità e quasi la metà ha indicato come obiettivo del ricorso alle tecnologie la geolocalizzazione e l'ottimizzazione dell'utilizzo dei veicoli. I dati ritenuti più importanti risultano l'analisi dello stile di guida dei conducenti, i consumi e i dati sulla manutenzione, dando per scontata la tempestività di ricezione, l'affidabilità e la certificazione delle informazioni generate automaticamente.
Vince l'outsourcing. A una generale soddisfazione per la rispondenza alle aspettative, pari a circa il 60% del totale, si oppone un 15% che ritiene prematuro esprimere un giudizio. I tre quarti delle flotte gestisce i dati internamente, le più piccole ricorrono all'esternalizzazione da parte dei fornitori di mobilità - sia dell'estrazione sia dell'analisi, mentre le più grandi si affidano all'outsourcing solo per l'estrazione. Nel 67% dei casi, il destinatario dei dati è il fleet manager, nel 21 anche la dirigenza delle società, e l'analisi, nel 60% delle risposte, viene eseguita mensilmente o settimanalmente, contando sulla loro valenza per elaborare piani o sistemi di efficientamento. Risulta ottima, attorno all'80%, secondo le aziende, la reazione dei conducenti alle tecnologie di connettività, che vengono sostanzialmente promosse, tanto che l'85% degli intervistati dichiara di voler investirvi ulteriori risorse.
Akio Toyoda - "Un futuro di sole elettriche significa perdita di posti di lavoro"
Akio Toyoda torna a lanciare l'allarme sulle conseguenze occupazionali della mobilità elettrica. "In Giappone ci sono 5,5 milioni di persone coinvolte nell'industria automobilistica, tra loro c'è chi lavora da molto tempo in posizioni legate ai motori", ha detto il presidente della Toyota a margine dell'inaugurazione di un busto del padre Shoichiro all'Università di Nagoya. "Se i veicoli elettrici diventassero l'unica scelta, anche per i nostri fornitori, i posti di lavoro di queste persone andrebbero persi".
Strategia multi-percorso. Toyoda ha così ribadito una posizione che è stata già oggetto di critiche, in particolare da parte dei grandi investitori internazionali: per dire, a gennaio hanno fatto scalpore le sue dichiarazioni su un futuro in cui le elettriche rappresenteranno al massimo il 30% del mercato globale. Tuttavia, la Toyota non sembra avere alcuna intenzione di abbandonare la sua strategia "multi-percorso" e resta estremamente prudente nei confronti delle elettriche: la Casa nipponica ritiene che il processo di decarbonizzazione dei trasporti dovrà passare dall'impiego di più soluzioni e non di una sola tecnologia: in buona sostanza, servirà un insieme ragionato di veicoli elettrici, ibridi, indrogeno, fuel cell e altro ancora. Tra l'altro, si tratta di un approccio che continua a dare i suoi frutti, soprattutto ora che le vendite elettriche stanno rallentando: la Toyota sta registrando una forte crescita della domanda per le sue ibride non solo in Europa, ma anche nel suo mercato principale, gli Stati Uniti.
Mobilize - Duo e Bento, è la volta buona
Specializzata nei servizi finanziari e di mobilità alternativa e condivisa, la divisione Mobilize del gruppo Renault ha avuto fra i suoi programmi, fin dalla sua presentazione nel 2021, la creazione di una gamma di veicoli dedicata. Alcuni modelli sono stati poi cancellati, ma i due più compatti, i quadricicli Duo e Bento, rispettivamente per trasporto di persone e di merci, hanno continuato il loro cammino di sviluppo. Oggi, anticipando la presentazione ufficiale della prossima settimana al Salone di Parigi, il marchio ne annuncia l'imminente commercializzazione, che per il Duo inizierà il 15 ottobre, mentre per il Bento non sono state ancora comunicate le date
Omologazioni differenti. Il Duo 45 Neo è un veicolo di categoria L6, lungo 2,43 metri e largo 1,3, a due posti in tandem, che può essere guidato dai quattordicenni con patentino AM e ha la velocità limitata a 45 km/h. Stesse dimensioni e capacità per il Duo 80 Evo, che però è omologato L7, è conducibile a partire dai 16 anni con patente B1, arriva a 80 km/h e del quale è prevista la declinazione Pro, destinata ai servizi di car sharing, anche aziendale. Il Bento 80 condivide la parte anteriore della carrozzeria del Duo, comprese le portiere con movimento a elitra, ma rinuncia al secondo sedile e presenta un vano specifico per trasporto di pacchi, merci o attrezzi, che porta la lunghezza a 2,54 metri, dalla capacità dichiarata di 649 litri.
Caricati e connessi. Per tutti, il motore elettrico a 48 volt, utilizzato anche dal sistema mild hybrid della Austral, è alimentato da una batteria da 10,3 kWh netti, che secondo Mobilize permette autonomie fino a 161 km per Duo e 149 km per Bento. La connettività nativa permette, nel caso degli utenti professionali, l'accesso a servizi di gestione flotte e alle applicazioni di Smart sharing, Geofencing e Battery charge inhibition dello stesso marchio. Protagonista dell'esperienza di fruizione dei nuovi modelli è l'app MyDuo, che permette, fra l'altro, di tracciare l'ordine e ha la funzione di chiave digitale condivisibile fino a sei utenti. Costruiti a Tangeri (Marocco), i nuovi quadricicli hanno prezzi Iva inclusa a partire dai 9.900 euro del Duo 45 Neo, per salire ai 12.500 o 11.600 rispettivamente dell'80 Evo e dell'80 Pro, e arrivare ai 12.900 del Bento 80 Pro. L'airbag conducente è di serie per tutti, mentre sono optional il climatizzatore e il cavo di ricarica integrato Mode 3 con presa Tipo 2; dalla rete domestica, il ripristino dell'energia dal 20 all'80% richiede, sempre secondo Mobilize, poco meno di 4 ore.
Chery - Russia, il gruppo cinese usa le ex fabbriche di giapponesi ed europei
I costruttori cinesi hanno sostituito i rivali occidentali in Russia, conquistando più della metà del mercato e, nel silenzio quasi assoluto, buona parte delle attività industriali locali. A tal proposito, un articolo della Reuters fornisce l'ennesima conferma, puntando l'attenzione sulla Chery: l'azienda di Wuhu ha iniziato ad assemblare auto in tre impianti lasciati liberi da europei e giapponesi per non incorrere nelle sanzioni imposte a Mosca per l'invasione dell'Ucraina.
Le indiscrezioni. In particolare, la Chery sta esportando in Russia sia veicoli finiti, sia kit di assemblaggio da completare nelle fabbriche un tempo di Volkswagen, Mercedes-Benz e Nissan e oggi gestite da alcune realtà imprenditoriali russe. L'impianto di San Pietroburgo (un tempo della Casa di Yokohama) sforna, per esempio, la Tiggo 7, ribattezzata Xcite X-Cross 7. Lo stesso avviena a Kalunga, nell'ex impianto Volkswagen oggi in mano alla AGR Automotive. A Esipovo, vicino Mosca, la Avtodom ha rilevato una fabbrica della Mercedes e ora sta producendo la Exeed VX. Per ora, la Chery si è rifiutata di confermare le indiscrezioni della Reuters, sottolineando come le sue strategie per il mercato russo prevedano solo l'esportazione di veicoli e non la realizzazione o l'acquisto di fabbriche.
Poca pubblicità. In fin dei conti, l'azienda cinese non sta facendo altro che affidarsi a terze parti, anche se l'agenzia di stampa parla non solo di ingegneri cinesi già operativi nei vari siti (a Kaluga, la produzione della Tiggo avviene sotto la supervisione diretta dei tecnici della Chery), ma anche di accordi in base ai quali "ai proprietari dell'impianto viene pagato un compenso per finalizzare l'assemblaggio in loco". D'altra parte, la stessa Chery e Mosca hanno intenzione di fare meno pubblicità possibile alle attività produttive in Russia per non creare problemi alle strategie di espansione globale del costruttore: i vertici aziendali puntano a entrare in più di 60 nuovi mercati nei prossimi tre anni anche tramite insediamenti industriali, come nel caso del recente accordo con Ebro per il rilancio della Nissan di Barcellona o delle trattative in corso con Ankara per una fabbrica in Turchia. A ogni modo, la Russia sta generando non poche soddisfazioni alla Chery e ai suoi marchi, tra cui Exeed e Omoda: nel 2023, le vendite sono quadruplicate a poco più di 200.000 veicoli, una cifra già superata nel 2024, e ora il gruppo di Wuhu controlla quasi un quinto del mercato del nuovo.
Leapmotor T03 - In Francia l'elettrica non accede al "bonus ecologique" (per ora)
La Leapmotor sarà presente al prossimo Salone dell'Auto di Parigi con tante novità, quantomeno per il mercato europeo. Nello stand saranno esposte, innanzitutto, la piccola T03 e la Suv C10, ma ci saranno anche la C16 e, in anteprima mondiale, la crossover B10. Insomma, la manifestazione parigina potrebbe assicurare un ruolo da protagonisti all'azienda cinese e al partner Stellantis. Peccato che le ultime ore abbiano riservato un'amara sorpresa: la T03, a dispetto delle previsioni iniziali del gruppo guidato da Carlos Tavares, non è stata inclusa nell'elenco dei nuovi modelli che in Francia possono accedere al "bonus ecologique", l'incentivo pubblico per l'acquisto di auto elettriche.
Assenza imprevista. Nella Gazzetta ufficiale francese è stato pubblicato il decreto che aggiorna l'elenco dei modelli che possono accedere alle agevolazioni: ci sono l'Alpine A290, l'Audi Q4 45 e-tron, la Citroën e-C3 Aircross, la DS4, la Ford Explorer, la Nissan Leaf, la Opel Frontera e diverse varianti della Volkswagen ID.3. Ma non la Leapmotor T03. Eppure, lo scorso 24 settembre, in occasione dell'evento di lancio del marchio cinese in Europa, la filiale francese di Stellantis si era detta fiduciosa del suo inserimento nella lista, anche grazie alla produzione tramite kit di assemblaggio in Polonia (nella formula di calcolo dei bonus hanno un peso elevato le emissioni prodotte dai trasporti via mare), e di ottenere i relativi benefici per il listino locale: "Il prezzo della T03 è di 19.500 euro IVA inclusa, con un'offerta di lancio di 18.900 euro per i primi clienti. Il veicolo dovrebbe beneficiare del bonus ecologico di 4.000 euro, per un costo finale di 14.900 euro tasse incluse".
Ancora conveniente. Il condizionale era legato alla decisione dell'Ademe: attesa per il 30 settembre scorso, si è evidentemente rivelata negativa, ma è anche possibile che l'agenzia stia ancora facendo le analisi del caso. Infatti, da Stellantis hanno spiegato come non siano "ancora a conoscenza dell'ammissione o meno della T03 al bonus ecologico". Detto questo, la piccola cinese rimane tra i modelli a batteria più convenienti sul mercato francese. La versione di lancio, infatti, costa quanto la Dacia Spring, ma ha un equipaggiamento più ricco e una batteria più capiente. Inoltre, in Francia circolano offerte su vetture già in stock a meno di 16 mila euro. Di sicuro, la decisione dell'Ademe ha una logica conseguenza sul futuro commerciale della T03, perché nel segmento delle piccole elettriche una differenza di ben 4 mila euro ha un peso dirimente per i consumatori.
Stellantis - In arrivo un rimpasto manageriale
Carlos Tavares avrebbe in programma di avviare un profondo rimpasto manageriale: secondo indiscrezioni dell'agenzia Bloomberg, l'amministratore delegato di Stellantis punterebbe a un'ampia riorganizzazione delle prime linee dirigenziali, come prima risposta al recente lancio di un "profit warning", ossia l'allarme sui profitti attesi per l'intero anno.
Si parte dagli Usa. Il manager portoghese avrebbe intenzione di presentare una proposta durante la riunione del consiglio di amministrazione in programma nei prossimi giorni negli Stati Uniti, l'area che sta generando i maggiori grattacapi alla direzione aziendale. La riorganizzazione dovrebbe riguardare vari dipartimenti e posizioni: l'agenzia menziona i team finanziari, i responsabili delle regioni operative e i capi dei diversi marchi in portafoglio. Il rimpasto non sarà l'unico punto all'ordine del giorno del Cda: i consiglieri saranno chiamati a discutere anche del futuro dello stesso Tavares. Dunque, per Bloomberg "non è chiaro" quanto la proposta dell'amministratore delegato possa ricevere il sostegno del consiglio.
Il futuro di Auburn Hills. I consiglieri dovranno anche affrontare il problema delle deludenti performance sul mercato nordamericano e in particolare le misure già annunciate dal gruppo. Stellantis ha anticipato interventi sulla produttività e sui costi delle attività locali e tra questi ci potrebbe anche essere un'iniziativa su cui da tempo circolano delle voci, ovvero l'addio alla storica sede della Chrysler ad Auburn Hills. A tal proposito, la governatrice del Michigan, Gretchen Whitmer, ha parlato colloqui "frequenti" con Tavares su una "priorità assoluta" per la sua amministrazione: mantenere la sede delle attività nordamericane di Stellantis nell'area di Detroit. In sostanza, Whitmer ha confermato, indirettamente, l'intenzione del gruppo di abbandonare l'attuale edificio di Auburn Hills. La struttura è considerata troppo grande e costosa, anche perché al suo interno i dipendenti sono molti meno rispetto al passato. Per questo, il futuro dell'edificio è in bilico da tempo: a settembre, durante lo sciopero del sindacato Uaw per il rinnovo del contratto di lavoro, l'azienda ha rivelato l'avvio di valutazioni sulla sua presenza in Michigan e quindi sulle sue varie sedi. Del resto, anche la General Motors ha annunciato l'addio al Renaissance Center e il trasferimento in spazi più contenuti, mentre la stessa Stellantis ha una lunga storia di iniziative di ridimensionamento "immobiliare": sono state già cedute gran parte della storica fabbrica della Opel a Rüsselsheim, ampie porzioni dell'impianto di Sochaux e diverse altre proprietà interne ed esterne agli stabilimenti.
Lutto nell'auto - morto il tycoon indiano Ratan Tata
Il mondo dell'auto dice addio a uno degli imprenditori che hanno plasmato l'industria delle quattro ruote nei Paesi emergenti. Ratan Tata, ex presidente del gruppo Tata, è morto all'età di 86 anni dopo una lunga malattia.
Una vita di successi. Nato il 28 dicembre 1937, Ratan Tata era il nipote del fondatore Jamshedji Tata. Dopo la laurea in architettura alla Cornelle University, ha iniziato a lavorare nel gruppo nel 1962, prendendone le redini nel 1991 e mantenendo la guida fino al 2012, quando lascia tutto ai figli per dedicarsi alle sue attività filantropiche. A lui, definito da alcuni come il "Gianni Agnelli indiano", si deve gran parte della trasformazione dell'azienda nel maggior conglomerato industriale dell'India con interessi nei campi più disparati: dall'acciaio ai gioielli, dalle compagnie aeree ai ristoranti, dagli hotel di lusso alle miniere, dall'elettronica alle assicurazioni, dal tè alle auto. La Tata, infatti, è famosa nel mondo soprattutto per le sue attività automobilistiche: oltre alla Tata Motors, il gruppo controlla dal 2008 i marchi britannici Jaguar e Land Rover. Molti i legami anche con l'Italia: per esempio, Ratan Tata è diventato membro del consiglio di amministrazione della Fiat nel 2007, anno in cui fu siglato un accordo di partnership per la produzione di modelli del gruppo torinese in India.
Jean Campiche - L'uomo che ha insegnato l'arte della cronometria alla F.1
Durante la nostra ultima visita al Mauto abbiamo ammirato gli orologi preferiti da Ayrton Senna all'interno di un allestimento speciale, curato da TAG Heuer all'interno della spettacolare mostra dedicata all'asso brasiliano che si concluderà il 3 novembre. In quest'occasione la Maison elvetica ha portato uno special guest, uno di quei personaggi che ogni appassionato di motorsport vorrebbe ascoltare per giorni e giorni. Jean Campiche è una leggenda vivente della Formula 1 che fu, e che alla Formula 1 ha insegnato una pratica fondamentale: quella della cronometria.
Gli esordi nelle corse. Amante della velocità in ogni sua forma, dopo la laurea in ingegneria elettronica a Losanna Campiche ha inseguito la sua passione per le corse, al punto da aver militato, tra il 1969 e il 1972, nel Campionato Mondiale di motociclismo, autofinanziandosi le proprie stagioni. Già a quei tempi, però, correre senza sponsor era praticamente impossibile. In cerca di un lavoro ben remunerato, trovò un'offerta della Heuer, che cercava un cronometrista con buona propensione alle pubbliche relazioni, disposto a viaggiare intorno al mondo, che avrebbe dovuto lavorare per una squadra corse non meglio precisata. Nel 1973 iniziò quindi una nuova avventura: il team in questione era la Scuderia Ferrari.
In pista col Drake. Heuer aveva assunto Campiche su espressa richiesta del Drake che, agguerrito nei confronti degli avversari in pista, voleva aumentare il volume delle misurazioni cronometriche in quel di Fiorano per migliorare le performance delle proprie monoposto. Grazie a Heuer, il circuito privato della Ferrari venne quindi dotato di 45 fotocellule: una soluzione che permetteva di misurare tutti gli intertempi all'interno di un giro, in particolare nei rilevamenti di accelerazione e frenata. In un'epoca in cui il cronometraggio ufficiale era tutt'altro che ineccepibile.
Precisione assoluta. Era fondamentale non commettere errori, nonostante le tantissime auto in pista. Se ci si dimenticava anche di un solo giro, il pilota poteva rimanere senza benzina, ricorda Campiche. Per questo motivo girava sempre con un dispositivo capace di registrare i tempi delle Rosse con maggior precisione rispetto ai cronometristi ufficiali: lo strumento in questione era il Centigraph, un sistema che leggeva il 1/1.000 di secondo, permettendo al team di poter seguire contemporaneamente più auto, segnalando il numero di giri, il tempo dell'ultimo giro e il tempo totale, per poi stamparli in tempo reale. Jean Campiche rimase in Ferrari fino al 1986.
L'avvento della tecnologia. Nel 1992, con l'investitura di TAG Heuer a official timekeeper del circus iridato, divenne il responsabile supremo della cronometria in virtù della sua ventennale esperienza. Abbracciando le innovazioni della Maison di La Chaux-de-Fonds, Campiche contribuì a cambiare il modo in cui il motorsport registrava i rilevamenti cronometrici, facendo evolvere gli strumenti di misurazione e abbinandoli anno dopo anno con apparecchiature radio, computer e transponder attaccati alle vetture.
Sempre più precisi. Oggi il cronometraggio della Formula 1 è considerato il più preciso al mondo: i suoi sistemi sono collegati a una rete di orologi atomici che lavorano con il miliardesimo di secondo. Senza il cronometraggio, le corse sarebbero meno emozionanti. Si vince o si perde per una frazione di secondo. E tutto questo è possibile anche grazie a Jean Campiche, la leggenda.
Antitrust - Microlino e Xev Yoyo eliminano i "green claim" dai siti web
Nei siti web di Microlino e Xev Yoyo (distribuita dalla Campello), che commercializzano quadricicli elettrici, non ci sono più i green claim: le due società, infatti, hanno raccolto l'invito dell'Antitrust a eliminare i "profili di possibile scorrettezza su asserzioni e vanti ambientali". Si trattava, stando al Garante, di affermazioni generiche, che non facevano riferimento al ciclo di vita dei veicoli: l'Authority contestava affermazioni come "100% sostenibile", "100% green", "Zero emissioni", "Impatto zero sull'ambiente", oppure "ECO". I siti non specificavano a quale fase del ciclo di vita si riferissero: produzione del veicolo e degli accumulatori, distribuzione, utilizzo, smaltimento del mezzo e delle pile. Fra l'altro, secondo l'Antitrust "occorre tener conto delle emissioni legate al mix dell'energia elettrica normalmente necessaria per la ricarica delle batterie".
Possibile precedente? Di Life Cycle Assessment si discute da anni: un conto è considerare solo le emissioni allo scarico, un altro è valutare l'impatto ambientale degli accumulatori dalla produzione allo smaltimento, più le sostanze nocive sprigionate per generare elettricità. Chissà che la vicenda delle due microcar non apra la strada a contestazioni analoghe.
La posizione di Microlino e Campello. Microlino Italia sottolinea di aver "prontamente accolto le richieste formulate, sebbene non vi fosse l'intenzione di trarre in inganno il consumatore: volevamo evidenziare il vantaggio ambientale che un mezzo elettrico di soli 450 kg, come altri quadricicli sul mercato, può apportare alla qualità dell'aria nelle congestionate aree urbane. Il nostro obiettivo", continua l'azienda, "resta quello di offrire una nuova forma di mobilità urbana che riduca il più possibile l'impatto sulle nostre città, con una formula di grande compattezza, facile parcheggiabilità e 100% elettrica". Da parte sua, Alessandro Campello, ceo della società omonima che distribuisce le Xev Yoyo, spiega come la decisione del Garante sia "un momento di formazione e di crescita per l'azienda: il mercato dell'automotive elettrico rappresenta una sfida anche nell'ambito della comunicazione. Il ruolo delle autorità nazionali come l'Agcm è centrale per la tutela dei consumatori e per fornire linee guida. Continueremo nell'attività di sviluppo delle competenze nel settore dell'elettrico con l'attenzione, la determinazione e la correttezza che ci caratterizzano".
Vincenzo Florio - Luomo che si dedicò una Targa
Tutti pensiamo che sia così. Ma non è vero niente. Diciamolo: Filippo Tommaso Marinetti è un millantatore. E tutti i libri di storia raccontano delle gran balle. Perché è facile attribuire a uno che vive nella Milano dei primi del 900 la paternità di quello che, più che un movimento culturale, è uno stato dell'anima, anzi no, un moto (e che moto!) dello spirito. La verità è che il futurismo, a voler essere onesti, non è nato all'ombra della Madonnina in quel lontano 1909. Ma tre anni prima, sotto il sole della Sicilia. Grazie a Vincenzo Florio: l'uomo che si (auto) dedicò una Targa.
Una visione diversa. Magna Grecia che fu, ombelico del Mare Nostrum quanto vuoi, la Sicilia di più di un secolo fa, tutto poteva ispirare fuorché una gara di velocità. Eppure Vincenzo Florio, detto Junior perché in famiglia andava distinto dal nonno senatore del Regno, guardando quelle strade sterrate punteggiate dai fichi d'India vedeva chicane Colpo di sole o di genio?
Il nome. In realtà, la domanda giusta è un'altra: chi era costui? Vincenzo, nella Sicilia dei gattopardi, è la massima evoluzione della specie, una sorta di ultimo modello, una splendida final edition di quel mondo che fu. Fatto di nobiltà dal respiro internazionale e di sicilianità autentica, splendido condensato di memorie, decadute e decadenti. Vincenzo era il rampollo di una famiglia che non aveva lo stemma araldico sulla facciata del palazzo, ma il cognome sulle etichette di un Marsala bevuto in tutto il mondo. Che, tra l'altro, campeggiava anche sulle navi della flotta mercantile e su una serie di attività varie e eventuali (tonnare comprese). Insomma, Vincenzo uomo nuovo. Futurista per vocazione, vive in una modernità che se non c'è, bisogna inventarsela. La sua dote? Saper unire i puntini: la passione per le corse, i suoi bastimenti che si possono riempire di auto e piloti e quelle montagne alle porte di Palermo, che sembrano fatte apposta per mettere alla prova genti e motori.
Le origini del mito. E così, le Madonie su cui prima osavano solo i carretti, si trasformano nel prototipo della gara ideale. Sì, perché quel tracciato mette insieme velocità, durata e avventura. La formula è vincente, a tal punto che qui ci vengono a correre tutti. Ma proprio tutti: anche gente che da grande avrebbe firmato bolidi e ammiraglie, come Enzo Ferrari e Vincenzo Lancia. Gente che i locali han visto correre sotto le mentite spoglie di piloti, coperti di polvere.
L'essenza della gara. Il testamento morale di Florio, continuate la mia opera perché l'ho creata per sfidare il tempo, viene citato, anche recitato, come si fa con una poesia. O un salmo religioso. Ma il rischio è non capire veramente cosa volesse dire. Perché in realtà il suo lascito non è un invito a proseguire una gara di cancelli, più o meno arrugginiti, ma un inno futurista al progresso, all'inventiva, alla sperimentazione. Anzi, di più: alla passione per la velocità. E non tanto delle macchine, ma del pensiero, delle decisioni, del dire sì dai, facciamolo. Cambiamenti, non regolamenti. Automobilismo versus immobilismo: questa fu la risposta di Vincenzo. Che aveva capito una cosa: la vita è una sfida contro il tempo. Il proprio. E se vai piano, sei lento o dormi, bello mio, l'hai già persa in partenza.
Spagna - Quasi 200 milioni di euro per le gigafactory di Stellantis e Volkswagen
Il governo spagnolo ha annunciato nuove sovvenzioni pubbliche per l'industria automobilistica nazionale. Nell'ambito del terzo bando del Perte Vec, il programma pubblico per la promozione della produzione di Bev, il ministero dell'Industria ha assegnato quasi 190 milioni di euro a favore delle gigafactory previste da Stellantis vicino Saragozza e da Volkswagen a Sagunto (Valencia).
I sussidi. In particolare, al gruppo guidato da Carlos Tavares sono stati concessi 133 milioni di euro. Le agevolazioni portano a circa 300 milioni le risorse pubbliche ottenute da Stellantis, tra sovvenzioni dirette (272 milioni) e prestiti (26 milioni), per realizzare una fabbrica di batterie a Figuerelas: il progetto, che potrebbe coinvolgere la cinese Catl, prevede investimenti totali per 2,5 miliardi di euro e la creazione di 3 mila posti di lavoro. Il ministero ha inoltre riconosciuto altri 2 milioni di euro per fabbrica di Vigo. Volkswagen, invece, ha ottenuto un ampliamento delle sovvenzioni a favore della gigafactory della controllata PowerCo a Sagunto: il complesso dei sussidi passa da 98 milioni di euro a 152 milioni. Ulteriori fondi potrebbero arrivare già nei prossimi mesi. Madrid ha in programma di lanciare entro la fine dell'anno il quarto bando del programma: vale 1,25 miliardi di euro.
Renault Twingo - Il prototipo dal vivo a Parigi - VIDEO
La Renault presenta al Salone di Parigi la Twingo E-Tech Electric Prototype. La vettura è stata svelata a fine 2023, ma non è mai stata mostrata in pubblico: il bagno di folla parigino servirà a ingannare l'attesa per il modello di serie elettrico, previsto nel 2026, con prezzi d'attacco inferiori ai 20 mila euro. L'auto sarà sviluppata dalla divisione Ampere con il supporto di partner asiatici, ma verrà costruita in Europa, in Slovenia.
Anni 90. Il design è frutto della medesima filosofia che ha riportato sul mercato la Renault 5, che proprio a Parigi sarà affiancata dalla 4: il richiamo è quindi ai modelli originali della serie, che nel caso della Twingo risale al 1992. Tutte e tre le auto condividono la piattaforma AmpR Small, anche se la più piccola citycar adotterà sospensioni posteriori semplificate e batterie più piccole e meno costose. Nella Twingo E-Tech ritroviamo le forme da piccola monovolume ed elementi molto caratterizzanti come i gruppi ottici a semicerchio, le maniglie rotonde e il tetto panoramico. La carrozzeria, infine, passa da tre a cinque porte per una maggiore praticità.
Stellantis - A Melfi un impianto a biogas: sarà operativo nel 2026
Stellantis ha presentato alla Regione Basilicata un progetto per costruire un impianto a biogas all'interno del complesso produttivo di San Nicola di Melfi. Stando a quanto comunicato dall'ente lucano, la nuova struttura verrà realizzata grazie a un investimento di circa 17 milioni di euro e sarà operativa entro l'estate del 2026: i lavori dovrebbero iniziare già nell'aprile del prossimo anno, una volta espletate tutte le procedure burocratiche.
Meno CO2. L'impianto, che darà lavoro a 55 persone tra manutenzione, servizi e pulizie, consentirà di tagliare i costi energetici della fabbrica di Melfi e di ridurre l'impatto ambientale del complesso produttivo, evitando l'immissione in atmosfera di circa 50 mila tonnellate di CO2 in 15 anni, pari a quanto assorbito da un bosco di circa 700 ettari. Come "combustibile" non saranno utilizzati rifiuti, ma sottoprodotti agroindustriali, come le acque di vegetazione dei frantoi e il materiale derivante dal trattamento di effluenti zootecnici (liquame suino e bovino). L'impianto, uno dei cinque dello stesso tipo programmati da Stellantis, avrà una capacità produttiva di circa 500 metri cubi l'ora di metano (6 MW) e sarà installato dalla "Bioenergy Melfi Srl" della Rienergy E.S.Co. Srl, un'azienda specializzata in impianti energetici da fonti rinnovabili. Bioenergy Melfi rimarrà proprietaria del sistema per un periodo di 15 anni durante il quale Stellantis acquisirà il gas in base a uno specifico accordo e garantirà la disponibilità delle aree interessate grazie a un contratto di locazione. Alla fine del periodo la proprietà dell'impianto passerà al gruppo automobilistico.
Rolls-Royce - Ghost Series II, aggiornamento in arrivo per la berlina inglese
La nuova Ghost Series II prende spunto dall'aggiornamento della Cullinan e si evolve stilisticamente in maniera molto leggera: davanti debuttano la nuova griglia illuminata Pantheon, gruppi ottici e Led diurni ridisegnati e paraurti modificati, mentre il posteriore riprende lo stile della sorella elettrica Spectre. I cerchi di lega da 22 sono proposti con due diversi stili, e tra le infinite possibilità di personalizzazione del reparto Bespoke spicca il nuovo colore Mustique Blue, ispirato a un esemplare unico della Phantom II Continental del 1929 di proprietà di Henry Royce.
Gli interni della Ghost Series II sono ancor più lussuosi ed esclusivi. La plancia adotta un unico elemento in vetro che include l'infotainment con sistema operativo proprietario Spirit, lo Spirit of Ecstasy Clock Cabinet e la strumentazione digitale: le grafiche delle schermate possono essere personalizzate e coordinate con le finiture dell'abitacolo. Per i passeggeri posteriori è prevista l'inedita possibilità di collegare i propri device agli schermi in maniera indipendente, ed è stata aggiornata l'interfaccia di controllo per le regolazioni dei sedili, le funzioni di massaggio e di climatizzazione. Migliorato anche l'impianto audio: di base c'è quello da 1.400 watt con 18 diffusori, mentre in opzione è previsto il sistema Bespoke Audio con controllo dinamico del volume. Tra le infinite opzioni di finitura e personalizzazione spiccano infine i nuovi materiali ecosostenibili, come il tessuto Duality Twill ricavato dal bamboo che richiede ben 2,2 milioni di punti di cucitura su una singola vettura.
Il propulsore rimane il classico V12 6.75 litri biturbo da 420 kW (571 CV), abbinato alla trazione integrale e al cambio automatico a otto marce. Con la coppia massima di 850 Nm, disponibile già da 1.600 giri, la Ghost Series II si guida senza sforzo, garantendo però prestazioni in linea con lo spirito da driver's car della Ghost rispetto alle altre Rolls. Sono confermate anche le sospensioni attive pneumatiche Planar, che utilizzano il sistema di telecamere Flagbearer ed il sistema Gps per leggere le condizioni della strada e impostare di conseguenza la risposta della vettura alle sollecitazioni.
Come per il modello che va a sostituire, la nuova Ghost Series II è affiancata da due varianti aggiuntive: la Extended, con un passo allungato di 170 mm per aumentare ulteriormente lo spazio per i passeggeri posteriori, che possono beneficiare anche della variante Serenity Seating reclinabile dei sedili. Per i clienti più sportivi è disponibile la variante Black Badge, solo su ordinazione: oltre alle finiture specifiche, cerchi e paraurti ridisegnati, l'auto adotta una variante più potente del motore V12 (con 29 CV e 50 Nm in più) e un setup specifico dell'assetto Planar combinato con l'asse posteriore sterzante.
Vincenzo Florio - Luomo che si dedicò una Targa
Tutti pensiamo che sia così. Ma non è vero niente. Diciamolo: Filippo Tommaso Marinetti è un millantatore. E tutti i libri di storia raccontano delle gran balle. Perché è facile attribuire a uno che vive nella Milano dei primi del 900 la paternità di quello che, più che un movimento culturale, è uno stato dell'anima, anzi no, un moto (e che moto!) dello spirito. La verità è che il futurismo, a voler essere onesti, non è nato all'ombra della Madonnina in quel lontano 1909. Ma tre anni prima, sotto il sole della Sicilia. Grazie a Vincenzo Florio: l'uomo che si (auto) dedicò una Targa.
Una visione diversa. Magna Grecia che fu, ombelico del Mare Nostrum quanto vuoi, la Sicilia di più di un secolo fa, tutto poteva ispirare fuorché una gara di velocità. Eppure Vincenzo Florio, detto Junior perché in famiglia andava distinto dal nonno senatore del Regno, guardando quelle strade sterrate punteggiate dai fichi d'India vedeva chicane Colpo di sole o di genio?
Il nome. In realtà, la domanda giusta è un'altra: chi era costui? Vincenzo, nella Sicilia dei gattopardi, è la massima evoluzione della specie, una sorta di ultimo modello, una splendida final edition di quel mondo che fu. Fatto di nobiltà dal respiro internazionale e di sicilianità autentica, splendido condensato di memorie, decadute e decadenti. Vincenzo era il rampollo di una famiglia che non aveva lo stemma araldico sulla facciata del palazzo, ma il cognome sulle etichette di un Marsala bevuto in tutto il mondo. Che, tra l'altro, campeggiava anche sulle navi della flotta mercantile e su una serie di attività varie e eventuali (tonnare comprese). Insomma, Vincenzo uomo nuovo. Futurista per vocazione, vive in una modernità che se non c'è, bisogna inventarsela. La sua dote? Saper unire i puntini: la passione per le corse, i suoi bastimenti che si possono riempire di auto e piloti e quelle montagne alle porte di Palermo, che sembrano fatte apposta per mettere alla prova genti e motori.
Le origini del mito. E così, le Madonie su cui prima osavano solo i carretti, si trasformano nel prototipo della gara ideale. Sì, perché quel tracciato mette insieme velocità, durata e avventura. La formula è vincente, a tal punto che qui ci vengono a correre tutti. Ma proprio tutti: anche gente che da grande avrebbe firmato bolidi e ammiraglie, come Enzo Ferrari e Vincenzo Lancia. Gente che i locali han visto correre sotto le mentite spoglie di piloti, coperti di polvere.
La vera essenza della gara. Il testamento morale di Florio, continuate la mia opera perché l'ho creata per sfidare il tempo, viene citato, anche recitato, come si fa con una poesia. O un salmo religioso. Ma il rischio è non capire veramente cosa volesse dire. Perché in realtà il suo lascito non è un invito a proseguire una gara di cancelli, più o meno arrugginiti, ma un inno futurista al progresso, all'inventiva, alla sperimentazione. Anzi, di più: alla passione per la velocità. E non tanto delle macchine, ma del pensiero, delle decisioni, del dire sì dai, facciamolo. Cambiamenti, non regolamenti. Automobilismo versus immobilismo: questa fu la risposta di Vincenzo. Che aveva capito una cosa: la vita è una sfida contro il tempo. Il proprio. E se vai piano, sei lento o dormi, bello mio, l'hai già persa in partenza.
Ferrari Roma Spider - La scoperta su misura di Maranello
La Ferrari ha presentato un esemplare unico della Roma Spider, realizzata dalla divisione Tailor Made, che si occupa della personalizzazione delle vetture in base alle esigenze dei clienti. Un'auto nata per mostrare le possibilità disponibili, le tecniche di lavorazione e i materiali innovativi utilizzati dal laboratorio di Maranello. La vettura sarà esposta da oggi al Museo Enzo Ferrari di Modena, all'interno della mostra Ferrari One of a Kind, dove resterà fino a febbraio 2025.
Per disegnare sulle lamiere. Con questa Roma Spider la Ferrari ha inaugurato una nuova tecnica di laseratura dei componenti in alluminio della scocca, utilizzata per lo scudetto sul parafango anteriore, e che ha permesso ulteriori customizzazioni, come il design del cofano, arricchito dalla rosa dei venti e dalle coordinate geografiche di Maranello. L'alluminio riciclato in questa fase viene successivamente riutilizzato per realizzare alcuni componenti del V8 biturbo da 620 CV, così da minimizzare la produzione di scarti.
Materiali responsabili. All'interno dell'auto è stata utilizzata pelle nappa senza cromo, oltre a legnami di origine controllata per il tonneau cover e il pavimento posteriore. Alcuni componenti sul tunnel centrale sono in sabbia, ricavati dal riciclo delle lavorazioni di sterratura dei getti all'interno della fonderia di Maranello. Ancora, il filato delle cuciture della specchiatura centrale dei sedili, eseguite a mano, è ottenuto dal riciclo dei pneumatici.
Partnership con Montblanc. Prosegue anche per questo modello la collaborazione con il produttore tedesco, che ha realizzato un'edizione speciale della stilografica Meisterstück, colorata nello stesso Oro Mida usato per la carrozzeria della Roma Spider. Il pennino è in oro massiccio Au750 lavorato a mano e rivestito in platino con un motivo a compasso, così come il tappo e i raccordi. Il taccuino che accompagna la penna è nella stessa pelle usata per i sedili.
Volkswagen Tayron - La Tiguan diventa XL - VIDEO
La Volkswagen porta sul mercato italiano una nuova Suv, la Tayron, declinazione extralarge della best seller Tiguan. Parliamo di un veicolo in grado di ospitare fino a sette passeggeri, ma dotato al contempo di un bagagliaio decisamente importante: 885 litri nella versione a cinque posti (345 in quella a sette), quanto basta per piazzarsi ai primissimi posti di un'ipotetica classifica di vetture con maggiore capacità di carico.
Il frontale della Tayron è del tutto simile a quello della sorella di una taglia più piccola; dalla Tiguan sono ripresi, oltre alle forme generali, anche i fari Led Matrix Hd e il listello luminoso che li collega. A distanziare nettamente i due modelli sono, ovviamente, le dimensioni: 4.770 mm per la Tayron contro i 4.539 mm della Tiguan. Di fatto, il nuovo modello si posiziona tra quest'ultima e la Touareg (4.902 mm).
Abitacolo all'avanguardia. All'interno, la Tayron offre il Digital Cockpit Pro, con strumentazione da 10,25 pollici, mentre il sistema infotainment al centro della plancia presenta un display da 12,9 pollici, integrato con Apple CarPlay, Android Auto e navigazione. La versione top di gamma Discover Pro Max sostituisce lo schermo centrale con uno più grande (15 pollici) e un head-up display sul parabrezza, assieme all'assistente vocale Ida con integrazione di ChatGPT. La seconda fila di sedili è regolabile e ribaltabile, offrendo ampio spazio per i passeggeri e maggiore flessibilità. Nella configurazione a sette posti, i sedili posteriori si spostano invece in avanti per facilitare l'accesso alla terza fila, composta da due sedute singole ripiegabili nel bagagliaio quando non in uso, pensate per lo più per due bambini.
Ampia gamma motori. Sul fronte powertrain, la Tayron è disponibile nella versione plug-in hybrid da 204 o 272 CV, con una batteria da 25,7 kWh (lordi) che supporta ricariche rapide fino a 50 kW; nella configurazione mild hybrid, invece, la Suv è equipaggiata con il 1.5 eTSI da 150 CV. Infine, si può scegliere tra i due litri TDI e TSI con potenze da 150 a 265 CV. Per tutti, la trasmissione è solo automatica e abbinata alla trazione integrale 4Motion, mentre solo nel caso del diesel meno potente troviamo la trazione anteriore. Il sistema DCC Pro con regolazione adattiva degli ammortizzatori permette di adattare l'assetto della vettura in tempo reale, offrendo sia confort sia una dinamica di guida sportiva, gestita dal Vehicle Dynamics Manager, che ottimizza il comportamento dell'auto in base alle condizioni di marcia. Volete sapere di più sulla Volkswagen Tayron? Guardate il video qui sopra.
Dacia Bigster - Tanta macchina - VIDEO
La Bigster è lunga 4 metri e 57, larga 1 e 81, alta 1 e 71 e con un passo di 2 e 70. Lo stile sottolinea la sua stazza: linee tese e volumi geometrici. In nome dell'ecologia, ma anche del risparmio, la corazza di questa Suv sfoggia parti tinte all'origine: meno inquinanti nella loro lavorazione e meno inclini a graffiarsi nell'uso. Alcune componenti sono realizzate in Starkle, materiale parzialmente derivato dal riciclo e utilizzato allo stato grezzo. Al tempo stesso, la Bigster non si fa mancare qualche vezzo estetico, come grandi cerchi (le misure vanno da 17 a 19 pollici) e la livrea bitono opzionale.
Nell'abitacolo, il quadro strumenti (digitale) può essere da 7'' o 10'' a seconda degli allestimenti; il touch screen dell'infotainment, invece, è da 10,1'' su tutte le versioni. Già da quella d'accesso (Essential), il sistema garantisce quattro altoparlanti e connettività wireless con Apple CarPlay e Android Auto. Salendo di grado, subentrano la navigazione connessa (con mappe aggiornate per 8 anni) e lo stereo Arkamys 3D a sei altoparlanti.
I sette posti rimangono appannaggio esclusivo della Jogger. La Bigster è "solo" per cinque e in seconda fila riserva una discreta dose di centimetri (24, secondo la Casa) alle gambe dei passeggeri. Ma si può anche godere di una certa versatilità se si opta per gli schienali del divanetto frazionati 40/20/40 (abbattibili con un comando elettrico dal vano posteriore), grazie alla possibilità di ribaltare un bracciolo portaoggetti tra le due sedute più esterne o di aprire uno spazio per il carico passante. La lunghezza massima di carico di 2,7 metri, mentre il bagagliaio conta 667 litri e può avere l'apertura automatica del portellone.
La gamma della Bigster è interamente elettrificata e offre quattro opzioni. Al vertice troviamo l'ibrido full, che è un inedito per tutto il gruppo Renault: la versione Hybrid 155 è l'evoluzione di quella già vista su Jogger e Bigster e, oltre ad essere più potente (155 CV), dispone di un quattro cilindri dalla cubatura maggiore (1.8 litri). Il motore termico è coadiuvato da due unità elettriche: una da 50 CV e una che funge da starter/generatore. Completano il powertrain una batteria da 1,4 kWh e il cambio Multimode, che fa della full hybrid l'unica versione automatica della Bigster. Le altre, tutte mild hybrid a 48 volt, sono la TCe 140, dotata di un tre cilindri turbobenzina di 1.2 litri con cambio manuale a sei marce; la ECO-G 140 (stesso motore, ma con alimentazione bifuel, che può contare su 50 litri di benzina e 49 litri di Gpl); e la TCe 130 4x4 da 130 CV, con cinque diverse modalità di guida (di cui tre dedicate ai fondi scivolosi).
Sono tre i livelli di allestimento previsti, ma per quattro versioni: Essential, Expression e, in cima alla gamma (a parità di prezzo), Extreme o Journey. La entry-level Essential offre cerchi di lega da 17'', il display centrale touch da 10,1'' abbinato a un quadro strumenti digitale da 7'', il clima manuale, sensori e telecamera di parcheggio. La Expression aggiunge, tra le varie dotazioni, il clima automatico bizona, i sensori pioggia, i retrovisori ripiegabili automaticamente e il divanetto frazionabile 40/20/40 con funzione Easy Fold. Sulla Extreme, dal look più avventuroso, troviamo i cerchi da 18'', il tetto panoramico apribile, il sistema keyless, i tappetini di gomma per abitacolo e bagagliaio, la strumentazione digitale da 10'', il navigatore e il controllo della velocità in discesa. La Journey, invece, nel mix punta più sul confort e offre, tra le varie dotazioni, il sedile del conducente con regolazioni elettriche, la piastra di ricarica wireless, il cruise adattivo, la livrea bi-tono e il portellone ad azionamento elettrico.
Audi Q6 Sportback e-tron - La prima immagine della Suv-coupé elettrica
La Audi ha diffuso il primo teaser della novità principale prevista per il Salone di Parigi, ossia la Q6 Sportback e-tron. La Suv sarà esposta insieme alle nuove Q6 e-tron, A5 e A6 e-tron, già presentate online e pronte per il debutto in pubblico.
Posteriore slanciato. La Q6 Sportback e-tron segue una strategia ormai consolidata in casa Audi: si tratta infatti della variante Suv-coupè della sorella Q6 e-tron, rispetto alla quale propone un design più slanciato e sportivo del posteriore. Non a caso, l'immagine pubblicata dalla Casa tedesca si concentra proprio sulla coda, mostrando il montante e il portellone. Non ci sono ancora dati relativi alla capacità del bagagliaio, che non dovrebbe comunque essere penalizzato dal diverso andamento della coda.
Tre versioni. A meno di - improbabili - sorprese dell'ultimo minuto, i powertrain dovrebbero essere gli stessi della Q6 e-tron: il modello d'attacco performance a trazione posteriore da 326 CV, la bimotore quattro da 388 CV e la sportiva SQ6 da 517 CV, tutte con batteria da 100 kWh e possibilità di ricaricare a 270 kW. Con 641 km di autonomia dichiarata, la versione performance è al momento la più efficiente della gamma Q6.