Omoda 5 Anniversary - Unedizione speciale per il primo compleanno
In occasione del primo anniversario dell'arrivo dei brand Omoda & Jaecoo in Italia, la Casa cinese ha presentato la serie Anniversary della Suv Omoda 5, una versione speciale che presenta alcune novità a livello estetico e offre una ricca dotazione di serie. L'auto è già disponibile nelle concessionarie, con prezzi a partire da 26.900 euro e un'offerta di lancio dedicata. Cresce nelle dimensioni. Questo modello si caratterizza per il frontale diverso: la firma luminosa è più sottile e affilata, il paraurti anteriore ha un look sportivo e riprende le forme della più grande Omoda 9. Le modifiche al muso allungano l'auto di ben 74 mm, che raggiunge un totale di 4.447 mm complessivi; invariata larghezza (1.824 mm), altezza (1.588 mm) e passo (2.610 mm). Allestimenti e dotazione. Migliorate le finiture all'interno dell'abitacolo, che fin dalla versione Pure offre luce ambientale, strumentazione digitale da 12,3 e infotainment di uguale dimensione, con connettività wireless per Apple CarPlay e Android Auto. La versione Premium aggiunge i fendinebbia, i mancorrenti sul tetto, il volante riscaldabile, il climatizzatore bizona, i rivestimenti di pelle traforata dei sedili (a regolazione elettrica, ventilati e riscaldati), la ricarica wireless per gli smartphone, la telecamera a 360, i vetri posteriori scuri, il tettuccio e il portellone apribili elettricamente, gli specchietti ripiegabili elettricamente e l'impianto stereo a otto altoparlanti della Sony. Tanta sicurezza di serie. Nel cofano si trova il motore 1.6 TGDi turbobenzina da 147 CV e 275 Nm, abbinato al cambio automatico a doppia frizione DCT a sette rapporti. La suite di Adas di serie per tutta la gamma è molto completa e prevede la guida assistita di Livello 2, il monitoraggio dell'angolo cieco e la frenata d'emergenza anche nelle svolte. Listino e promozioni. Ecco quanto costa la Omoda 5 Anniversary, che può contare sulla garanzia di 7 anni o 150.000 km.Omoda 5 Anniversary Pure: 26.900 euroOmoda 5 Anniversary Premium: 29.900 euroIn questa fase di lancio e fino al 30 settembre è prevista un'offerta di finanziamento, in collaborazione con CA AutoBank, a cui si può accedere in caso di permuta o rottamazione: anticipo di 7.909 euro, 35 rate mensili da 99 euro e maxirata finale di 14.991 euro (Tan 6,95%, Taeg 8,47%).
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Auto elettriche - Guerra dei prezzi: le Case cinesi sfidano Pechino
Cade nel vuoto l'appello di Pechino a porre fine alla guerra dei prezzi in Cina, rivolto a giugno ai costruttori: delle primi venti Case locali, sette hanno addirittura aumentato gli sconti sulle auto elettriche a luglio, mentre negli altri casi sono identici o appena rivisti. Permangono quindi i timori su un ambiente operativo caratterizzato da pratiche commerciali ai limiti della sostenibilità economica, come si evince dai dati del China Auto Market. Le aziende, alle prese con la sovraccapacità produttiva e con una concorrenza sfrenata, non intendono stoppare la corsa al ribasso. Cosa fa il numero uno. Analizzando BYD, lo sconto medio (il margine tra il prezzo di vendita e quello di listino) è sceso dal 7,9% al 7,5%. Resta intatto l'obiettivo di consegnare 5,5 milioni di vetture nel 2025 nel mondo, avendo toccato 2,49 milioni nei primi sette mesi, con una crescita vertiginosa. Eventuale escamotage. Quand'anche Pechino trasformasse in un obbligo l'invito a terminare le ostilità sui prezzi, le Case potrebbero adottare un'altra strategia, spiega Joanna Chen, analista del settore auto di Bloomberg: le promozioni mensili. Costituite da finanziamenti a tasso zero, wallbox omaggio, upgrade dell'abitacolo come i sedili premium, dati gratuiti per la connettività (molto graditi dai clienti cinesi). Comunque il governo un primo ordine ha iniziato a impartirlo: per i prestiti auto, le banche devono interrompere le partnership con le concessionarie, che ottenevano commissioni generose.
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Costi e tempi di ricarica - Gioie e dolori
Gioie perché, se caricata nel box con una tariffa conveniente (0,23 /kWh la media nazionale), una plug-in consente di muoversi in puro elettrico spendendo (e inquinando) meno dei combustibili. Dolori, invece, nel caso ci si attaccasse alla rete pubblica: da un lato, costi triplicati, dall'altro il rischio concreto di non caricarla proprio, con consumi di carburante che a quel punto finiscono per essere superiori a quelli di una equivalente termica. Insomma, come scriviamo sempre, una plug-in è un oggetto complesso e va gestito con un approccio differente, quasi da elettrica pura. Se siete orientati a una Phev (o ve la impongono come auto aziendale), la scelta va fatta in maniera oculata, considerando sia le proprie abitudini sia le caratteristiche tecniche. L'ideale, come per le Bev, è appunto avere un box dove ricaricarla comodamente, per sfruttare poi il tesoretto a corrente. Che può essere cospicuo: oggi ci sono plug-in capaci di coprire silenziosamente anche un centinaio di chilometri. Con il suddetto box a disposizione, la potenza di ricarica diventa un fattore secondario, perché nella maggior parte dei casi basta e avanza una notte per riempire la batteria. La capacità di ricaricare in fretta, invece, è una dote che può tornare utile nel caso ci si rivolgesse alla rete pubblica, magari durante un viaggio: ci sono modelli che possono accettare pure 11 kW in CA e alcuni, addirittura, la corrente alternata; in questo caso, però, l'elevato costo dell'energia pubblica (qui consideriamo 0,68 /kWh per la CA e 0,93 per la CC: le tariffe a consumo senza abbonamento), fa venire meno i vantaggi e conviene quasi continuare a bruciare carburante. Per farvi un'idea, ecco i dati reali del Centro prove di 20 auto: autonomia, tempi e costi, inclusi quelli /100 km con carica domestica.
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Tesla Model Y - Arriva la Performance da 460 CV
Dopo il teaser pubblicato ieri, la Tesla ha annunciato la Model Y Performance, versione ad alte prestazioni della sua Suv elettrica. Per il mercato europeo questo modello è prodotto nella gigafactory di Berlino. Gli ordini sono già aperti: il listino parte da 61.990 euro, con le consegne previste già a partire dal mese di settembre. Sportiva, non solo nel look. Dal punto di vista estetico, rispetto alle versioni normali la Model Y Performance si caratterizza per la presenza di paraurti anteriore e posteriori sportivi, cerchi forgiati da 21 con coperture aerodinamiche integrate, pinze freno rosse, badge Performance sul portellone e nei proiettori delle luci sottoporta, calotte degli specchietti in nero lucido e spoiler in fibra di carbonio. All'interno i sedili sono sportivi, con il cuscino per le gambe che si estende elettricamente, inserti in fibra di carbonio per cruscotto e pannelli porta, pedaliera in alluminio. Cresce anche il touchscreen centrale, che passa dai 15,4 degli altri modelli a 16 e guadagna una risoluzione maggiore: quasi l'80% di pixel in più. Numeri da fuoriserie. La Tesla Model Y ha una potenza dichiarata di 343 kW (460 CV), che le permettono di accelerare da ferma a 100 km/h in 3,5 secondi e di raggiungere la velocità massima di 250 km/h. La batteria, di cui non è stata comunicata la capacità, è stata aggiornata con celle a maggior densità energetica: la Casa americana dichiara un consumo medio di 16,2 kWh/100 km, per un'autonomia nel ciclo Wltp di 580 km. Per gestire la potenza del powertrain, la Model Y Performance è stata rivista anche nella meccanica, con nuove molle e barre stabilizzatrici, e sospensioni adattive con setup specifico. Il software di bordo permette infine di personalizzare le modalità di guida, intervenendo sui parametri di sospensioni, controllo di stabilità e di trazione. Dotazione e optional. Di serie la Model Y Performance prevede tutto quanto già presente sugli altri modelli: tetto panoramico, vetri insonorizzati, display posteriore da 8, sedili anteriori ventilati e riscaldati, posteriori riscaldati e reclinabili elettricamente, portellone ad apertura elettrica. Gli optional si limitano al colore della carrozzeria (il grigio scuro è di serie), con prezzi che vanno da 1.300 euro per il nero, il bianco e il blu metallizzato, e di 2.600 euro per l'argento e il rosso. Si può poi scegliere il bianco per i rivestimenti interni (1.200 euro) e i due pacchetti Autopilot per potenziare le funzioni di guida assistita. Il gancio di traino, fino a 1.600 kg, costa 1.350 euro. I prezzi per il mercato italiano. Ecco quanto costa la Tesla Model Y:Model Y RWD: 44.990 euroModel Y Long Range RWD: 49.990 euroModel Y Long Range AWD: 52.990 euroModel Y Performance AWD: 61.990 euro
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Tesla - Model Y Performance in arrivo?
La Tesla ha pubblicato, sul profilo social dedicato ai mercati europei e del Medio Oriente, un breve video che anticipa una novità che verrà presentata domani, 29 agosto. Le immagini mostrano lo spoiler posteriore di un'auto: la frase Spoiler alert che accompagna il post fa pensare che si tratti della nuova Model Y Performance. Dettagli sportivi. Già pizzicata lo scorso giugno durante i test su strada sulle Alpi, la Suv ad alte prestazioni si distingue dal modello attualmente in gamma proprio per la presenza di uno spoiler posteriore in fibra di carbonio. Tra gli altri elementi caratteristici di questo modello potrebbero esserci i cerchi di lega da 21, un nuovo diffusore posteriore e un badge dedicato sul portellone. Non sappiamo ancora i dati tecnici della nuova Model Y Performance, ma quella precedente aveva una configurazione dual motor da 377 kW (513 CV): 0-100 in 4,4 secondi e velocità massima di 251 km/h. Batteria da 75 kWh per un'autonomia, rilevata dal Centro Prove, di 388 km.
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Usa-Europa - I dazi sulle auto scendono al 15% in via retroattiva
In base all'accordo commerciale Ue-Usa del 21 agosto, la Commissione Europea ha proposto di rimuovere i dazi sui beni industriali statunitensi importati, così che le tasse americane sull'import di auto e componenti dal Vecchio Continente scendano dal 27,5% al 15% con effetto retroattivo dal 1 agosto. L'intesa prevede infatti che gli Stati Uniti riducano i tributi sulle vetture dal primo giorno del mese in cui è stata presentata la proposta legislativa Ue, consentendo alle Case un risparmio di circa 500 milioni di euro nei 31 giorni di agosto, spiega l'organo esecutivo. Il progetto della Commissione si compone di due atti: uno per eliminare i dazi sui prodotti industriali e garantire un accesso preferenziale ai prodotti ittici e ad alcuni prodotti agricoli statunitensi, l'altro per prolungare l'esenzione tariffaria sulle aragoste.Vicenda chiusa? L'articolo 3 dell'intesa (non giuridicamente vincolante) recita: Gli Stati Uniti si aspettano che le proposte legislative Ue siano coerenti con l'accordo quadro. Sembra quindi di capire che occorra attendere il parere della Casa Bianca sul progetto Ue. Esprime comunque soddisfazione su X il Commissario per il commercio Maros Sefkovic, definendo il dazio del 15% sulle vetture un sollievo e una spinta per la nostra industria. Un giudizio non condiviso da tutti: da valutare sia gli effetti su Case e componentistica sia l'obbligo Ue di acquistare Gnl, petrolio e prodotti nucleari statunitensi per 750 miliardi di dollari entro il 2028.
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Stellantis - Chi fa cosa: la lente sulle fabbriche... "stoppate"
Termoli, Pomigliano, Mirafiori: nomi che rimbalzano sulle pagine delle cronache in queste ultime ore, sulla scia delle notizie che parlano della loro chiusura a oltranza (o quasi). Ma come abbiamo già spiegato, le cose non stanno esattamente così. In molti casi si tratta di provvedimenti ampiamente annunciati e già condivisi con il governo, e le chiusure stesse non sono definitive: l'attività negli stabilimenti italiani di Stellantis, per quanto a ritmi ridotti, proseguirà.Sotto la lente. Chiarito il quadro, resta un dato di fondo, vale a dire la difficoltà - che è endemica e viene da lontano - della rete produttiva europea e nella fattispecie quella del gruppo negli impianti dello Stivale. Ma cosa producono i tre stabilimenti in questione? Quali sono i risultati delle auto che nascono nelle loro fabbriche? E soprattutto: quale destino le attende in termini di prodotti futuri? Facciamo il punto della situazione nella nostra gallery.
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Gran Bretagna - La Lotus taglia 550 posti a Hethel
La tempesta perfetta dei dazi Usa e dei cambiamenti nelle politiche globali si abbatte anche sulla Lotus: l'iconico marchio sportivo ridurrà di 550 unità il personale presso la sua storica sede britannica di Hethel, nel Norfolk, dove si trova dal 1966. L'azienda di proprietà del gigante cinese Geely taglierà circa la metà della forza lavoro, come parte di una ristrutturazione volta a creare un modello di business flessibile, che le consenta di aumentare le operazioni e le risorse in linea con la domanda, quando e se necessario. Potrebbero essere esplorate opportunità di diversificazione del modello di business della Casa fondata nel 1952 da Colin Chapman, anche attraverso la produzione di terze parti. Voci confermate. pertanto vero che la Lotus non chiude la fabbrica di Hethel, e che la produzione non verrà trasferita negli Stati Uniti per aggirare la barriera di Trump (indiscrezione del Financial Times smentita dalla società), tuttavia si sono concretizzati i timori sui tagli. I problemi più seri hanno avuto origine nel 2022, quando il brand ha registrato perdite per 145,1 milioni di sterline, con le vendite di auto calate a 576 unità. L'anno successivo un rosso di 128,5 milioni di sterline, quindi nel 2024 una prima significativa riduzione della manodopera. E adesso un'altra misura per abbattere i costi.
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Cinema - "Luca: Seeing Red", ovvero il film su Cordero di Montezemolo e la Ferrari
Nei social spuntano i primi appuntamenti per le proiezioni del docufilm sull'ascesa di Luca Cordero di Montezemolo e sul legame del manager con la Ferrari, Luca: Seeing Red: si tratta di eventi specifici nei cinema e in streaming in Italia e all'estero. Simpatico, anzitutto, il gioco di parole, visto che il titolo della pellicola si può tradurre come Vedere rosso, un mix fra l'energia profusa dall'imprenditore italiano in ogni sua avventura e il colore del Cavallino. Come intuibile, "Luca: Seeing Red" racconta l'ascesa dell'uomo che ha dato un contributo alle magnifiche vittorie della Rossa legando il proprio nome a leggende immortali del calibro di Niki Lauda e Michael Schumacher. Vengono ripercorse le tappe chiave del quasi 78enne (il 31 agosto 2025) ex capo di Maranello, da quando il Drake gli diede la benedizione per andare a vincere nel mondo con le monoposto, con un marchio in grado di rivaleggiare a livello globale contro Apple, Nike e Coca-Cola. Ma tutto ha un prezzo, anche divenire figura di primo piano dell'establishment italiano, e pure il successo, punteggiato di sacrifici e dolori, come illustra la voce narrante di Chris Harris, ex conduttore di Top Gear. C'è solo quel colore. Tuttora sulla breccia dell'onda, a giugno Luca Cordero di Montezemolo ha inteso così commentare la più recente novità che lo riguarda: Il mio cuore è e resterà sempre rosso, sono diventato membro del consiglio di amministrazione della McLaren Automotive che produce auto stradali, e non si occupa di Formula 1. Appunto, Luca: Seeing Red (cast Chris Harris e Luca Cordero di Montezemolo, regia Christopher M. Armstrong e Manish Pandey, produttore Jiva Maya, Religion of Sports).
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BYD Seal 6 DM-i Touring - A Monaco la station wagon col Super Hybrid DM
All'IAA Mobility 2025 la BYD presenterà in anteprima mondiale la nuova Seal 6 DM-i Touring, la prima station wagon della Casa cinese a essere commercializzata in Europa. L'auto è mossa dal powertrain ibrido plug-in Super Hybrid DM (Dual Mode): una soluzione che privilegia la guida in modalità full electric, lasciando al motore termico principalmente la ricarica della batteria, chiamandolo in causa solo quando strettamente necessario. L'unico dato tecnico finora comunicato è quello dell'autonomia combinata: con un pieno di carburante e di corrente, la Seal 6 percorre fino a 1.505 km. Due stand. La BYD sarà presente al Salone di Monaco con due installazioni: in Odeonsplatz sarà allestito un open space aperto al pubblico dove guardare da vicino la nuova wagon, ma anche gli altri modelli della Casa: la Seal, la Seal U DM-i, la Dolphin Surf, la Atto 2, la Sealion 7 e la sportiva Denza Z9 GT. Al Königsplatz sarà invece possibile prendere parte ai test drive e osservare alcune delle novità in arrivo sul fronte tecnologico, come la Ricarica Flash, una colonnina da 1000 kW per caricare 400 km in 5 minuti.
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Tassa automobilistica - C'è chi dice no
Nei primi sette mesi del 2025, in un mercato che nel suo complesso ha perso quasi il 4%, le immatricolazioni di auto ibride (mild, full e plug-in) sono aumentate del 13%, raggiungendo una quota prossima al 50%. Normale, dunque, che le maglie delle agevolazioni fiscali che alcune amministrazioni regionali hanno introdotto in passato per orientare la domanda verso vetture con minori emissioni si stringano, com'è accaduto quest'anno in Piemonte, dove la precedente esenzione è diventata una riduzione del 50%, e in Campania, dov'è del tutto scomparsa. Attualmente, soltanto Piemonte, Lombardia, Trentino, Alto Adige, Veneto, Marche, Puglia e Basilicata prevedono un'agevolazione più significativa della mera applicazione della tariffa più bassa del tariffario. Non solo. La riforma dei tributi locali, approvata a giugno dal governo e che entrerà in vigore il 1 gennaio 2026, prevede esplicitamente che il cosiddetto superbollo sia dovuto anche per le auto che beneficiano di eventuali esenzioni regionali del bollo auto. Le informazioni qui presenti riguardano la tassa automobilistica su vetture fino a nove posti, compreso il guidatore, immatricolate per la prima volta nel 2024 a uso proprio e intestate a persone fisiche residenti nelle regioni segnalate. Non sono indicati i bonus legati all'acquisto di un'auto nuova o usata con rottamazione, previsti in alcune regioni. Eventuali agevolazioni su vetture targate prima del 2024 restano valide in base alle norme regionali che erano in vigore al momento della prima immatricolazione. I dati sono stati ricavati dalle fonti ufficiali (tariffari e siti web) delle amministrazioni e successivamente confermate dagli uffici stampa o dagli uffici tributi di ciascun territorio. Dato che in gran parte delle regioni l'astruso e anacronistico meccanismo di calcolo del pagamento del primo periodo d'imposta (fortunatamente in fase di riforma) copre di rado 12 mesi, si parla sempre di annualità e non di anni. Il valore più basso del tariffario (3,12 /kW) per tutte le potenze. Esenzione per cinque annualità. Successivamente si applica il valore più basso del tariffario (2,58 /kW) per tutte le potenze. Fino a 185 kW:- fino a 30 g/km CO2, esenzione per cinque annualità;- 31-60 g/km CO2, esenzione per tre annualità;- 61-95 g/km CO2, esenzione per due annualità;- 96-115 g/km CO2, esenzione per un'annualità;- oltre 115 g/km CO2, la tariffa è calcolata sull'importo di 1,99 /kW per le auto da Euro 0 a Euro 5 e di 1,96 /kW per le Euro 6. Al termine dell'esenzione, per tutte le potenze la tariffa è di 1,99 /kW per le auto da Euro 0 a Euro 5 e di 1,96 /kW per le Euro 6.Oltre 185 kW:- per tutte le potenze la tariffa è calcolata sull'importo di 1,99 /kW per le auto da Euro 0 a Euro 5 e di 1,96 /kW per le Euro 6. Il valore più basso del tariffario (2,84 /kW) per tutte le potenze. Il valore più basso del tariffario (3,12 /kW) per tutte le potenze. Il valore più basso del tariffario (2,58 /kW) per tutte le potenze. Nessuna esenzione/agevolazione. Il valore più basso del tariffario (2,84 /kW) per tutte le potenze. Nessuna esenzione/agevolazione. Ibride a benzina: - fino a 100 kW, riduzione del 50% per cinque annualità, con applicazione della tariffa della classe ambientale più favorevole (2,58 /kW) per tutte le potenze.- oltre 100 kW, si applica la tariffa della classe ambientale più favorevole (2,58 /kW) per tutte le potenze.Ibride a gasolio:- si applica la tariffa della classe ambientale più favorevole (2,58 /kW) per tutte le potenze.Ibride a Gpl: - riduzione del 50% per cinque annualità; si applica la tariffa della classe ambientale più favorevole (2,58 /kW) per tutte le potenze. Esenzione per sei annualità per le auto con potenza complessiva fino a 66 kW. Nessuna esenzione/agevolazione. Ibride a benzina: - fino a 100 kW, tariffa ridotta al 50% per cinque annualità; dal sesto anno la tassa è calcolata in base alla tariffa di 2,58 /kW per i veicoli con potenza fino a 53 kW e di 2,73 /kW per quelli con potenza da 54 a 100 kW;- oltre 100 kW, nessuna esenzione/agevolazione.Ibride a gasolio:- nessuna esenzione/agevolazione. Fino a 185 kW:- fino a 30 g/km CO2, esenzione per cinque annualità;- 31-60 g/km CO2, esenzione per tre annualità;- 61-95 g/km CO2, esenzione per due annualità;- 96-135 g/km CO2, esenzione per un'annualità.Oltre 185 kW:- nessuna esenzione/riduzione. Esenzione per sei annualità. Decorso tale il periodo, la tariffa si riduce a un quarto ed è calcolata sull'importo base (2,58 /kW) per tutte le potenze. Nessuna esenzione/agevolazione. Tariffa base di 2,58 /kW per tutte le potenze. Il valore più basso del tariffario (2,71 /kW) per tutte le potenze. Il valore più basso del tariffario (2,58 /kW) per tutte le potenze. Nessuna esenzione/agevolazione. Esenzione per tre annualità.
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Auto ibride - Tra conferme e sorprese
Nel precedente articolo abbiamo cercato di comprendere quali siano i principali trend di mercato per le vetture elettrificate. Tuttavia, i numeri e le percentuali che abbiamo evidenziato non esauriscono il discorso. Anche le classifiche dei modelli più venduti, elaborate dall'Unrae per i primi sette mesi dell'anno, forniscono importanti informazioni. Partiamo dalle ibride mild e full, dove non mancano le conferme. La Fiat Panda, per esempio, è sempre la regina del mercato anche grazie, se non soprattutto, alla decisione della casa madre Stellantis di offrirla solo nella versione con l'aiutino elettrico. La scelta sta portando benefici anche a diversi altri marchi e prodotti del gruppo (la Jeep con le Renegade e le Compass, la Peugeot con la 208 e la 3008). E poi c'è la Toyota: la regina dell'ibrido piazza sul podio due modelli, Yaris e Yaris Cross, oggi disponibili esclusivamente con motori elettrificati. Per le sorprese, invece, bisogna guardare alle ibride ricaricabili, una categoria ormai nel pieno di un vero e proprio boom di mercato. Ebbene, in questo campo spicca l'ascesa della BYD Seal U DM-i, che conquista addirittura il primato, e della Jaecoo 7, entrambe capaci di passare da poche unità a migliaia in pochi mesi: le buone qualità, unite al fattore prezzo, stanno premiando le Case cinesi. Da notare poi che la Toyota, con la C-HR, riesce a piazzare almeno un modello sul podio, dove il gradino più basso è occupato dalla BMW X1. Buona, infine, la performance della VW: la Tiguan è al quarto posto e la Golf al sesto.
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Auto ibride - E sorpasso fu
Nell'edizione di Mondo Ibrido di settembre 2024, abbiamo dato conto di come il trend di crescita delle vetture ibride non lasciasse adito ad alcun dubbio sul futuro del mercato italiano: le motorizzazioni ibride avrebbero presto superato le endotermiche. E così è stato. Il progressivo ampliamento dell'offerta e la riduzione dei prezzi hanno ormai sancito la supremazia delle ibride. Per comprenderne l'ampiezza, bastano i numeri elaborati dall'Unrae per i primi sette mesi dell'anno. Le ibride, nel loro complesso (mild, full e plug-in), hanno raggiunto il 50,1% delle immatricolazioni, a fronte del 43,6% dell'intero 2024 e del 42,3% del pari periodo dell'anno scorso. Nel grafico si può vedere bene il loro trend di ascesa, che si è fortemente accelerato dal 2020 in poi. Il motivo è noto: i costruttori hanno sempre più puntato sull'elettrificazione dei motori per tagliare le emissioni ed evitare le sanzioni per lo sforamento dei limiti normativi. Gran parte di questa crescita si deve alle mild hybrid (31,8% di quota, +8,3% in termini di volumi rispetto a gennaio-luglio 2024), ma in questo scorcio di 2025 si è assistito a un boom delle registrazioni anche delle full (+11,9%) e, ancor più, delle plug-in, che con una crescita del 59,1% hanno quasi raddoppiato la loro quota, arrivando al 5,6%. La crescita delle ibride va di pari passo con la discesa, ormai inarrestabile, delle motorizzazioni tradizionali: le auto a benzina e diesel sono passate nel giro di un anno dal 44,3 al 35,5%. Il crollo è da attribuire soprattutto alle vetture a gasolio, un tempo dominanti, con oltre il 50% del mercato, ma ormai scese sotto la fatidica soglia del 10%.
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Germania - Azienda Usa compra gran parte della ContiTech
Prosegue lo shopping Usa nel settore auto europeo: dopo che la californiana Lyten ha comprato la svedese Northvolt, ora la holding industriale statunitense Regent acquista dalla tedesca Continental la divisione Original Equipment Solutions (Oesl), parte della ContiTech, a un prezzo non divulgato. La cessione del ramo d'azienda, che produce tubi flessibili ed elementi di supporto per auto termiche ed elettriche, fa parte di un piano di ristrutturazione del gigante della componentistica. Alla Oesl lavorano 16.000 dipendenti, che avranno opportunità significative, ha affermato il fondatore e presidente della Regent Michael Reinstein.
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Ricarica plug-in - Senza cavo son dolori
Le plug-in sono delle ibride controverse. Spesso definite la testa di ponte verso l'elettrico puro, da un lato sono funzionali ai costruttori per abbassare drasticamente la media delle emissioni di CO2 della propria gamma (riescono a coprire buona parte del ciclo Wltp in puro EV, da qui gli irrisori consumi dichiarati), ma dall'altra vengono mal digerite da alcuni automobilisti. Chi, infatti, non ha la possibilità di ricaricarle con facilità, le trova giustamente poco proficue: peso aggiuntivo da portarsi appresso (nell'ordine dei 150-200 kg) e consumi elevati quando la batteria è scarica. Tutto vero e difatti, come scriviamo sempre in occasione delle prove su strada delle Phev, per trarre i massimi vantaggi da questa tecnologia occorre ricaricare la batteria il più frequentemente possibile. In questo modo, si potrà godere di quel bottino di chilometri da percorrere in puro elettrico (dai 40 ai circa 100 dei modelli più recenti ed evoluti) per il commuting quotidiano e per tagliare la media consumo, a cui vanno sommate le centinaia di chilometri di autonomia garantite dal serbatoio della benzina, annullando l'ansia da ricarica.Come attaccarla? Una Phev, se utilizzata in maniera oculata, può dunque essere conveniente. A patto, appunto, che ci si trovi nella condizione ideale per poterla ricaricare con facilità; altrimenti, come detto, i suoi pregi vengono meno perché a batteria scarica, quando la vettura marcia in modalità ibrida, i consumi sono simili spesso addirittura peggiori a quelli di una termica tradizionale. La condizione imprescindibile per l'acquisto di una plug-in è quindi quella di avere l'opportunità di alimentarla nel proprio box. Si può fare tramite la tradizionale presa Schuko oppure, ancora meglio, con una wallbox. Perché è soltanto con la carica domestica, grazie alle tariffe più vantaggiose, che si può davvero pensare d'iniziare a risparmiare qualcosa. Le colonnine (come spieghiamo nel riquadro di pag. 52), a causa del più elevato costo dell'energia, rappresentano infatti un'opzione da prendere in esame soltanto durante i viaggi, nel caso si volesse fare il pieno di energia prima di accedere, per esempio, a un centro storico. E inoltre bisogna considerare le lunghe soste a cui si va incontro, riducibili soltanto nel caso di quelle poche Phev, con batteria di notevole capacità, che offrono anche la carica a corrente continua. Wallbox per accelerare. Posto quindi che sia possibile ricaricare la Phev nel proprio box, la soluzione più rapida è quella di collegarla con la classica presa di corrente Schuko: si evitano i costi e le procedure burocratiche dell'installazione di una wallbox, ma ovviamente si moltiplica il tempo necessario per completare l'operazione. Poiché la rete domestica eroga al massimo 16 A, quindi poco più di 2 kW, per ricaricare del tutto una Phev di ultima generazione, con una batteria che arriva anche a circa 20 kWh netti, occorrono più di dieci ore. Al contrario, con una wallbox, i tempi possono ridursi notevolmente. Sempre prendendo in considerazione una plug-in recente, con un caricatore di bordo veloce (da 11 kW o 7,4 kW), potenzialmente bastano anche tre ore e mezzo per un pieno. Qui però ci sono da mettere in conto i costi d'acquisto e d'installazione della wallbox stessa e le eventuali formalità burocratiche da sbrigare se si abita in un condominio.A ogni modo, la ricarica domestica, che sia fatta con la presa di casa o con la wallbox, è la più vantaggiosa in termini economici, poiché il costo è quello operato dal gestore di energia (la media nazionale si attesta su 0,23 euro/kWh) per la luce di casa. Quando ci si deve affidare alla ricarica pubblica, come detto, la questione cambia parecchio. Le tariffe al chilowattora, oltre a essere molto più elevate, variano secondo il gestore, la potenza della colonnina e la tipologia di offerta economica: un conto è affidarsi a una tariffa pay per use, un altro a un abbonamento. All'argomento è dedicato il riquadro in alto, ma si sappia che un pieno di energia può anche triplicare, con il conseguente annullamento di qualsiasi beneficio di natura economica. Se avete scelto di ricaricare la plug-in con una wallbox, per prima cosa bisogna avere i requisiti necessari presso la propria abitazione. Vivete in una villetta? Beati voi, nessun problema. Ma nel caso di un condominio la faccenda si complica. Intanto, occorre verificare che il regolamento condominiale non ne vieti esplicitamente l'installazione; il secondo passo è sapere quanta energia arriva al box: se è alimentato da corrente privata e collegato al proprio contatore di casa, si può procedere. Non ultimo, è necessario fare un upgrade della linea elettrica: i classici 3 kW sono sottodimensionati rispetto all'impiego di una wallbox; in questo caso, per passare ad almeno 6 kW, serve la modifica all'impianto delle aree comuni, deliberabile soltanto dall'assemblea condominiale; e, nel caso la proposta venisse bocciata, l'utente dovrà procedere di tasca propria. Per comprendere meglio le tempistiche e la spesa di ricarica di una plug-in, a casa e alle colonnine pubbliche, ecco due esempi relativi all'Alfa Romeo Tonale e alla Range Rover Evoque, entrambe con un taglio di batteria medio per una Phev (rispettivamente, 15,4 e 15 kWh lordi), con l'inglese che accetta anche la CC.Note 1) tariffa Premium 15 di Enel X, 9 al mese; 0,54 /kWh; 2) 0,69 /kWh; 3) tariffa Premium 15 di Enel X, 9 al mese; 0,69 /kWh; 4) 0,84 /kWh. Detto che la ricarica pubblica non è la maniera più conveniente per gestire un'ibrida plug-in (ma nemmeno un'elettrica pura), nel caso ci si voglia affidare a una colonnina occorre essere ben preparati in materia. I gestori sono svariati e ognuno pratica tariffe diverse, che a loro volta variano se si tratta di una pay per use oppure di un abbonamento. Pochissime colonnine, poi, prevedono la possibilità di pagamento diretto con carta di credito (soltanto alcune Hpc), dunque è necessario procurarsi l'app o la tessera del gestore. Per quanto riguarda i costi, presso gli stalli a corrente alternata a 22 kW (ma la vostra Phev ne accetterà al massimo 7,4 o 11) il costo varia fra 0,59 e 0,69 euro/kWh con le tariffe a consumo, cifra che scende un poco in caso di abbonamento, sebbene questi (che offrono un monte mensile di kWh a fronte di un costo fisso) siano consigliabili per lo più agli utenti delle elettriche pure. Nel caso si possedesse una plug-in in grado di accettare corrente continua, il costo al kWh sale da un minimo di 0,72 a un massimo di 0,94 euro. Due aspetti importanti da tenere in considerazione: se create un account con un determinato gestore, non è detto che funzioni anche presso le colonnine di un altro operatore, occorre che sia stato stipulato un accordo d'interoperabilità. Infine, si sappia che l'occupazione della colonnina a ricarica completata ha un costo (fra le 7 e le 23, non durante la notte): in media, dieci centesimi al minuto.
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Plug-In (tecnica) - L'ibrido super
Secondo i punti di vista, sono l'ultimo baluardo delle vetture termiche oppure un surrogato delle elettriche. Stiamo parlando delle plug-in, auto ibride dotate di una batteria abbastanza grande da assicurare prestazioni interessanti quando vanno a corrente, ma anche di un normalissimo motore termico che entra in gioco quando la carica si esaurisce. Niente ansia da autonomia, quindi, ma la convenienza economica ed ecologica delle ibride ricaricabili è da sempre in discussione. Per la complessità tecnica, innanzitutto, visto che, di fatto, sono costituite dall'unione di due gruppi motopropulsori quasi completi, con i relativi costi. Ma pure per l'efficacia nell'abbattere le emissioni di CO2, che è davvero reale soltanto se le si utilizza nel modo corretto, cioè ricaricando la batteria da una presa esterna ogni volta che è necessario (da qui la definizione di plug-in). kW e kWh in crescita. Potremmo considerarle, in modo grossolano, delle full hybrid con una batteria più grande, ma la realtà è assai più complessa. Per poter garantire prestazioni adeguate in EV, la potenza del motore o dei motori elettrico dev'essere nettamente superiore a quella di una classica full hybrid. Inoltre, occorre un accumulatore (e un'elettronica di potenza) in grado di supportare le maggiori performance in elettrico, offrendo autonomie a emissioni zero di diverse decine di chilometri. La Skoda Kodiaq che vedete in queste pagine dispone di una batteria agli ioni di litio da ben 25,7 kWh che le consente di percorrere in EV, secondo quanto dichiarato dal costruttore, più di 120 chilometri e di garantire prestazioni, nel caso si volesse dar fondo alla potenza di entrambi i sistemi (termico ed elettrico), quasi da sportiva. Va poi aggiunto un caricabatteria interno che, per ricaricare velocemente accumulatori di questa taglia, deve poter gestire una potenza adeguata, così da sfruttare al massimo la capacità delle colonnine in corrente alternata. Vista poi la taglia sempre più grande delle batterie, le plug-in di ultima generazione possono accettare persino la più rapida ricarica in corrente continua (fino a 64 kW per alcune Mercedes-Benz, come la GLE). Tutta questa complessità tecnica, però, non soltanto ha un costo, ma anche un peso che penalizza le percorrenze: se non si ricarica le plug-in con costanza, i consumi sono sensibilmente peggiori rispetto alle full hybrid. Sulla sua elettrica MX-30, la Casa giapponese ha aggiunto una sorta di range extender che, in realtà, ha dato vita a un originalissimo schema plug-in in serie. La fonte primaria di energia non è un motore termico a ciclo Otto, bensì un monorotore Wankel da sempre caposaldo della tecnologia Mazda che per la struttura, il peso e le dimensioni contenute si presta molto bene a essere utilizzato come generatore. Il propulsore principale, quello di trazione, è un elettrico sincrono a magneti permanenti da 170 cavalli, che muove le ruote anteriori, tramite un riduttore e un differenziale, ed è alimentato da una batteria agli ioni di litio da 17,8 kWh. Il Wankel, da parte sua, eroga 75 cavalli e trascina un generatore che supporta la batteria.
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Prova speciale<br> - La più ibrida di tutte
Senza scomodare le plug-in e il loro cavo di ricarica, l'universo ibrido si divide fra i sistemi "leggeri", i cosiddetti mild hybrid (con tensioni che vanno da 12 a 48 volt), e i full hybrid, quelli per intenderci resi popolari dalla Toyota e ripresi da molti costruttori. In mezzo da qualche tempo si è inserita una terza variante che si pone, per concetto e funzionamento, a metà strada fra i due. Nata in seno al gruppo Stellantis, si basa su un cambio (a doppia frizione) che ospita un motore elettrico. Una prima applicazione si è vista sui modelli ex Fca (Alfa Romeo, Fiat e Jeep, abbinata al motore 1.5 turbobenzina), mentre di recente si sta diffondendo la variante dell'ex PSA associata al tre cilindri 1.2, che equipaggia molte auto di segmento B e C di Alfa Romeo, Citroën, Fiat, Jeep, Opel e Peugeot. Di fatto, entrambe le soluzioni, lavorano all'incirca allo stesso modo: la tensione d'esercizio del sistema è di 48 volt, da qui la similitudine con i mild hybrid, ma il fatto che il propulsore elettrico sia posto a valle del termico lo rende capace di fornire moto direttamente alle ruote anche quando i pistoni sono fermi. Ciò lo rende assimilabile ai powertrain full hybrid, che appunto possono muovere l'auto anche soltanto con l'ausilio della macchina a batteria, funzionalità preclusa invece ai mild hybrid puri. Per quanto tempo e per quanti chilometri si possa viaggiare in EV dipende dal dimensionamento del sistema ibrido, cioè dalla potenza elettrica e dalla capacità della batteria. Da qui ne deriva il sostegno più o meno importante al motore termico, che, di conseguenza, abbassa in maniera considerevole o meno i consumi di carburante. Muovere la massa di un'auto da fermo, si sa, è il momento più energivoro; se a farlo è un motore elettrico, si può comprendere quanto ciò possa incidere sulle percorrenze. Per andare al sodo, e capire per bene come si traduce nella pratica tutta questa teoria, abbiamo messo a confronto il powertrain Stellantis, nella fattispecie installato su una Citroën C5 Aircross, con due Suv di pari segmento dotate di sistemi mild e full hybrid, rispettivamente la Volkswagen Tiguan con l'1.5 eTSI a benzina e la Toyota Corolla Cross con il due litri, dotato di ben tre unità elettriche (una deputata alle ruote posteriori, per ottenere la trazione integrale). Le differenze tecniche, e pure numeriche, sono considerevoli, ma in realtà il paragone fra i tre modelli è coerente, se non altro per le similitudini in termini di posizionamento, dimensioni e prezzo d'acquisto. sbagliato classificarlo come un mild hybrid. Infatti il sistema del gruppo Stellantis, a dispetto della tensione d'esercizio (48 volt) e dell'esigua potenza del motore elettrico (21 kW), è comunque capace di muovere la vettura in modalità puramente elettrica. E questo, di fatto, è sufficiente per renderlo a tutti gli effetti un full hybrid. Certo, alla luce della contenuta capacità della batteria e del dimensionamento della parte elettrica, le reali percorrenze in EV restano molto limitate; c'è soltanto un buon supporto durante le accelerazioni e le riprese, a patto di non esagerare con il pedale destro e fino ad andature prettamente urbane. Ben diverso il discorso di un sistema full hybrid più strutturato come quello della Toyota, dove l'unità elettrica esprime numeri ragguardevoli (83 kW di potenza e 206 Nm di coppia): pertanto il suo apporto è notevolmente superiore. Anche nel caso di accelerazioni più sostanziose, il propulsore termico resta spento ed è possibile marciare in elettrico ad andature sostenute e per distanze maggiori. Questo grazie a un sistema che, di fatto, continua a sfruttare lo stesso principio della prima Toyota Prius, sebbene negli anni sia stato migliorato e reso più efficiente: alla base del funzionamento c'è il ruotismo epicicloidale che, con pochi ingranaggi, consente al motore elettrico e a quello termico di fornire trazione in maniera indipendente oppure in contemporanea. Un sistema mild hybrid come quello della Tiguan, invece, non consente in nessun caso la marcia in elettrico. Si tratta infatti di un motogeneratore a cinghia che serve per riavviare l'unità termica rapidamente dopo i veleggi e per fornire un piccolo boost nelle ripartenze, con vantaggi marginali in termini di consumo. Il pregio, però, sta nella semplicità del sistema, con l'esiguo peso aggiuntivo che non è paragonabile a quello di un powertrain ibrido più strutturato. 1.5 eTSI Elegance Dsg (Mild Hybrid)Tensione: 48 VMarcia in EV MotoreAnteriore trasversaleL4 turbobenzinaCilindrata: 1.498 cm3Potenza max: 110 kW (150 CV) a 5.500 giri/minCoppia max 250 Nm a 1.500 giri/minSistema ibridoMotogeneratore a cinghia a 48 VPotenza max: 14 kW (19 CV)Coppia max: 56 NmDati di sistema110 kW (150 CV)TrasmissioneTrazione anterioreCambio automatico doppia frizione a 7 marceCorpo vetturaAvantreno MacPherson, molle elicoidali, barra stabilizzatriceRetrotreno multilink a 3 leve e mezzo, molle elicoidali, barra stabilizzatriceAmmortizzatori idrauliciFreni a disco, anteriori autoventilanti, Abs e EspPneumaticiHankook Ventus S1 Evo2 235/50R19 99VDimensioni e massaPasso: 268 cmLunghezza: 454 cmLarghezza: 184 cmAltezza: 166 cmMassa: 1.616 kgProdotta aWolfsburg (Germania) La Tiguan, come molte mild hybrid, sfrutta un motogeneratore a cinghia a 48 V da 14 kW che funge da motorino d'avviamento. Permette quindi rapide riaccensioni del termico dopo le fasi di veleggio e, in rilascio e frenata, è in grado di recuperare energia; questa viene immagazzinata nella batteria, per essere poi rilasciata, per brevi istanti, durante le accelerazioni e le riprese a supporto dell'1.5. L'elettrico, da solo, non dà mai trazione alle ruote. Hybrid 136 ë-Dcs6 Max (mild-full)Tensione: 48 VMarcia in EV MotoreAnteriore trasversale L3 turbobenzinaCilindrata: 1.199 cm3Potenza max: 100 kW (136 CV) a 5.500 giri/minCoppia max: 230 Nm a 1.750 giri/minSistema ibridoSchema in paralleloPotenza max: 21 kW (28 CV)Coppia max: 55 NmDati di sistema100 kW (136 CV)TrasmissioneTrazione anterioreCambio automatico a doppia frizione a 6 marceCorpo vetturaAvantreno MacPherson, molle elicoidali, barra stabilizzatriceRetrotreno multilink a 3 leve e mezzo, molle elicoidali, barra stabilizzatriceAmmortizzatori idrauliciFreni a disco, anteriori autoventilanti, Abs e EspPneumaticiMichelin Primacy 3205/55R19 97VDimensioni e massaPasso: 273 cmLunghezza: 450 cmLarghezza: 186 cmAltezza 169: cmMassa 1.606: kgProdotta aRennes (Francia) 2.0H e-Cvt Lounge 4WD (full)Tensione: 600 VMarcia in EV MotoreAnteriore trasversale L4 benzinaCilindrata: 1.987 cm3Potenza max: 112 kW (152 CV) a 6.000 giri/minCoppia max: 190 Nm da 4.400 a 5.200 giri/minSistema ibridoSchema in serie-paralleloAnteriore: potenza max 83 kW (113 CV)Coppia max: 206 NmPosteriore: potenza max 30 kW (41 CV)Coppia max 84 NmDati di sistema146 kW (199 CV)TrasmissioneTrazione integraleCambio automatico a variazione continua eCvtCorpo vetturaAvantreno MacPherson, molle elicoidali, barra stabilizzatriceRetrotreno multilink a 3 leve e mezzo, molle elicoidali, barra stabilizzatriceAmmortizzatori idrauliciFreni a disco, anteriori autoventilanti, Abs e EspPneumaticiDunlop Sp Sport Maxx 225/50R18 95VDimensioni e massaPasso: 264 cmLunghezza: 446 cmLarghezza: 183 cmAltezza: 162 cmMassa: 1.555 kgProdotta aAichi (Giappone) Il full hybrid è stato evoluto e reso più efficiente. La batteria è al litio e, a fronte di dimensioni e peso inferiori, ha una capacità maggiorata del 14%. Migliorato anche il due litri a benzina a ciclo Atkinson da 152 cavalli, che grazie all'elevato rapporto di compressione (14:1) vede salire il rendimento termico al 41%. Sulla 4WD c'è un ulteriore motore elettrico al retrotreno. Vorrei partire da un dato che spiega bene, una volta di più, gli effettivi benefici della tecnologia ibrida. In autostrada, secondo i dati rilevati dal nostro Centro prove, la VW Tiguan è quella che consuma meno: 13,8 km/litro contro i 13 della Citroën e della Toyota. I benefici dell'elettrico, non fosse ancora chiaro, sono praticamente nulli quando si viaggia ad andature costanti ed elevate, perché a spingere è soltanto il motore termico e, senza le fasi di rilascio, non avviene alcun recupero di energia. Diversamente, in città e in statale, con i continui stop&go, i vantaggi sono indubbi. Come si diceva, è quando si tratta di spostare la massa da fermo che un propulsore spende la maggior parte delle energie. Con l'apporto del motore elettrico, più efficiente del termico in queste fasi, la fatica ricade su di esso e, di conseguenza, i consumi di benzina calano. E più la componente a batteria è sostanziosa, maggiori saranno i giovamenti in questo senso. Prendete la Toyota: con 83 kW di potenza elettrica, riesce a percorrere ben 25,6 km/litro in città, che scendono al comunque ottimo valore di 19,1 in statale. Non sono niente male, comunque, neanche le percorrenze della Citroën, alla luce di una macchina a corrente di potenza ben inferiore (21 kW): nel ciclo urbano la francese è riuscita infatti a coprire quasi 20 km/litro, con una percorrenza in puro EV pari al 23% del nostro percorso. Questo apporto scende invece al 10% in statale, dove i chilometri percorsi con un litro sono 16,7. C'è da precisare, però, che la francese, proprio per via della contenuta potenza elettrica, è più sensibile della Toyota allo stile di guida. Occorre maggiore attenzione, insomma, al dosaggio dell'acceleratore in partenza per spuntare percorrenze del genere. Dall'altro lato, si evince che i sistemi mild hybrid aiutano in maniera marginale a contenere i consumi: la Tiguan, con 12,6 km/litro nel ciclo urbano, non può certo definirsi un riferimento in materia. Se parliamo di prestazioni, a differenza dei consumi la partita si gioca tutta sulla potenza pura. E in questo senso la Toyota, dall'alto dei suoi 199 cavalli, risulta la più brillante del lotto. I numeri, però, non raccontano tutto. In accelerazione e in ripresa, per esempio, la Corolla Cross spunta sì performance migliori, ma l'eCvt del sistema full hybrid giapponese, per le sue caratteristiche peculiari (di fatto è una sorta di trasmissione a variazione continua), la rende meno piacevole rispetto alle altre due Suv, che contano invece su cambi a doppia frizione. Ciò detto, il tipico effetto dei powertrain Toyota, con il regime di rotazione del motore termico che sale maggiormente rispetto all'effettiva velocità, è stato mitigato nel tempo e, tranne quando le si chiede tutto, il propulsore a benzina non risulta mai davvero fastidioso. Qualche differenza, comunque, c'è anche fra la C5 Aircross e la Tiguan. La francese, avendo l'elettrico montato nel cambio, in certe situazione fa avvertire un po' troppo l'alternanza da una propulsione e l'altra e i passaggi marcia sono meno fluidi rispetto al Dsg della Volkswagen. Quest'ultima è più brillante in accelerazione, grazie anche a qualche cavallo in più, mentre in ripresa viaggiano praticamente appaiate, segno che l'elettrico della Citroën dà un buon supporto nelle ripartenze.
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Full (tecnica) - L'ibrido DOC
L'ibrido full prodotto in serie nasce alla Toyota nei primi anni 90. E il sistema che lo regge, ideato per la Prius, rivisto e aggiornato, è utilizzato tuttora dalla Casa nipponica. Si tratta di una soluzione peculiare, tanto da non rientrare a pieno titolo in nessuno dei cinque schemi che vi abbiamo presentato nell'articolo di pagina 14. La trattiamo, dunque, a parte.Cuore del sistema è il cosiddetto Power split device (Psd), un complesso ruotismo epicicloidale a cui sono collegati il motore a benzina (a ciclo Atkinson) e quello a corrente. Entrambi inviano il moto al differenziale, provvedendo quindi alla trazione, con l'unità elettrica che s'incarica pure del recupero di energia in fase di rallentamento. C'è poi un motogeneratore che svolge la duplice funzione di generatore di corrente per la ricarica della batteria e di avviatore per il termico.Non è presente un vero e proprio cambio di velocità, perché questa funzione è svolta direttamente dal ruotismo epicloidale: il rapporto finale varia in funzione di quanto sono alimentate le due macchine elettriche. Il tutto fa capo a una batteria collocata sotto i sedili posteriori e a un'unità di controllo. Il sistema lavora ad alta tensione in base al modello, si arriva a 650 volt e consente di muoversi per alcuni chilometri in elettrico. Ed è molto efficiente: nel caso della Yaris da 116 cavalli (nel disegno a destra), siamo arrivati a percorrere oltre 25 km/litro nel nostro ciclo urbano.La Toyota, negli anni, ha affinato questo sistema, riducendo da un lato gli ingombri e il peso e, dall'altro, aumentando l'efficienza del motore termico e la potenza degli elettrici. Il tutto può poi essere completato con l'aggiunta di un'unità a corrente sull'assale posteriore, così da realizzare la trazione integrale elettrica, come nella Yaris Cross. Lo si può considerare un sistema parallelo che, in certe situazioni, funziona anche in serie.Nonostante la bontà del progetto, chi è venuto dopo ha seguito strade alternative. Lo schema largamente più diffuso è quello che prevede il motore elettrico a cavallo tra l'unità endotermica e il cambio, che può essere automatico classico o a doppia frizione. Grazie a un ulteriore disinnesto, è anche possibile scollegare il motore a benzina e affidare il compito di muovere le ruote al solo elettrico. Viceversa, quando i due sono uniti, collaborano entrambi alla propulsione (schema parallelo con l'elettrico in posizione P2). Il sistema è completato da una batteria, che viene ricaricata in fase di rilascio dall'unità elettrica la quale, per l'occasione, si trasforma in un generatore di corrente e dallo stesso propulsore termico quando trascina l'elettrico.Alcuni costruttori collocano invece il motogeneratore elettrico a valle del cambio a doppia frizione (schema P3). In questo modo non è più necessario prevedere un disinnesto tra l'unità elettrica e quella a benzina. Un sistema efficace e più economico, che si presta bene ad essere realizzato con sistemi a bassa tensione (48 volt) e con potenze elettriche inferiori, nell'ordine dei 15-20 cavalli. Anche in questo caso è possibile aggiungere un secondo propulsore a corrente sulle ruote posteriori, in modo da realizzare la trazione integrale elettrica. Largo alla fantasia. Altra soluzione per i giapponesi di Nissan e Honda, che si sono orientati su sistemi in serie, nei quali, cioè, la trazione è affidata al motore elettrico, che diventa pertanto quello principale, lasciando all'unità termica il compito di trascinare il generatore di corrente. Funzionano così le Nissan Qashqai e X-Trail, mentre su diversi modelli Honda (dalla Jazz alla CR-V), in alcune situazioni, anche il propulsore termico muove le ruote.I francesi della Renault, infine, hanno escogitato un sistema ancora più originale e ingegnoso. Il propulsore a benzina è abbinato a due motogeneratori: il primo, allineato con l'albero motore, che da solo o assieme all'unità termica provvede al movimento della vettura e alla rigenerazione in frenata; il secondo che, oltre a svolgere la funzione di motorino d'avviamento per l'unità termica e di generatore di corrente, s'incarica di raccordare i giri del motore, in modo da facilitare gli innesti del cambio, che ha soltanto quattro rapporti. E, a quel punto, può fare a meno dei classici sincronizzatori. Hyundai e Kia (che fanno parte dello stesso gruppo) utilizzano per i loro modelli full hybrid il classico schema P2: secondo i casi, il motore elettrico può trovarsi all'interno del cambio automatico al posto del convertitore di coppia (come nella Hyundai Tucson, a cui si riferisce il disegno qui sopra, e nella Kia Sportage) oppure tra il propulsore termico e il cambio a doppia frizione (è il caso di Kona e Niro). Il funzionamento è in parallelo, con entrambi i motori che concorrono al movimento. Nella marcia completamente elettrica, una frizione a controllo elettronico, collocata fra il motore a benzina e quello a corrente, permette di disconnettere il primo e viaggiare a zero emissioni per alcune centinaia di metri. Il tutto fa a capo a una batteria agli ioni di litio sistemata sotto al divano, che viene ricaricata nelle fasi di rilascio. Il costruttore francese (come la sua controllata romena) adotta un sistema parallelo che lavora in serie ogni volta che è necessario. Il motore termico è affiancato da due motogeneratori: il primo muove le ruote anteriori e, in fase di rallentamento, genera anche la corrente per la ricarica della batteria. Il secondo svolge più funzioni: avvia l'unità termica, genera corrente quando è trascinato da quest'ultima e infine, raccordando il numero di giri degli alberi del cambio, facilita l'innesto delle marce, al punto da rinunciare a sincronizzatori e frizione. Il movimento a bassa andatura è assicurato dal motore elettrico di potenza, che lavora in linea con quello a benzina, il quale, a sua volta, s'innesta automaticamente sulle ruote anteriori alle velocità superiori. La prima delle quattro marce è riservata al propulsore elettrico, le altre tre a quello termico. La Nissan Qashqai, di cui sopra vedete la meccanica in trasparenza, adotta il sistema e-Power. Questa soluzione prevede che sia il solo motore a corrente a muovere le ruote, mentre quello termico ha il compito di produrre energia elettrica che serve per mantenere la batteria a un livello di carica adeguato, in modo da essere sempre in grado di sostenere le richieste di energia da parte del propulsore elettrico. Perché questo sia possibile è necessario che il motore termico sia collegato a una seconda macchina a corrente dedita alla sola produzione di elettricità per la batteria. Alla base di questo sistema vi è un tre cilindri turbobenzina di 1.5 litri dalle caratteristiche davvero insolite: grazie a uno speciale manovellismo, è in grado di variare in modo continuo il rapporto di compressione (da 8:1 a 14:1), in modo da estendere il campo di funzionamento di maggiore efficienza. I vantaggi sono essenzialmente due. Prima di tutto, la riduzione dei consumi, garantita dal fatto che il tre cilindri (che, lo ricordiamo, è il produttore primario di energia), per quanto detto sopra, lavora più spesso in condizioni ottimali. In secondo luogo la guidabilità, simile a quella di una Bev. Nel caso della sorella maggiore X-Trail è previsto, nelle versioni e-4orce, un secondo motore a corrente, che agisce sulle ruote posteriori (schema P4), così da realizzare la trazione integrale elettrica. La Honda propone uno schema analogo, ma con alcune peculiarità. Anche qui, il motore principale di trazione è elettrico, mentre il benzina trascina un generatore e si collega alle ruote soltanto in determinate condizioni. Questa soluzione è utilizzata su diversi modelli ibridi, con le differenze del caso: nelle più piccole Jazz e HR-V, il propulsore a benzina è un 1.5, mentre sale a due litri su Civic, ZR-V e CR-V. Quest'ultima a cui si riferisce lo schema a sinistra che sintetizza le due condizioni di funzionamento prevede anche un cambio automatico a due rapporti per collegare il quattro cilindri a ciclo Atkinson alle ruote, in base alla velocità. Negli altri modelli citati, invece, il collegamento si realizza tramite una più semplice frizione e avviene soltanto sopra gli 80 km/h, se non si affonda troppo sull'acceleratore. Altra particolarità della CR-V è la presenza della classica trazione integrale (ovvero con albero di trasmissione), disponibile in tutte le condizioni di funzionamento. Per chiudere la carrellata, vale la pena di soffermarsi su un paio di casi assai particolari: quelli di Stellantis e della Subaru. Il gruppo capitanato da Carlos Tavares definisce mild hybrid alcuni schemi che, in linea di principio, sono full. Considerati dal punto di vista del puro schema costruttivo, infatti, ricadrebbero nella categoria per così dire più nobile, dal momento che i flussi di potenza permettono la marcia in puro elettrico. Che cosa spinge Stellantis, allora, alla modestia di dichiararli mild? Semplice: il fatto che la tensione d'esercizio del sistema ibrido sia limitata a 48 volt, elemento che riduce l'aggravio economico, ma pure le potenze in gioco, con conseguente riduzione anche degli orizzonti "elettrici": ci si muove in EV solamente a bassa velocità e per brevissimi tratti. Il voltaggio più alto viene invece riservato alle versioni top di gamma plug-in. Analogo discorso vale per la Subaru. Il sistema messo a punto dalla Casa giapponese prevede l'abbinamento del classico boxer quattro cilindri a un motore elettrico a 118 volt inglobato a valle del cambio a variazione continua (il Lineartronic). Un bel lavoro d'ingegneria che associa i vantaggi specie in termini di confort del cambio Cvt alla possibilità di scollegare il termico, in modo da assicurare la marcia per brevi tratti con la sola unità elettrica. Perché allora definire questo sistema mild hybrid? Per onestà intellettuale: la presenza anche della trazione integrale fondamentale per la Casa giapponese assottiglia la riduzione dei consumi.
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Mild (tecnica) - L'ibrido furbo
Sui vantaggi dell'ibrido, almeno in termini di efficienza, non si discute. Il problema sono i costi, che per realizzare una soluzione classica, cioè ad alta tensione, con un motore elettrico di considerevole potenza e una batteria adeguata, sono inevitabilmente elevati. Così si è andati alla ricerca di soluzioni più economiche. Fu la Suzuki a presentare per prima, alla fine del 2016, un ibrido leggero, denominato Shvs (Suzuki hybrid vehicle system), composto da un modulo elettrico Isg (Integrated starter generator) a 12 V, con funzioni di motorino di avviamento, propulsore e generatore elettrico, supportato da una piccola batteria agli ioni di litio collocata sotto al sedile di guida. Appena 2,3 kW di potenza, disponibili per pochi secondi, ma più che sufficienti per garantire alla Swift dell'epoca di ottenere consumi inarrivabili per le concorrenti; il tutto con costi accettabili. Insomma, la strada era stata segnata. L'interessante rapporto costi/benefici ha nel tempo portato a una larga diffusione di questa soluzione, soprattutto sulle vetture piccole. La Fiat la propone sulla Panda e l'Audi, più di recente, l'ha utilizzata su alcuni modelli, a partire dalla A3 Sportback. Nel frattempo, sono stati sviluppati sistemi più raffinati ed efficienti, che hanno consentito di aumentare la potenza del motore elettrico (fino a qualche decina di chilowatt), posizionandolo direttamente sulla trasmissione, a valle di quello termico. Denominatore comune di queste soluzioni, l'impossibilità di muovere l'auto con la sola unità elettrica e la bassa tensione di alimentazione: da 12 volt fino a un massimo di 48, fattore che richiede di ottemperare a normative di sicurezza più blande rispetto a quelle richieste dai sistemi ad alta tensione. Ovviamente, viste le basse potenze in gioco e il ridotto bilancio energetico, le prestazioni dei sistemi mild sono molto inferiori a quelle fornite dai più evoluti e costosi full e plug-in hybrid. Nei sistemi mild hybrid, per ottenere potenze superiori, è necessario collocare il motore all'interno della catena cinematica. La compattezza dei propulsori elettrici consente d'integrarli facilmente nel cambio, generalmente al posto del volano (qui accanto, la soluzione adottata dalla Mercedes sul sei cilindri in linea M256, che prevede un'unità elettrica da 14 kW). Nel caso della Mazda CX-60, invece, viene adottata una configurazione P2, con il motore a corrente al posto del convertitore di coppia della trasmissione (foto più a destra, in basso), scollegabile da una frizione per consentire il veleggio. Una soluzione decisamente atipica per un sistema mild hybrid.
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Sistemi alternativi - Intuizione geniale
La storia dell'ibrido è legata a doppio filo alla Toyota e, in particolare, a un suo dipendente, l'ingegner Takeshi Uchiyamada, laureato in fisica applicata che aveva capito che per ridurre i consumi e le emissioni inquinanti in modo consistente era necessario intraprendere strade nuove. Il principio di funzionamento di un sistema ibrido (noto fin dagli albori della motorizzazione, ma che aveva avuto ben poca diffusione) è piuttosto semplice, da un punto di vista teorico: si basa sul recupero di parte dell'energia che viene dissipata dai freni nelle fasi di rallentamento. Questo è possibile se al propulsore termico si abbina un motore/generatore capace di produrre corrente elettrica a fronte della coppia resistente, che può essere utilizzata per rallentare la vettura senza ricorrere ai freni (dando vita alla frenata rigenerativa). L'energia così recuperata, anziché diventare calore come accade con i freni tradizionali, viene immagazzinata in una batteria e riutilizzata nelle successive accelerazioni per alimentare lo stesso motore elettrico, che così allevia il compito del termico, riducendo, di conseguenza, consumi ed emissioni. Questo schema di base può essere declinato in vari modi, a partire proprio da quello messo a punto dalla Casa giapponese. Che è del tutto peculiare e, come le altre tipologie "full", consente la marcia con il solo motore elettrico. Per come è congegnato, il sistema ibrido fornisce le prestazioni migliori in città e nella guida extraurbana, dove non mancano rallentamenti e accelerazioni. Il vantaggio si riduce o svanisce in autostrada, quando si viaggia spesso a velocità costante. Dato che l'ibrido full è efficace, ma anche costoso, negli anni sono state sviluppate soluzioni via via più abbordabili, a incominciare dai sistemi cosiddetti "mild". C'è ibrido e ibrido. Lo schema più semplice consiste in un motogeneratore elettrico (P0,) collocato al posto dell'alternatore e collegato al motore tramite un sistema a cinghia. Inizialmente usato soltanto per riavviare il motore, si è evoluto in modo da recuperare energia e contribuire alla marcia con tensioni che, nei sistemi più raffinati, arrivano a 48 volt. Un'altra soluzione mild è quella di collocare il motore elettrico (P1) al posto del volano, vincolandolo rigidamente al termico: la potenza installata può essere superiore (15 kW sui sei cilindri Mercedes, per esempio) e pure l'efficienza migliora, visto che non c'è più la trasmissione a cinghia. Passando ai più sofisticati sistemi full, quello Toyota/Lexus utilizza una speciale trasmissione costituita da un ruotismo epicicloidale che collega il motore a benzina a due propulsori/generatori elettrici. L'alternativa più diffusa prevede invece il motore elettrico (P2) a cavallo fra il termico e il cambio: una specifica frizione posta tra i due propulsori consente poi di separare il benzina, lasciando al solo elettrico il compito di muovere l'auto, cosa impossibile con i sistemi mild. L'unità a corrente può essere collocata anche a valle del cambio (P3) oppure posta direttamente sull'assale libero (P4), in genere quello posteriore, così da realizzare la trazione integrale elettrica. Uno schema di quest'ultimo tipo dev'essere completato da un motogeneratore (P0) che s'incarichi di riavviare l'unità termica. Infine, lo schema più desueto, il P5, prevede che i motori alloggino direttamente nelle ruote, soluzione di solito non adottata a livello automobilistico. P0 - Motogeneratore azionato a cinghia. Il belt-driven starter generator è la soluzione mild hybrid più semplice e diffusa. Il motore elettrico, che funge anche da motorino d'avviamento e da generatore, si trova al posto dell'alternatore.P1 - Nel motore, al posto del volano. Per migliorare l'efficienza e utilizzare potenze più elevate, l'elettrico è a valle del motore, al quale è vincolato rigidamente, al posto del volano.P2 - A valle di una frizione di scollegamento. la soluzione più diffusa nei sistemi full hybrid e plug-in. Il motore elettrico è a valle di quello termico generalmente nel cambio, al posto del convertitore di coppia), al quale è collegato tramite una frizione. In questo modo, è possibile scollegarlo dall'unità termica ogni volta che è necessario e far sì che sia soloquella a corrente a spingere l'auto.P3 - A valle della trasmissione. Un'altra configurazione in auge tra le full hybrid consiste nel sistemare il motore elettrico a valle del cambio automatico. Lo si può scollegare tramite la frizione (nel caso di trasmissioni Dct, quella dell'albero cui è collegato l'elettrico) per disaccoppiarlo dal propulsore termico e permettere il funzionamento in EV.P4 - Sull'assale posteriore. Il motore a corrente si trova sull'assale libero (in genere il posteriore) e trasferisce la coppia alle ruote tramite un differenziale, realizzando così la trazione integrale elettrica e ricaricando la batteria in rilascio. Occorre anche un motogeneratore per riavviare il propulsore termico.P5 - All'interno delle ruote. In questo caso le unità elettriche sono alloggiate direttamente nei mozzi ruota. Uno schema che finora ha avuto poche applicazioni, anche perché aumentano le masse non sospese, con effetti negativi sulle qualità stradali. Si parte dai layout più semplici ed economici, denominati mild, per proseguire con i più complessi full, nei quali i motori elettrico e termico collaborano in modo intelligente al movimento dell'auto, così da ridurre in modo consistente i consumi e le emissioni di anidride carbonica. Questi sistemi consentono di viaggiare per brevi tratti con il solo propulsore elettrico, caratteristica utile nella marcia cittadina e in colonna, inibita ai mild. A seconda che il motore termico trascini soltanto un generatore o trasmetta anche coppia alle ruote assieme all'unità elettrica, si parla di soluzioni in serie, in parallelo o in serie-parallelo. I più sofisticati (e costosi) schemi plug-in dispongono invece di una batteria dalla capacità più elevata, che viene ricaricata da una presa di corrente e garantisce prestazioni e mobilità in elettrico superiori.
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