Quattroruote Next - "2035, la ragione ha vinto sull'ideologia"
Matteo Salvini ha colto l'occasione del nostro forum sul futuro dell'auto, Quattroruote Next, per ribadire la sua netta contrarietà alle decisioni prese dall'Europa: "L'auto elettrica è pura ideologia, un suicidio economico, industriale, sociale e perfino ambientale", ha detto il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Intervistato dal nostro direttore, Gian Luca Pellegrini, Salvini ha però evidenziato come molte cose siano cambiate negli ultimi mesi, portando la "ragione a vincere sull'ideologia": è il caso di alcuni temi rilevanti per il futuro dell'industria europea delle quattro ruote, in primis gli e-fuel, richiesti a gran voce dalla Germania e infine inseriti in una deroga all'ormai famoso bando delle auto endotermiche.
C'è spazio per cambiare le cose. Salvini ha ricordato che "nel 2026 si farà un punto" sullo stop alla vendite di nuove auto a benzina e diesel nel 2035, ma "con una nuova commissione" e non con un organo che "sembra voler complicare la vita ad aziende che stanno già investendo sull'elettrico" e non hanno bisogno di ulteriori ostacoli come l'Euro 7: "Bisogna capire che il 'tutto elettrico' significa fare una scelta che ci pone in una posizione di subalternità" rispetto ad altri Paesi, ha sottolineato Salvini. In ogni caso, per il ministro il governo Meloni si è ritrovato con numerosi dossier e ora sta cercando di recuperare il tempo perso: "Ciò che abbiano fatto negli ultimi undici mesi, l'abbiamo fatto ascoltando chi di dovere. Sull'auto, io personalmente ho fatto più di un incontro con sindacati, imprenditori, associazioni di settore e media. A tal proposito voglio ringraziare Quattroruote per il lavoro preciso e obiettivo sul tema della transizione".
Scelte pro-Cina e... il Qatargate. Tornando sul bando delle endotermiche, Salvini ha fatto anche un parallelo con il Qatargate: "Nessuno mi toglie il dubbio che la decisione dell'Europa sia folle, anti-economica, anti-industriale e anti-ambientale e che sia stata presa per arroganza, ignoranza o per convenienza perché mi sembra chiaro che avvantaggi la Cina e il suo sistema industriale". Zero dubbi sulla necessità di procedere lungo la strada della decarbonizzazione, ma il ministro ritiene che serva un cambio di approccio a Bruxelles, per evitare "alcuni eccessi: gli ultimi sviluppi hanno aperto un varco nelle certezze granitiche della Commissione", ha notato Salvini. "Noi stiamo cercando di sfruttare questo varco, questa apertura non ideologica".
Sì al nucelare. Una delle vie prospettate da Salvini è quella delle rinnovabili: "Fanno parte del futuro, ma è una pia illusione pensare di abbandonare le fonti fossili". Ecco perché serve il nucleare: "Mentre stiamo parlando sono in funzione 100 reattori, dire di no all'energia atomica sarebbe solo ideologico", ha spiegato il ministro, ribadendo l'idea di una centrale a Milano: "Perchè no se è sicuro?", si è chiesto il leader della Lega, che poi ha scherzato alla domanda se l'idea sia stata già presentata al sindaco Giuseppe Sala: "Sì, tra una pista ciclabile e l'altra".
Serve un piano per la mobilità. Proprio le piste per le biciclette sono state oggetto di critiche da parte del ministro: Salvini ha citato il caso di corso Monforte e sottolineato l'aumento degli incidenti di pedoni e ciclisti; a suo avviso, "la principale causa non è la velocità, bensì la distrazione al volante o l'uso dei telefonini". In tal quadro, si inseriscono le apposite misure del nuovo Codice della Strada ("Urgente che entri in vigore"), ma soprattutto l'invito a usare "buonsenso" nello sviluppo di piani precisi per aiutare la mobilità sostenibile. A partire da piste ciclabili "sicure sia per i ciclisti, sia per gli automobilisti".
Basta guerra all'auto. Per Salvini, una cosa è certa: la mobilità leggera è sì da promuovere, ma senza fare la guerra all'auto. "Non mi iscrivo al partito dell'auto. Vanno bene le bici o i monopattini, ma senza tartassare i proprietari delle quattro ruote". E questo vale anche per il Green Deal: "La sostenibilità ha un costo e quindi va accompagnata. Abbiamo bisogno di tempo per affiancare il settore dell'auto con gradualità verso il futuro. Il solo elettrico non rappresenta una soluzione, né economica, né ambientale". L'ultimo passaggio riguarda le infrastutture e in particolare il Ponte sullo Stretto, per cui il ministro ribadisce il suo obiettivo: "Stiamo lavorando per posare la prima pietra nell'estate del 2024".
Quattroruote Next - Guida attenta e consapevole: ecco quanto si risparmia (in soldi e CO2)
Uno stile di guida aggressivo non è solo pericoloso, ma anche più inquinante e costoso. Lo ribadisce uno studio condotto dal Politecnico di Milano in collaborazione con Generali Jeniot, illustrato oggi all'evento Quattroruote Next da Alberto Busetto, ceo della divisione specializzata in soluzioni tecnologiche del gruppo assicurativo Generali.
Fino a 160 euro nel salvadanaio. L'osservatorio, basato sui dati del portafoglio clienti della compagnia, dimostra come un'attitudine alla guida più attenta e consapevole impatti, oltre che sulla sicurezza, sia sull'ambiente sia sul portafoglio dell'automobilista. In particolare, si evince che, a parità di chilometri percorsi, un guidatore "evoluto" in media emette circa il 6,5% di CO2 in meno rispetto ad un temerario, generando un risparmio di carburante (dai 30 agli 80 litri) che consente di ridurre i costi da 50 fino a 160 euro all'anno. L'incidenza ovviamente è differente in base alla categoria dell'auto, alla tipologia di alimentazione e al contesto di guida. Su una Fiat 500 a benzina, per esempio, il risparmio annuo di carburante può superare i 60 litri annui, con un taglio di oltre 100 euro in questa specifica voce di spesa; una BMW Serie 3 318i raggiunge invece gli 88 litri (-155 euro), mentre un'Audi A4 diesel può arrivare ad abbassare i consumi di circa 51 litri e i costi di quasi 90 euro. In percentuale, la riduzione dei consumi di carburante (o energia) e le relative emissioni varia da 0,6% in autostrada fino a un massimo di oltre il 10% in città, se si guida virtuosamente.
Rischio sinistri ridotto di un terzo. Ancora più importanti sono i risvolti sulla sicurezza. Dallo studio, infatti, emerge che la probabilità di avere incidenti si abbassa del 32%, e del 33% quella di essere coinvolti in sinistri con lesioni. Giusto per inquadrare il contesto, in Italia - sottolinea Generali - nel 2022 si sono registrati oltre 160 mila incidenti, la maggior parte dei quali dovuti alla distrazione. Da tempo, le compagnie assicurative incentivano l'adozione di un comportamento corretto al volante attraverso soluzioni che consentono di ridurre l'importo del premio della polizza. Ne sono un esempio la scatola nera o la formula pay how you drive, in base alla quale alcuni dati relativi alla guida vengono trasmessi all'assicuratore che, su questi, valuta lo sconto. Per il 2022, Generali Italia ha calcolato che il miglioramento dello stile di guida sul proprio portafoglio clienti ha prodotto una riduzione di emissioni annue pari a 2.300 tonnellate di CO2. Di oltre 730 mila litri il taglio sul carburante, con un risparmio per gli assicurati di quasi 1,3 milioni di euro.
Quattroruote Next - "Auto, la storia e la qualità non si possono comprare"
Andrea Bonomi, ceo di Investindustrial, e Davide Grasso, ceo di Maserati, sono intervenuti a Quattroruote Next per parlare del lusso nel mondo automotive. L'intervento dei due top manager - moderato dal nostro vicedirettore Marco Pascali - ha toccato diversi aspetti del settore, a partire dalla storia che contraddistingue l'Italia a quattro ruote. Un patrimonio unico nel suo genere, che nessun investimento cinese potrà mai comprare.
Il primo tema del talk è stato il ruolo della tecnologia nel segmento del lusso.
Grasso: "L'aspetto tecnologico è fondamentale, ma va fatto un distinguo: la tecnologia deve risolvere problemi e non essere fine a sé stessa, deve aiutare il consumatore. Questo è un linguaggio che fa parte di Maserati da più di 100 anni, che da sempre ha applicato la tecnologia all'innovazione, a partire dall'A6 1500, la prima gran turismo del marchio".
Bonomi: " difficile considerare la tecnologia un lusso. Se vuoi fare il lusso ed essere individuale, la tecnologia è l'esatto opposto del lusso. Se vuoi offrire lusso, l'analogico è la via più prossima alla cultura e a ciò che ognuno vuole".
Il Green Deal ha inevitabilmente acceso nuove sensibilità: cosa è cambiato e cosa si aspetta oggi chi vuole un'auto particolare?
Grasso: "Mi ricollego al direttore Pellegrini: il Green Deal fine a sé stesso è stato creato in maniera artificiale. Come fornitori di soluzioni in un contesto di lusso, noi dobbiamo garantire un'esperienza a tutto tondo. Il consumatore di auto di lusso è un nuovo tipo di cliente, non c'è più il lusso di vent'anni fa: è più giovane, è globale e nel caos che ci circonda ha di fronte la semplificazione. Semplificare l'esperienza di utilizzo, anche negli interni, è fondamentale".
Esperienza, semplicità. Alcuni tratti che osserviamo confermano che il passato sta tornando. Tempo, spazio: come si usa oggi un oggetto del desiderio?
Bonomi: "L'auto ha avuto successo per la libertà che ha portato. C'è un ritorno dell'esperienza, per questo ci sono auto storiche che vengono riportate in vita. Ci possono essere tutti gli investimenti della terra, ma all'Aston Martin non arriveremo mai alla capacità produttiva asiatica. difficilissimo entrare nella parte bassa del mercato. Se guardiamo lo split tra auto da tutti i giorni e auto da passione, capiamo come è difficile recuperare il ritardo con l'Asia. Loro possono spendere qualsiasi cifra, ma il rapporto che un marchio come Morgan ha con il suo cliente non si può comprare. E loro non ce la faranno mai ad avere qualcosa di simile. qui che dobbiamo trovare il futuro. Ed è qui che i nostri politici devono decidere se dobbiamo morire: il mondo dell'alto di gamma europeo e italiano è vincente. Ma ci sono persone che decidono delle regole e possono decidere che devi morire. Questo è il rischio che vedo nel futuro".
Nike, Converse sono marchi mondiali nel suo passato: cosa può imparare l'auto da questi brand?
Grasso: " molto più facile avere successo nell'industria della moda che in quella dell'auto. Avendo un brand forte come Maserati, però, è tutto più semplice. Ci sono più similarità che differenze. Parte tutto dal consumatore e questo ci fa capire dove fare investimenti. Il consumatore va messo al centro. L'altra cosa è la competitività: in entrambi i settori la competizione è molto forte. Il terzo è un discorso di brand management: ora anche l'automotive parte dal marchio. Il prodotto deve essere eccellente nel proprio segmento, superiore alle aspettative del cliente. L'attenzione deve essere maniacale nella scelta del segmento in cui si vuole competere. Bisogna poi sviluppare un legame emotivo tra il marchio e il consumatore. La complessità è dunque estremamente elevata: sulla società e sulle infrastrutture l'automotive ha un impatto immensamente più grande rispetto a quello della moda".
Qual è il segreto del Made in Italy?
Grasso: "Secondo me è il segreto di Pulcinella. Quello che non si può comprare è la storia. Il lusso non è altro che chiamare la qualità con un altro nome. Il lusso è nel design degli arredamenti, nell'hospitalty, nel cibo. E non c'è lusso se non c'è una tradizione di continuità. E questo forse è l'unico settore in cui l'Europa ha un vantaggio competitivo. Cinesi e americani non hanno la nostra storia e la possono comprare solo da noi. La qualità dell'Italia è lo stile di vita, naturale: cibo, cultura rendono lo stile italiano inimitabile".
A tal proposito, Bonomi ha aggiunto da poco una partecipazione a Eataly: che differenza c'è tra il lusso italiano e quello di altri Paesi, come la Francia?
Bonomi: "I nostri uomini politici devono proteggere l'automobile partendo dal concetto di libertà. Perché se perdiamo l'automobile, perdiamo un pezzo per cui siamo conosciuti nel mondo. Se tu togli la libertà di fare un'esperienza con un'auto togli una parte della nostra cultura. L'approccio italiano è vincente se applicato nel modo giusto: il nostro modo di vivere è vincente".
Da cosa ci dobbiamo difendere e quali strumenti politici non abbiamo?
Grasso: "Dobbiamo essere più sicuri dell'appetibilità del nostro Paese, di quanto siamo affascinanti e di quante capacità abbiamo. Siamo un Paese di esploratori e l'innovazione è un linguaggio a noi familiare. Non solo nell'automotive, ma in generale".
Quattroruote Next - Intelligenza artificiale e semiconduttori: il filo rosso del futuro
Intelligenza artificiale, semiconduttori, software defined vehicles. Sono temi che l'industria dell'auto sta affrontando con crescente frequenza. E che costituiscono sempre più chiaramente una delle nuove frontiere del settore. Ma come avverrà il dialoogo? Una domanda che poniamo volutamente in forma aperta, a sottintedere i suoi due aspetti, da un lato quello tra l'utente e il prodotto, dall'altro quello tra le Case e i nuovi interlocutori che si affacciano nella filiera. Ne abbiamo parlato al forum Quattroruote Next con Christian Richter, direttore global automotive di Google ed Edoardo Merli, vicepresidente esecutivo di ST Microelectronics.
Richter: l'IA fa già parte delle nostre vite. "Da qualche mese vediamo molto entusiasmo intorno all'intelligenza artificiale", afferma Richter. "Si tratta di un percorso classico: c'è sempre una fase di hype, quella iniziale, che è quella che stiamo vivendo oggi. Ma quello di cui non ci rendiamo conto è che la usiamo già tutti i giorni l'IA: ci aiuta nella navigazione, nella scrittura delle e-mail o nella scelta della prossima serie da vedere su Netflix. Quindi è già da parecchio tempo che sta trasformando le nostre vite".
Il ruolo dell'IA nel business. Questo non significa, tuttavia, che non stiamo attraversando un cambiamento epocale: "L'evoluzione in atto impone a chi è in un ruolo di business leadership di approfondire il tema dell'IA, capire quanti tipi ce ne sono, come quella generativa, più creativa, e quella analitica, che lavora su dati strutturati. La domanda che dobbiamo porci è: come possiamo farle lavorare insieme per rendere il business più efficiente?".
La necessità di regole. Già adesso, del resto, i computer possono fare molte attività meglio degli umani, sottolinea Richter: "Siamo solo all'inizio: dico sempre che i modelli di IA che vediamo oggi sono i peggiori che vedremo nel corso delle nostre vite". Un'arma, come tutte le tecnologie, che però può essere a doppio taglio: "L'IA può produrre anche cattivi risultati intenzionalmente. Pensiamo alle fake news: stiamo parlando con la Commissione europea per avere regole chiare e in tempi rapidi".
I software defined vehicles e l'architettura zonale. La riflessione, del resto, si impone per le stesse potenzialità che queste applicazioni avranno nel campo dell'auto, come sottolineato da Merli: "I software defined vehicles, in termini di performance, saranno molto più potenti degli attuali. E questo è dovuto al fatto che si baseranno su un'architettura tutta diversa, definita zonale, che ci permetterà di rendere l'hardware più scalabile e potente, migliorando tutti i servizi, dalla manutenzione predittiva alla personalizzazione dell'esperienza di guida".
+20% per la domanda di semiconduttori automotive. Dicevamo, in apertura, del dialogo tra le Case e i fornitori "tech". Una questione ben chiarita dallo stesso Merli nelle sue future implicazioni: "L'automotive è uno dei settori più in crescita: vedremo un incremento della domanda di semiconduttori nell'ordine del 20% entro il 2030, e saremo chiamati a svilupparne di diverse classi per la specializzazione dei compiti che dovranno svolgere. Tutto questo si tradurrà per noi", spiega il dirigente "in una collaborazione più stretta, da un lato con Google e altri fornitori software, dall'altro con i costruttori stessi".
Richter: "Disaccoppiare". Software-semiconduttori-auto: è questo il filo rosso di domani. Ma è una linea spezzata, come spiega Richter: "Un'altra grande sfida sarà quella di disaccoppiare i cicli. Un telaio può durare per sempre, il software cambia a una velocità impressionante. Finché non li dividiamo avremo sempre una difficoltà".
Chi li fa i software? "A ognuno il suo". L'ottica del "decoupling" resta valida anche nell'ottica della divisione dei compiti tra Case e tech companies, quando si tratta di sistemi di interfaccia di bordo: "Nel dialogo con i costruttori", aggiunge Richter, "osserviamo due temi portanti: fiducia e investimenti. Per il primo aspetto, l'esperienza che abbiamo avuto finora è che le aziende si fidano di noi, anche perché si può sempre scegliere quali dati condividere e quali no".
Il nodo della capital intensity. "E poi c'è il punto della capital intensity: più funzioni aggiungi, più i software e gli infotainment costano, se li vuoi offrire su scala globale e a fornire prestazioni alte e sempre aggiornate. E il fatto che l'industria si muova verso la decarbonizzazione e le nuove tecnologie come nel campo delle batterie, dove tutti sono al lavoro sullo stato solido, significa che nessuno oggi ha la potenza e il capitale per muoversi da solo. La strada più efficiente? che ognuno si focalizzi sulla sua specializzazione".
Quattroruote Next - "Il destino dellauto è scritto: il futuro è in Asia"
Bisogna farsene una ragione: il baricentro mondiale è sempre più spostato in Asia e lo stesso vale per l'auto, con la "componente europea" che ormai deve accontentarsi di un ruolo secondario a livello globale. Il messaggio, allarmante per le sue possibili conseguenze, è stato lanciato dal palco del forum Quattroruote Next da Gianluca Di Loreto, partner della società di consulenza Bain & Company: "L'Europa ha sempre giocato in attacco nel mondo delle quattro ruote, ma ora si è arroccata in difesa".
Nuovo paradigma. A sostegno della sua tesi, Di Loreto ha presentato una serie di dati difficili da mettere in discussione ("I numeri sono democratici, perché consentono di vedere le cose in modo oggettivo"), partendo dal declino demografico dell'Europa: se nel 1990 gli asiatici erano il quadruplo degli europei, oggi sono sei volte di più e nel 2040 il rapporto salirà a sette. Lo spostamento del baricentro è ancora più evidente per il Pil, che per l'Asia è salito dal 18% del totale globale all'attuale 40%: arriverà al 43% nel 2028, mentre per l'Europa è passato dal 34% al 24% ed è destinato a calare al 22% tra cinque anni. In tale contesto, la Cina è passata dal 6% della ricchezza asiatica al 45% del 2022, mentre l'Italia ha visto una contrazione del suo peso nel Vecchio continente dal 15% all'8%. Tale spostamento è anche legato alle nuove tecnologie, ormai dominate dagli operatori asiatici: a loro fa capo il 68% e l'82% dei brevetti, rispettivamente, per il 5G e per le batterie allo stato solido (è il 62% per i soli cinesi). In sostanza, per Di Loreto le aziende dell'Asia "non stanno solo innovando ormai da diverso tempo, ma lo stanno facendo anche più velocemente" degli occidentali. Inoltre, l'Asia controlla il 50% della catena del valore dei semiconduttori e il 72% delle attività di assemblaggio finale.
L'auto? Sempre più cinese. Non deve dunque sorprendere il crescente peso di Pechino in campo automobilistico. Tra il 2000 e il 2022, la Cina è salita dal 4% al 32% della produzione globale, mentre l'Europa è scesa dal 34% al 19% e il Nord America dal 31% al 17%. E non deve stupire neanche il contributo sempre più forte nelle emissioni annuali di gas serra. L'Asia ne emette cinque volte più dell'Europa: nel 1990 era asiatico il 20% delle 21 milioni di gigatonnellate di CO2 equivalente, ma nel 2021 era già al 53% di 34,2 gigatonnellate, con la sola Cina passata dall'11% al 32%. L'Europa, di contro, è scesa dal 19% al 10% e ha visto un costante calo delle emissioni (-0,6 gigatonnellate contro +14,2). Non solo. Il Vecchio continente ha visto anche una contrazione delle emissioni cumulate da combustione di carburante tra il 2001 e il 2021: è passato dal 18% di 267 al 14% di 885 gigatonnellate, mentre l'Asia è salita dal 21% al 37%. Ecco perchè, per Di Loreto, "combattere il cambiamento climatico è doveroso, ma bisogna tener conto del contesto: il peso dell'Europa si è ridotto progressivamente nel tempo".
Sguardo a est. Dunque, il comparto automotive deve affrontare un destino "in buona parte già scritto" e rivolto a Est. Ma qual è il suo stato di salute? Di Loreto parte, innanzitutto, dalla constatazione che la crisi dei semiconduttori è ormai quasi finita grazie alla crescente disponibilità di chip, legata anche al calo della domanda del settore dell'informatica, e all'aumento della capacità produttiva. Un'altra importante criticità, fortunatamente in via di risoluzione, è rappresentata dai prezzi di acciaio, gas, plastica o gomma, ormai lontani dai picchi dei mesi scorsi. Rimane il problema della crescita inarrestabile di alcune materie prime come litio, rame, manganese o terre rare: il litio, per esempio ha superato i picchi del biennio 2021-22, ma è sempre sopra del 78% sui livelli pre-Covid. A valle della catena del valore, i segnali sono, invece, più negativi. In Europa, dove la domanda è ormai sempre più influenzata dalle politiche ambientali a livello locale o nazionale, le varie crisi degli anni scorsi (pandemia, chip e materie prime) hanno colpito le vendite (il 2023 si chiuderà sotto del 24% rispetto al 2019) e contribuito a uno spostamento del mix verso l'alto.
La scomparsa delle citycar. Il solo segmento A ha visto la perdita di 1 milione di pezzi in Europa e in Italia sta letteralmente scomparendo (dal 19% del 2000 al 14% del 2022 fino al 3% atteso nel 2028). Inoltre, è sempre più forte il peso degli asiatici, passati dal 23% del mercato europeo di inizio secolo al 29% (35% la stima tra cinque anni). Al contempo, i costruttori del Vecchio continente stanno spostando sui segmenti più alti il loro focus sulle elettriche: C, D ed E pesavano per il 52% della produzione continentale nel 2018, ma sono destinati a salire all'80% quest'anno. In poche parole, secondo il partner di Bain, le Case "si sono arroccate sulle fasce di mercato più alte: chi produce elettriche, le produce medio-grandi". In tal modo, però, si sta lasciando spazio libero segmenti bassi ad altri player, soprattutto asiatici, che potrebbero sfruttare, con la loro maggior competitività di costo, la correlazione tra Pil e adozione delle Bev (forti vendite di auto alla spina nei Paesi ad alto reddito, deboli negli altri) e quindi, come "sta già succedendo", conquistare i segmenti bassi. Insomma, il disallineamento tra domanda e offerta è innegabile e lo conferma anche l'andamento dell'usato: i consumatori italiani non comprano il nuovo, rottamano di meno, si tengono il vecchio e così il parco circolante vede la sua età media salire fino ai 12,6 anni del 2022 (erano 11,4 nel 2019). Di conseguenza, si sta manifestando il cosiddetto "effetto Cuba: l'Europa si sta trasformando in un continente vecchio", osserva Di Loreto. "Tutto l'opposto dell'obiettivo iniziale di ringiovanire il parco circolante. L'Europa si sta incartando su obiettivi opposti a quelli che si era prefissati".
Si può ancora reagire. Il settore automotive deve comunque reagire ai trend degli ultimi anni, per esempio tramite acquisizioni e fusioni: il consolidamento in Europa si è manifestato l'anno scorso con 401 operazioni di M&A, a fronte delle 260 del 2017 (+54%). Anche l'Italia ha avuto un ruolo in questa partita, con 21 transazioni nel 2022, per la maggior parte nella meccanica di precisione, ma il nostro Paese ha ancora una lunga strada da percorrere per assumere una posizione di leadership sulle nuove tecnologie. In tal senso, è necessario investire sul consolidamento europeo per difendere l'industria da una nuova e probabile guerra dei prezzi e proteggere i componentisti, in particolare in Italia, e ancora di più aumentare la spesa in Ricerca e Sviluppo. Solo così si potra "rinnovare e reinventare la filiera", per chiudere il divario e affrontare ai cambiamenti in atto nel comparto.
Quattroruote Next - "L'Europa ha bisogno di visione, ma il Green Deal non si tocca"
"Il tema di fondo sul lungo periodo non è solamente lo sbilanciamento sulle tasse d'importazione: è quello di fare una strategia che permetta all'Europa di giocare con le stesse regole di americani e cinesi e di posizionare la propria industria in questa transizione". Esordisce così Luca de Meo, nell'intervista rilasciata al direttore di Quattroruote, Gian Luca Pellegrini: un dialogo che inizia commentando l'arrivo in massa dei costruttori cinesi sui mercati europei e la recente indagine anti-dumping annunciata dalla Commissione. La fotografia scattata dall'amministratore delegato del gruppo Renault apre i lavori della prima edizione di Quattroruote Next e si concentra sul fenomeno favorito dal know-how che Pechino ha accumulato negli anni sulla tecnologia elettrica. E che dopo l'ingresso in campo di Bruxelles ha assunto un notevole risvolto politico. L'innalzamento di nuove barriere doganali, osserva de Meo, non basterà, perché queste, da sole, non sono sufficienti a dare indirizzo all'economia e all'industria del nostro continente. Né, soprattutto, ad assicurarne la competitività.
L'indagine, fortemente voluta da Parigi, è una vittoria politica della Francia e una sconfitta della Germania?
"Credo sia una strumentalizzazione. L'Unione Europea ha tutto il diritto di fare queste cose e lo fa in tutti gli ambiti, così come lo fanno gli Stati Uniti e la Cina. facile arrivare alla conclusione che siccome i tedeschi sono molto integrati nell'ecosistema cinese hanno meno interesse, ma credo siano delle congetture che lasciano il tempo che trovano. Più a lungo termine, in Europa abbiamo bisogno di una strategia industriale sull'automobile e non è sufficiente impilare una sull'altra delle regolamentazioni, delle scadenze e delle multe per fare una strategia. Le autorità devono anche capire che molti dei problemi che noi affrontiamo in questa transizione tagliano trasversalmente i settori e spetta alla politica coniugare automobile, energia, infrastrutture, software per creare una strategia. Sono questioni che non si affrontano nel giro di sei mesi o di un anno: i cinesi sull'elettrico hanno iniziato vent'anni fa, così come la Tesla. Sono conoscenze che possiamo accogliere per creare un ecosistema qui, a patto di gestire le condizioni con cui arrivano questi nuovi player. Quando siamo andati in Cina ci sono state delle condizioni da rispettare e noi abbiamo tutta la legittimità per pretendere che quando qualcuno arriva nell'arena europea debba rispettare qualche regola del gioco. Detto questo, il protezionismo sul lungo termine non basta e genera inefficienza".
La Francia ha modificato i propri incentivi per ostacolare l'arrivo di prodotti cinesi: è una misura che produrrà effetti concreti?
"Oggi tutte le regolamentazioni europee sono legate all'utilizzo del prodotto e non si guarda a quello che c'è prima e quello che c'è dopo. Io ho sempre spinto, invece, per calcolare l'impatto sul "cradle to grave", quindi dalla culla alla tomba: se fossimo capaci di costruire la regolamentazione su questa filosofia metteremmo tutto in ordine. Io sono un produttore europeo e ho un costo dell'energia anche doppio rispetto al mio concorrente cinese, perché nel mix ho molte rinnovabili e lui può utilizzare il carbone.
Come si risolve l'anomalia italiana? Da noi le auto elettriche non si vendono proprio...
" un processo classico, non mi sorprende per niente: in Europa le nuove tecnologie si sono sempre diffuse dal Nord al Sud. Tutti ci aspettiamo che l'Italia si agganci al treno il più velocemente possibile perché è un grande mercato, ma dipende da potere d'acquisto, infrastrutture e altri fattori. E poi il mercato dell'elettrico è molto sensibile agli incentivi: non è ancora un mercato naturale dettato solo dalla domanda dei clienti. Poi, bisogna scegliere il giusto target: la transizione all'inizio verrà pagata da chi ha potere d'acquisto, un garage, può installare un caricatore e pagare di più per auto strutturalmente più care. Inutile dare soldi a chi i soldi ce li ha già".
Quali sono stati gli errori dell'Europa? Aver stabilito una scadenza per i motori termici è una forzatura?
"All'inizio sia la Renault, sia la Francia avevano spinto per posticipare il phase-out al 2040. Poi avevamo sempre detto di rispettare il principio di neutralità tecnologica, ma in questo caso l'Europa ci porta a una sola tecnologia. Rimango convinto che il regolatore ci debba dire dove vuole andare, ma non come arrivarci. I tempi saranno molto molto stretti: una volta che le regole sono fatte il mio lavoro non è contestarle, ma mettere l'azienda in condizione di rispettarle. Stiamo cercando di fare in modo che il marchio Renault possa essere 100% elettrico entro il 2030. Poi abbiamo un piano B con la Dacia e altre vetture a livello internazionale su cui manterremo dell'ibrido, ma le regole sono fissate e in Europa saremo pronti a osservarle".
In vari Paesi si nota un raffreddamento sulla transizione: ci si sta rendendo conto che non è semplice sul piano sociale?
"Sono anni che lo raccontiamo, ma non dobbiamo mollare e approfittarne per dire che questo passaggio non serve a niente. L'Europa ha perso molte opportunità per anticipare certe tendenze, pensiamo alla digitalizzazione, e sono convinto che tutta l'idea che c'è dietro il Green Deal sia una grande missione collettiva. In questo ce la possiamo ancora giocare con i cinesi e gli americani, anche perché su questi temi abbiamo una sensibilità culturale più forte. Dobbiamo lottare perché il Green Deal si faccia, perché farà dell'Europa un posto più competitivo in settori rilevanti per il futuro dell'umanità".
Ci sono margini di modifica al "Fit for 55" o al Green Deal?
"Per quello che ci riguarda è prevista una clausola di revisione al 2026, ma sono convinto che sperare nel fatto che si torni indietro sia strategicamente un errore: tra l'altro, non è efficiente nemmeno da un punto di vista economico. Pensiamo a cosa accadrebbe se a un certo punto ci dicessero "abbiamo scherzato": molti di noi hanno già messo a terra miliardi di investimenti, quindi il treno è già partito. Il tema è come farlo andare avanti, non come farlo tornare in stazione. Il 2026 è l'opportunità di correggere qualcosa, ma non dobbiamo perdere l'occasione di andare in questa direzione, perché è buono per l'Europa, per l'economia europea e per la società".
L'automobile ha sbagliato qualcosa nello spiegare la transizione?
"Sì, perché secondo me non siamo stati coesi e coerenti nel messaggio. difficile perché siamo concorrenti: lo vedo molto all'Acea (l'associazione dei costruttori europei di cui de Meo è presidente, ndr). Ascoltando le storie dei soci, penso che siamo stati spesso difensivi e non obiettivi portando nella conversazione il nostro punto di vista. Sul dibattito intorno all'Euro 7, mi sono ritrovato a spiegare ad autorità europee che il suo costo era dieci volte tanto quello che ci stavano dicendo. Ci dev'essere più fiducia: noi siamo qui per far avanzare l'economia e per dire che l'automobile è importante per l'Europa".
Esiste il rischio che l'auto torni a essere un oggetto di privilegio?
"Siamo in un mercato di sostituzione, per cui la logica del volume e del mettere vetture da tutte le parti non è più "dans l'air du temps". Il mercato europeo non tornerà mai ai livelli pre-Covid, anche perché i prezzi sono aumentati e tecnicamente il prodotto diventa sempre più sofisticato. Ma la regolamentazione europea ha spinto a un remix verso l'alto: questo ha avvantaggiato i costruttori premium, ma ha messo in grossa difficoltà aziende come noi e come Stellantis. E questa cosa va corretta, perché altrimenti l'industria viene percepita come elitista e lontana dalle esigenze della mobilità di tutti, che invece è un diritto fondamentale. Una delle cose che si potrebbe fare è correggere una regolamentazione, che ci sta spingendo a sovraccaricare il prodotto di tecnologia non completamente necessaria".
Il baricentro dell'auto si sposterà definitivamente a Oriente?
"La Cina è già il primo produttore ed esportatore, come già in altri settori, che hanno trasferito completamente la parte di manufacturing. Io penso che dobbiamo lottare per mantenere la capacità produttiva in Europa, come le attività di ricerca e sviluppo, perché i cinesi sono già molto forti sul fronte del'innovazione. Siamo in competizione e siamo qua per dimostrare che lo spostamento non sarà ineluttabile".
Quattroruote Next - "Cè un divario tra le decisioni di Bruxelles e la realtà del mercato"
Resilienza e competitività sono tra le parole chiave dell'automotive italiano. Una galassia fatta di piccole, medie e grandi imprese per le quali la transizione è una sfida che apre nuove prospettive. Laura Confalonieri, vicedirettore di Quattroruote, ne ha parlato con due Cavalieri del Lavoro al vertice di imprese familiari diventate multinazionali: Ali Reza Arabnia, presidente e ceo di Gecofin, e Marco Tronchetti Provera, vicepresidente esecutivo della Pirelli. Proprio quest'ultimo ha esordito con una critica alla politica europea: "Questa sfida va affrontata senza far prevalere atteggiamenti ideologici, ma utilizzando al meglio le tecnologie esistenti. C'è un gap tra le decisioni di Bruxelles e la realtà del mercato". E questo sarà uno dei problemi che l'Unuone Europea dovrà risolvere per non condannare un intero settore.
Il cambio di paradigma che l'industria sta vivendo impone ad alcuni di evolversi e ai fornitori di essere più sostenibili. Come possono essere compatibili queste esigenze?
Ali Reza Arabnia: "Abbiamo pensato a questa questione nel 2005, abbiamo fatto un progetto strategico per il 2020 per migliorare la verniciatura, i cui reparti sono i più inquinanti del settore. Il nostro era un piano estremamente ambizioso, ma l'abbiamo fatto per proporre qualcosa in quegli anni era un unicum per il settore: risparmiare energia per ridurre i costi di produzione. Le case automobilistiche europee, però, non sono mai le prime a voler utilizzare una tecnologia innovativa. Le stesse case cinesi, invece, fanno impianti a bassissimo costo per il mercato locale, ma quando vogliono creare modelli per l'Europa fanno investimenti importantissimi, a livello di quelli che si c'erano in passato in Europa. Se ogni due anni mostri quello che stai facendo, man mano anche i produttori classici iniziano a interessarsi alle nuove tecnologie che consentono di ridurre l'impatto ecologico. Oggi tutto questo è moda, con i clienti che ci chiedono di vedere queste soluzioni e di averle per loro".
Serve una strategia comune per affrontare i nuovi competitor: quale può essere?
Marco Tronchetti Provera: "Adesso hanno creato questo nuovo ruolo per Mario Draghi per la competitività dell'Europa. Non abbiamo materie prime e capacità produttive a livello tecnologico per competere con Cina e Stati Uniti. necessario che cambino gli approcci nella ricerca delle materie prime. L'Europa sembra andare verso un percorso di localizzazione, ma così non si va lontano. Vediamo se cambia qualcosa".
Ali Reza Arabnia: "Voi italiani siete maestri nel criticare voi stessi. Ma chiedetevi: come fa un Paese con una burocrazia assurda, una politica che è quella che è, un sistema giudiziario che premia i furbi... ecco, come fa l'Italia a essere ancora oggi uno dei Paesi più importanti al mondo a livello industriale? L'anno scorso ho comprato un'azienda tedesca: con tutto il rispetto per gli stranieri, un italiano produce tre, quattro volte più di un giapponese e 4,6 volte più di un tedesco La capacità creativa che c'è in questo Paese e tutti i suoi problemi creano delle persone che sanno affrontare il mondo in un modo diverso da quello di chiunque altro. Dobbiamo vedere le risorse che abbiamo e la risorsa più importante d'Italia è la gente. E teniamo due bacini fermi, i giovani e le donne: come possiamo motivarli e lavorare su questo, invece di continuare a lamentarci? Abbiamo delle opportunità incredibili a livello industriale: dobbiamo essere coraggiosi come siamo sempre stati".
Il reshoring può essere ancora una soluzione di competitività?
Marco Tronchetti Provera: "Il reshoring non è tanto un tema italiano, ma più americano. Hanno posto dazi a certe produzioni come Cina e Russia che sono sotto vincoli sanzionatori. Siamo andati in giro a vendere un prodotto italiano che produciamo localmente e questo è uno dei motivi del successo nostro e di altri imprenditori italiani. Dobbiamo incentivare la ricerca, le università italiane sono ottime, abbiamo intelligenze che nel mondo sono leader: dobbiamo lavorare sullo sviluppo della ricerca. Se a un italiano dai un incentivo a far bene, lui fa bene. Se un italiano ci crede, lavora anche il sabato e la domenica. Un tedesco o un americano no, già il venerdì iniziano a essere nervosi".
I policy maker stanno creando incertezza anche per la supply chain. Quanto pesa questo per chi deve programmare investimenti con largo anticipo?
Ali Reza Arabnia: "Ha detto bene Luca de Meo, sul 2035 non possiamo fermarci. Non penso che 5-600 miliardi di investimenti dell'industria dell'auto nella trasformazione energetica possano diventare uno scherzo. Ho avuto la fortuna di coordinare i Cavalieri del Lavoro che operano nell'automotive e siamo tutti favorevoli alla decarbonizzazione, ma la domanda che ci facciamo è: stanno facendo qualcosa sulle infrastrutture di produzione dell'elettricità? Riusciamo con l'energia rinnovabile a ad avere la capacità necessaria per alimentare le auto elettriche? Le aziende stanno lavorando sulla transizione, ma non so chi fa le leggi quanto ci stia lavorando".
Quattroruote Next - "La sostenibilità deve essere inclusiva"
La prima edizione di Quattroruote Next, il forum di Quattroruote sul futuro della mobilità sostenibile, non poteva non essere introdotta dal nostro direttore, Gian Luca Pellegrini: "Il settore automobilistico", ha spiegato Pellegrini, è da alcuni anni alle prese con una "tempesta perfetta", una fase turbolenta e dinamica che presenta al contempo rischi e opportunità. L'attenzione, quindi, deve essere massima e la barra dritta affinché la spinta alla sostenibilità ambientale non lasci indietro nessuno. Perché il progresso "è di tutti, oppure non è".
Di seguito, una sintesi dell'intervento.
Rivoluzione in corso. "Il Covid ha segnato un prima e un dopo nella storia dell'umanità e altresì un momento catartico per il mondo della mobilità, il cui processo di trasformazione, che già aveva preso abbrivio a partire dal Dieselgate, ha subito stravolgimenti francamente imprevedibili. Per riassumere quanto accaduto in questi tre anni e mezzo userò una formula abusata ma efficace: l'auto ha vissuto la tempesta perfetta. Di questa tempesta, l'onda più grande è stata ed è tuttora il percorso di decarbonizzazione intrapreso dall'Europa volto all'affrancamento dalle fonti fossili. L'Europa ha dato un'accelerazione straordinaria, approvando quel Fit for 55 che stabilisce la roadmap che porta al 2035 e all'abbandono dell'endotermico. Quattroruote non ha nascosto le proprie perplessità per il metodo regolatorio e tecnico. Se proseguire il percorso di decarbonizzazione era doveroso, decidere a tavolino che esiste un'unica soluzione per raggiungere gli obbiettivi ha fatto strame del concetto di neutralità tecnologica e ha tradito un approccio tecnico pregiudiziale".
Dogma contro realtà. "Sotto il profilo tecnico, l'elettrico è la più grande novità dell'auto da decenni, rappresenta una delle più efficaci soluzioni per ridurre le emissioni locali. Però tali aspetti diventano paradossalmente marginali, a nostro avviso, di fronte alle considerazioni sistemiche che tale cambio di paradigma introduce, a partire dall'assenza di un'adeguata politica energetica volta a far crescere le fonti rinnovabili fino alla cessione di sovranità tecnologica a un regime - quello cinese - abituato a giocare secondo regole che non prevedono reciprocità fra economie concorrenti. L'ingenuità strategica di Bruxelles - preferisco pensare che di ingenuità si tratti - non ha retto alla verifica della realtà".
La Cina e il cambiamento globale. "L'Europa, per inseguire l'obbiettivo della decarbonizzazione, sta rinunciando alla propria impronta industriale e la morsa dei concorrenti globali si fa sempre più stretta. Da un lato, la Cina si fa sotto forte di un vantaggio competitivo sui costi industriali del 30% e del controllo dell'intera filiera elettrica. Dall'altro, gli americani si sono blindati con l'Inflation Reduction Act, chiudendo uno sbocco altrettanto importante. Siamo di fronte a uno shift di portata globale: l'auto sta diventando sempre più un prodotto asiatico. Il 60% dei veicoli prodotti globalmente ha origine nelle fabbriche orientali. Sullo sfondo di un mercato ancora lontano dai volumi pre-pandemia, stanno insomma venendo a galla le implicazioni di una trasformazione progettata inseguendo un'ideologia. giusto chiedersi se e come la transizione possa essere realizzabile senza compromettere la competitività dell'auto europea. E ce lo dobbiamo chiedere con la consapevolezza che la nave ha ormai lasciato il porto e non vi farà ritorno".
L'accettazione è un problema. "Il pubblico non sente come proprio il cambiamento e spesso lo vede come una minaccia. Come affrontare questo disincanto collettivo, che si riflette in uno spettacolare e generale rifiuto dell'elettrico, considerato un gioco da happy few che si possono permettere di ostentare la loro sensibilità ambientale? Sicuramente, una leva può essere quella di rimodulare il meccanismo degli incentivi, come chiesto dalle associazioni, includendo flotte e aziende e alzando la soglia di spesa. Ma se non vogliamo spingere fuori dal mercato centinaia di migliaia di persone è necessario agire in modo più incisivo sul circolante. Si tolgano dunque le tasse - tutte - dai passaggi di proprietà in caso di miglioramento della classe ambientale e si reintroducano gli incentivi usato contro usato varati nel 2021 e vanificati da un'applicazione bizantina e dalla speculazione di alcuni dealer".
Il nostro contributo. "Basterà? No. Serve uno sforzo collettivo per raccontare i valori positivi della transizione senza assecondare posizioni pregiudiziali il cui unico risultato è di radicalizzare il dibattito. Bisogna agire sulla consapevolezza della collettività. Per farlo è necessario un cambio di passo nella narrazione. La politica ha contribuito a polarizzare il confronto. Analoga strumentalizzazione è stata sovente ripresa dai media, con qualche eccezione. Mi piace pensare che fra queste eccezioni ci sia Quattroruote. E la stessa industria, che ha tutti gli interessi affinché la transizione prenda abbrivio, sembra muoversi in ordine sparso, dando messaggi talora contraddittori che non scalfiscono il muro d'indifferenza della gente. Mi affido alle parole di Luca de Meo in una recente intervista: "C'è bisogno di fonti credibili, che spieghino i vantaggi e anche i limiti dell'elettrico. Per questo una corretta informazione passa per i media specializzati, che hanno il compito di guidare il consumatore andando in profondità: altro che gli influencer". Dal canto nostro, ci proveremo. La nostra intenzione, infatti, è di raccontare come l'evoluzione tecnologica dell'automobile sia parte integrante di un processo di cambiamento etico che investe la società, non un compliance product fatto per schivare le multe comunitarie. Per farlo, affiancheremo alla nostra usuale produzione nuovi prodotti editoriali. Il primo si chiama Volt, nasce come allegato al numero di novembre ma inevitabilmente avrà una declinazione digitale sui vari canali del sistema Quattroruote".
Il progresso deve essere per tutti. "Ci stiamo avviando su una strada che porta a negare il diritto alla mobilità privata a un numero sempre maggiore di persone. La società è pronta per questa rivoluzione copernicana? L'industria subirà passivamente il suo ridimensionamento? Dobbiamo accettare l'idea che la motorizzazione di massa sia ormai un'utopia? A noi, che siamo nati nel 1956 proprio per accompagnare un'onda di cambiamento che iniziava a travolgere la società, questa prospettiva non piace. Attenzione, non stiamo dicendo che l'automobile debba invadere le città. Troppe macchine ferme nel traffico fanno male alle città e pure alle macchine stesse. imperativo ridurre il tasso di motorizzazione con mezzi davvero a emissioni zero, il che significa sviluppare a velocità ben superiori alle attuali le fonti d'energia rinnovabile. Ma dev'essere un processo graduale che non lasci nessuno indietro. Un percorso virtuoso in cui i nuovi paradigmi della mobilità si fondino su una diversa consapevolezza volta all'inclusione, non alle prerogative di chi può. L'intento di Quattroruote Next è di riportare al centro del dibattito pubblico - coinvolgendo i principali stakeholder della mobilità - i principi di concretezza, neutralità tecnologica e uguaglianza, ricordando che la sostenibilità è un valore democratico, e non un privilegio. Il progresso, o è di tutti oppure non è".
Quattroruote Next - Una fusione Brembo-Pirelli? "Bello, ma nulla di concreto"
Al forum Quattroruote Next hanno partecipato molti imprenditori dell'automotive e tra questi spicca la presenza delle prime due aziende di componentistica italiane, la Brembo e la Pirelli. L'evento è stato anche l'occasione per tornare su un dossier che circola spesso negli ambienti finanziari, ossia le nozze tra le due società e la contestuale creazione di un colosso della filiera con oltre 10 miliardi di euro di ricavi. A scanso di equivoci, sul tavolo non c'è ancora nulla di concreto, ma l'idea di un matrimonio non è peregrina. Per capire bastano le dichiarazioni di Alberto Bombassei, fondatore e presidente emerito del produttore bergamasco di freni, e Marco Tronchetti Provera, numero uno della multinazionale della Bicocca.
Bel matrimonio. "Sarebbe una bella cosa, ma al momento non c'è nulla di serio", ha replicato Bombassei alle domande dei cronisti sulle possibili nozze. "Personalmente, sono amico di Tronchetti Provera e sono stato nel cda di Pirelli. Ho una grande ammirazione per questa azienda. In questo momento i nostri sono due settori che si contattano perché vicini nel business: freni e pneumatici. A questo si aggiunge il fatto che i nostri business valgono anche per l'elettrico", ha concluso l'imprenditore bergamasco. Dello stesso tono le dichiarazioni della controparte: "Bombassei è un amico e la sua è una bellissima azienda italiana. Ma, come ha detto lui stesso, al momento non c'è niente", ha argomentato Tronchetti Provera. "Chiaramente guardiamo a tutto il mondo, cercando di trovare percorsi in cui si crea valore insieme, ma al momento non c'è nulla". Dunque, il dossier non è (ancora) aperto, ma le riflessioni in merito non mancano e sono di altissima caratura.
Quattroruote Next - "Le tecnologie per il riciclo delle batterie vanno sviluppate: l'Italia corre"
L'elettrico è il futuro dell'auto, ma non mancano problemi da affrontare, a partire dalla necessità di migliorare le tecnologie per il riciclo delle batterie. Anche questo tema è stato affrontato durante il Quattruote Next e a parlarne è stato Giuliano Maddalena, amministratore delegato del sistema di consorzi Safe (Ecoped, Ridomus, Ecopower e Pneulife). Secondo il top manager, le tecnologie in questione siano ancora tutte da sviluppare, ma l'Italia "sta cercando di correre" come dimostra l'imminente apertura di un impianto pilota da parte della Midac.
Risorsa scarsa. Maddalena, nel suo discorso al nostro forum, ha evidenziato la necessità di migliorare e intensificare il riciclo delle batterie, delineando un quadro di probabili tensioni nel campo delle materie prime in scia "al sensibile aumento della domanda": quest'ultima è legata all'elettrificazione non solo dell'auto, ma anche a quella di diversi altri comparti produttivi. Alcune materie prime, come il litio, sono abbondanti in natura e vengono estratte in diversi Paesi del mondo, ma sta pian piano sta emergendo un problema: la loro lavorazione è concentrata in poche aree, soprattutto in Cina. Inoltre le varie materie prime, prese singolarmente, sono tutte riciclabili, ma se vengono combinate tra loro o con altri materiali, il "riciclo non è immediato, anzi diventa difficile". Questo vale per l'auto termica. Per l'elettrica, la situazione rischia di diventare ancor "più complicata" perché l'attuale ecosistema del riciclo non ha competenze e tecnologie per affrontare i problemi legati alle Bev. Per esempio, la "tecnologia per il riciclo delle batterie al litio è tutta da sviluppare". il caso dell'impianto pilota che sarà aperto l'anno prossimo dalla Midac. Per Maddalena sarà "avveniristico, avrà processi innovativi e consentirà livelli di riciclo superiori al 70%".
Non si torna indietro. In ogni caso, secondo il numero uno del consorzio Safe, "bisogna correre e l'Italia sta cercando di farlo". Anche perché, come dicono ormai tutti, "non si può tornare indietro" sulla strada dell'elettrificazione. Due, però, sono i problemi da affrontare nell'immediato. Innanzitutto, il costo elevato: riciclare batterie al litio costa 3 mila euro alla tonnellata. Pertanto, per Maddalena, "bisogna stare attenti a evitare che si trasformino in rifiuti perché le spese elevate fanno sparire i rifiuti", come avvenuto nella Terra dei fuochi. Poi c'è il tema della sicurezza dei trasporti. Ma di certo la "strada non si ferma. E bisogna percorrerla".
Euro 7 - Dal Parlamento Ue una prima proposta di "compromesso"
Primo passo del Parlamento europeo verso la definizione del proprio orientamento sugli standard Euro 7. Con il voto favorevole di 52 membri, 32 contrari e un'astensione, la Commissione Ambiente (Envi) ha adottato la propria posizione in vista della plenaria dell'Europarlamento che dovrà approvare il parere da sottoporre alla procedura negoziale del cosiddetto Trilogo. In sostanza, la commissione ha assunto una posizione intermedia tra quella severa della Commissione europea e quella più morbida del Consiglio Ue. Vediamo, dunque, quali sono i principi cardini del testo approvato dalla Commissione Envi.
Tempi più lunghi. "I deputati - si legge in un comunicato - concordano con i livelli proposti dalla Commissione per le emissioni inquinanti (come ossidi di azoto, particolato, monossido di carbonio e ammoniaca) per le autovetture e propongono un'ulteriore suddivisione delle emissioni in tre categorie per i veicoli commerciali leggeri in base al loro peso. Il testo adottato propone limiti più severi per le emissioni dei gas di scarico degli autobus e dei veicoli pesanti, compresi i livelli fissati per le emissioni in condizioni reali di guida. Le norme di emissione attualmente in vigore (Euro 6/VI) si applicherebbero fino al primo luglio 2030 per auto e furgoni e fino al primo luglio 2031 per autobus e autocarri". In pratica, si tratta di tempi di applicazione molto più lunghi rispetto a quelli proposti dalla Commissione europea, che ha indicato l'entrata in vigore, rispettivamente, per il 2025 e il 2027.
Standard internazionali. Il testo prevede anche un allineamento delle metodologie di calcolo e dei limiti per le emissioni di particelle dei freni e il tasso di abrasione dei pneumatici con gli standard internazionali attualmente in fase di sviluppo da parte delle Nazioni Unite. "Queste regole si applicherebbero a tutti i veicoli, compresi quelli elettrici", prosegue il comunicato, aggiungendo che il testo prevede pure "requisiti minimi di prestazione più elevati per la durata delle batterie per autovetture e furgoni rispetto a quelli proposti dalla Commissione". L'Envi ha anche proposto altre misure, tra cui "un passaporto ambientale dei veicoli aggiornato contenente informazioni quali consumo di carburante, salute della batteria, limiti di emissioni, risultati delle ispezioni tecniche periodiche; requisiti di durata più severi per veicoli, motori e sistemi di controllo dell'inquinamento; obbligo di installare a bordo sistemi per il monitoraggio di diversi parametri come le emissioni di scarico in eccesso, il consumo reale di carburante ed energia e lo stato della batteria; norme specifiche per i produttori di piccoli e piccolissimi volumi".
I commenti politici. "Siamo riusciti a trovare un equilibrio tra gli obiettivi ambientali e gli interessi vitali dei produttori", ha spiegato il relatore Alexander Vondra. "Sarebbe controproducente attuare politiche ambientali che danneggiano sia l'industria europea che i suoi cittadini. Attraverso il nostro compromesso, serviamo gli interessi di tutte le parti coinvolte e ci teniamo alla larga da posizioni estreme". Per l'eurodeputato di Forza Italia-Gruppo PPE, Massimiliano Salini, relatore dell'opinione sul nuovo regolamento Euro 7 in Commissione Industria (Itre), il voto odierno rappresenta "un passo nella giusta direzione, fatto grazie alla concretezza del Partito Popolare Europeo, che si conferma il fulcro di un approccio realistico alla transizione ecologica, capace di tutelare le nostre imprese e migliaia di posti di lavoro. L'obiettivo è migliorare ulteriormente, con il prossimo voto in plenaria, il testo approvato questa mattina, che accoglie molte delle nostre priorità". "Oggi, in Commissione Envi registriamo un altro dato politico importante: per l'ennesima volta, il Gruppo PPE ha coagulato attorno a sé una maggioranza in grado di marginalizzare gli estremisti green e smantellare i passaggi più ideologici della proposta iniziale della Commissione europea, irricevibile in quanto avrebbe imposto alle case produttrici target insostenibili, a fronte di benefici ambientali irrilevanti", aggiunge Salini. "La battaglia continua in vista del voto finale in plenaria dove, tra gli emendamenti, proporremo anche una definizione di 'Carburanti Co2 neutri' che includa i biofuel sostenuti dall'Italia accanto agli e-fuel della Germania, sul modello del testo approvato a luglio in Commissione Itre e di cui sono relatore: contro la transizione forzata all'auto elettrica, la nuova definizione muove dal principio di neutralità tecnologica e consentirebbe l'immatricolazione di veicoli con motori a scoppio di ultima generazione anche dopo il 2035".
La filiera è divisa. Dall'industria, invece, arrivano commenti contrastanti. Per l'Acea, il voto "riflette meglio le preoccupazioni sulla proposta della Commissione europea". Tuttavia, secondo l'associazione dei costruttori, "sono ancora necessari ulteriori miglioramenti. Da tempo sosteniamo obiettivi per l'Euro 7 e condizioni di prova che non rendano i veicoli inaccessibili né mettano a repentaglio la competitività del settore, con un beneficio ambientale minimo o nullo", aggiunge il direttore generale Sigrid de Vries. "Non dobbiamo sottovalutare gli enormi progressi compiuti dai costruttori europei nella riduzione delle emissioni inquinanti del trasporto su strada negli ultimi anni. semplicemente scorretto descrivere i veicoli Euro 6 come "altamente inquinanti" come fanno alcune parti interessate. La normativa Euro 6 ha prodotto risultati e continua a farlo". Infatti, l'Acea sottolinea una riduzione delle emissioni di oltre il 90% e ribadisce la possibilità di "miglioramenti assai maggiori della qualità dell'aria sostituendo i veicoli più vecchi sulle strade dell'Unione con modelli Euro 6 altamente efficienti, parallelamente alla transizione all'elettrificazione". Di conseguenza, viene ribadito l'invito ai "deputati di votare per un regolamento Euro 7 ragionevole e proporzionato". L'associazione dei produttori di componentistica Clepa, invece, parla di un "indebolimento" della proposta della Commissione europea e di un compromesso che esclude obiettivi ambiziosi. Per il segretario generale Benjamin Krieger, "un Euro 7 debole, con un'attuazione ritardata, non produrrà un'aria più pulita, né stimolerà l'innovazione nell'Ue. La tecnologia per un Euro 7 più ambizioso c'è, ed è economicamente sostenibile. L'Europa non dovrebbe rimanere indietro rispetto alla Cina e agli Stati Uniti, che hanno entrambi fissato obiettivi ambiziosi sulle emissioni inquinanti".
Autobest - Le finaliste dell'edizione 2024
La ventitreesima edizione di Autobest entra nel vivo con l'annuncio delle finaliste e dei premi speciali. La giuria europea ha infatti scelto le quattro vetture, tutte disponibili solo o anche con un powertrain elettrico, che si sfideranno per l'assegnazione del premio BestBuy Car of Europe 2024. La vincitrice sarà annunciata a metà dicembre e le premiazioni si svolgeranno all'Awards Gala in Lussemburgo più avanti nel 2024.
Fiat, Jeep, Hyundai e BYD in finale. La sfida, ora, è tra la Fiat 600e, la BYD Dolphin, la Hyundai Kona e la Jeep Avenger. Tutti questi modelli offrono il powertrain elettrico (in gamma o come unica opzione), un segnale forte legato all'attuale tendenza del mercato: stupisce, in particolare, la presenza della BYD, entrata da pochissimo tempo in Europa e già capace di attirare l'attenzione della critica e del pubblico. I giudici si riuniranno in Austria a fine novembre per i test finali.
I premi già assegnati. Nel frattempo, sono stati già ufficializzati due prestigiosi premi: la Porsche ha vinto il titolo Companybest 2024 grazie ai suoi importanti successi commerciali e strategici, mentre il premio Manbest 2024 Hall of Fame è stato assegnato a Denis Le Vot, ceo della Dacia. La giuria, infine, ha inserito Gilles Vidal, responsabile del Design del Gruppo Renault, nella Designbest Hall of Fame. Nelle prossime settimane saranno annunciati anche i vincitori degli altri titoli in palio, Ecobest, Safetybest, Smartbest, Sportbest e Technobest.
Incidenti - Monopattini elettrici: è boom di sinistri gravi
Nel report 2022 Aci-Istat sugli incidenti stradali gravi in Italia, il dato sui monopattini elettrici fotografa una sorta di bollettino di guerra: parliamo, infatti, di 2.929 sinistri con 16 morti, in aumento del 78% sul 2021. Numeri molto preoccupanti anche per le bici elettriche, a quota 1.113 incidenti e 20 morti (+54%), mentre il quadro generale descrive 165.889 incidenti (+9%) e 3.159 vittime (+10%).
Le possibili cause. L'impennata dei decessi che riguarda la cosiddetta mobilità dolce non ha una spiegazione ufficiale. L'ipotesi più probabile, però, è l'impennata di monopattini e bici elettrici in circolazione, sia di proprietà sia in sharing, con un conseguente incremento delle percorrenze medie. Il tutto favorito dalla creazione di ciclabili nelle città, specie a Milano, Roma e Torino: dei 16 incidenti mortali su monopattino, infatti, quattro sono avvenuti all'ombra della Madonnina, tre nella capitale e due nel capoluogo piemontese. Ormai dal 2020, anno dell'esplosione della micromobilità, il legislatore pensa a nuove regole per porre un freno ai sinistri: nel disegno legge di riforma del Codice della strada sono previste regole come l'obbligo di targa (così da individuare i trasgressori). Se le norme diventeranno realtà, anche i maggiorenni dovranno indossare il casco, prescrizione ora valida solo per i minori. Intanto in Europa, di fronte all'escalation di incidenti, qualche realtà ha iniziato a fare retromarcia: l'1 settembre, Parigi ha stoppato i monopattini in sharing. Tanto per cominciare