Ford Mustang GTD - Da muscle car a supercar
Fra le sportive europee e quelle americane esiste da sempre un importante divario filosofico: agili e maneggevoli le prime, pesanti, potentissime e a loro agio più sul dritto che in curva le altre. Un approccio culturale differente che ha origine, tra gli altri, dalla conformazione stessa delle strade statunitensi: chilometri di rettifili e svolte a novanta gradi, curve quasi inesistenti; necessità di viaggiare in gran comodità e con propulsori di grossa cubatura, per macinare miglia su miglia senza sforzo; ancora, un'idea stessa delle competizioni che predilige gli spari rettilinei oppure, se c'è da curvare, lo si fa soltanto a sinistra per centinaia di volte consecutivamente. I frequenti duelli al Goodwood Revival fra le minuscole Mini Cooper che tengono testa alle titaniche Ford Galaxie 500, tanto per dire, sono un Davide contro Golia che rende perfettamente l'idea del concetto. GTD, che non vuol dire turbodiesel... Tuttavia, negli ultimi anni le cose hanno preso una piega diversa e questa Ford Mustang GTD è l'espressione più cristallina di tale cambiamento. Nata pony car e divenuta muscle car, l'iconico cavallo selvatico dell'Ovale Blu si trasforma oggi in supercar per necessità sportive, da quando cioè si è voluta cimentare nelle competizioni GT3 (GTD negli Usa Gran Turismo Daytona da cui la sigla) per lottare ad armi pari con le europee Aston Martin, Ferrari, Lamborghini e Porsche. Quella che abbiamo guidato in esclusiva, dunque, è il derivato stradale per pochi fortunati soltanto. Da 370 mila euro. Esclusiva la GTD lo è per la tiratura (fra i 300 e i 700 pezzi, ancora da definire il numero esatto) e per il prezzo, dieci volte tanto quello di una Mustang base: 370.000 euro. Ma non basta l'assegno: per averla bisogna assicurare alla Ford che se ne farà buon uso, promettendo che non verrà rinchiusa in un box per sempre, ma condivisa con il resto del mondo partecipando ad eventi e track day.Nasce negli Usa, ma si trasforma in Canada. Cosa rende così speciale questa GTD? Con le altre Mustang, questo razzo condivide ben poco: la nuda scocca, lavorata nello stabilimento di Flat Rock in Michigan, viene spedita per l'assemblaggio completo nell'Ontario, in Canada, presso la Multimatic, colosso nella fornitura di innumerevoli componenti per i costruttori auto specie sul fronte della telaistica con un bel background anche nel motorsport e nella prototipazione e produzione di super e hyper car. Qualche esempio: realizza il telaio della Porsche 963 che gareggia nel Wec e nell'Imsa, si è occupata di mettere assieme l'Aston Martin Valkyrie e la Mercedes-AMG One (nonché la Ford GT), mentre alla Ferrari fornisce gli ammortizzatori attivi a 48 volt per Purosangue e F80.815 CV e 885 kg di downforce. La GTD, insomma, è un animale complesso e affascinante. Resta muscle car nell'animo grazie a un propulsore prettamente yankee (V8 5.2 della serie Predator, compressore volumetrico Eaton, 815 CV e 900 NM), ma diventa supercar sia dentro che fuori grazie alla cura della Multimatic: gli ammortizzatori semi attivi con spoon valve (sistema ingegnoso che varia il flusso dell'olio con insolita rapidità) sono in configurazione push rod al posteriore (messi in vetrina, notare le foto) e montati tradizionalmente davanti, sui quadrilateri anteriori; il cambio invece, unicità per una Mustang, è sistemato in posizione transaxle per accentrare le masse; infine, i pannelli esterni di fibra di carbonio disegnano un body kit capace di generare una deportanza straordinaria: 885 kg a 290 km/h nella configurazione di massimo carico, perché l'aerodinamica è attiva e quando l'ala posteriore spalanca il DRS e i flap anteriori fanno stallare il fondo piatto si riduce la resistenza all'avanzamento per toccare i 325 km/h (mentre lo 0-100, per la cronaca, è di 3,1 secondi). Più comoda della 911 GT3 RS. Ma i sedili... Salgo a bordo e dentro ritrovo però la solita Mustang, con una plancia dalle forme poco esotiche, finiture non certo ricercate e sedili che, seppur siano dei Recaro specifici e avvolgenti, non restituiscono quel sapore corsaiolo e quell'efficacia dei gusci di carbonio che soltanto a Weissach sanno fare. Il riferimento alla Porsche nasce spontaneo perché la GTD vuol essere un po' la 911 GT3 RS d'oltreoceano. Ma con alcune differenze non di poco conto. Se guidata su strade aperte, la Mustang è superiore in termini di confort, grazie agli ammortizzatori che risultano più efficaci nello smorzamento e ai suddetti sedili più orientati alla comodità che alla prestazione, come piacciono tanto agli americani. Ancora, la GTD la sopravanza per cavalli e coppia (ma la GT2 RS che verrà pareggerà i conti) e godersi ogni singolo giro motore del muscolosissimo V8 Predator è roba da pelle d'oca, grazie alla veemenza con cui spinge e al suono arrogante prodotto dall'Akrapovic in titanio. Il cambio, poi, segue il ritmo in maniera straordinaria: è lo stesso Tremec a doppia frizione a 8 rapporti montato anche su Corvette e Maserati MC20, ma la calibrazione scelta da Ford lo rende più coinvolgente, con passaggi secchi e decisi che ben si sposano col carattere del propulsore.Tanta gomma a terra. In pista invece la faccenda cambia un poco. La GTD ha una impressionante impronta a terra (Michelin Cup 2 R, 325 davanti e 345 dietro), un carico aerodinamico simile a quello della GT3 RS, ma sconta una massa più elevata, attorno alle due tonnellate. Il rapporto peso/potenza resta a favore della alla Ford, ma nei transitori e in frenata i chili di troppo si avvertono. Ciò che accomuna le due GT, però, è il bilanciamento e la sensazione di aderire sempre, e tantissimo, al suolo, sia grazie alla meccanica sia all'aerodinamica: ottima motricità, buon inserimento in curva, tanta confidenza sul veloce. Cose che su una Mustang, finora, non mi era mai capitato di provare in dosi così massicce.
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Modellini - Nissan Juke-R 2.0 Autoart 1:18
Diciamolo subito: la Juke-R vera nacque come provocazione. Nissan prese la SUV compatta più discussa della sua epoca e ci infilò sotto la pelle il V6 biturbo della GT-R. Autoart, come suo solito, non si è lasciata spaventare dalla stranezza e ha confezionato in scala 1:18 un modello perfetto per chi ama collezionare follie su quattroruote. Il modello è perfettamente verniciato in un nero satinato, un blocco tinta unita in perfetto stile stealth spezzato solo dal logo cromato sulla calandra. Il muso è un catalogo di prese d'aria, i fari anteriori sdoppiati sono replicati con trasparenze perfette. Le fiancate sfoggiano minigonne scolpite, muscolose, i cerchi, tra le poche parti di diverso colore, replicano fedelmente quelli forgiati della versione reale, con pneumatici in gomma dal battistrada inciso e dischi freno forati completi di pinze colorate. E' dotata di targhe ufficiali con il font originale della casa nipponica su entrambi i portatarga. Il portellone posteriore ospita nella parte alta due piccoli spoiler ai lati mentre in basso troviamo il doppio scarico appena accennato. Aprendo le portiere ci si dimentica di essere dentro a un SUV cittadino. L'abitacolo ha un aspetto decisamente racing: roll-bar integrale ben riprodotto in plastica satinata, sedili a guscio con texture che simulano la pelle scamosciata. La plancia, un po troppo lucida nelle plastiche, mantiene l'impostazione della Juke di serie, al centro del cruscotto, Autoart ha perfino replicato il display multifunzione, piacevole l'effetto velluto sulla tappezzeria del pavimento. Non è un modello elegante, né mai lo sarà, ma in vetrina non passa inosservata, è pur sempre un Autoart. Un incrocio improbabile, un Frankenstein automobilistico che in scala 1:18 riesce persino meglio che in scala 1:1 perché qui non fa paura il prezzo (la vera costava 500,000 euro), ne il dubbio gusto: resta solo la curiosità, il divertimento e un pizzico di ironia. La si trova tra i 160 ed i 180 euro un prezzo corretto per la qualità offerta.
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Renault - La fabbrica di Douai produrrà anche la nuova Mitsubishi Eclipse Cross
Un nuovo modello si aggiunge alla lista delle produzioni di Ampere nell'impianto di Douai, nella Francia settentrionale: oltre alle elettriche della Renault (Megane, Scenic e R5), dell'Alpine (A290) e della Nissan (Micra), la fabbrica produrrà anche un altro modello a batteria della Mitsubishi, la nuova Eclipse Cross. La fabbrica transalpina. La divisione per le elettriche e i software del gruppo Renault sta dunque assumendo un ruolo sempre più centrale nell'Alleanza franco-nipponica. Ampere si sta ora preparando per produrre le due novità delle due Case giapponesi. La Nissan Micra e la Eclipse Cross, che debutteranno sul mercato europeo verso la fine dell'anno, saranno prodotte, rispettivamente, sulle piattaforme AmpR Small e AmpR Medium di Ampere. Proprio la Eclipse Cross sarà la prima Suv elettrica del marchio dei tre diamanti per l'Europa, nonché il primo veicolo Mitsubishi prodotto in Francia. Douai assemblerà dunque sei modelli per quattro clienti, ponendo così le basi per aumentare i volumi produttivi. Lo stabilimento, sottoposto a un programma di investimenti da 550 milioni di euro per convertirlo alla produzione di sole elettriche (è stata realizzara una nuova catena di montaggio comune per le due piattaforme e una struttura apposita per l'assemblaggio delle batterie), realizza dal mese di maggio del 2023 solo modelli a batteria: nel 2024 ha sfornato 89.527 vetture, a fronte delle 50.729 dell'anno procedente.
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BMW - Debrecen, dove nasce il futuro
Il gruppo BMW ha scelto Debrecen, la seconda città più grande dell'Ungheria, per forgiare il proprio futuro. In questo storico crocevia commerciale, vicino al confine con Romania e Ucraina, è stato costruito un impianto produttivo nuovo di zecca, progettato come iFactory e totalmente digitalizzato. Per avere un'efficienza senza precedenti e per non impiegare in nessuna fase di produzione combustibili fossili. Tutto è alimentato a corrente, grazie a un enorme impianto fotovoltaico a lato della fabbrica, dalle presse al riscaldamento, fino ad arrivare ai forni e alle vasche del reparto verniciatura, il primo totalmente elettrico dell'intero gruppo BMW. Debrecen è la nuova casa della BMW iX3, la prima vettura della piattaforma Neue Klasse, che sarà prodotta qui per essere esportata in tutto il mondo, in attesa che altre fabbriche (oltreoceano) vengano approntate per assemblare questa nuova famiglia di vetture. Tanta flessibilità. L'impianto ungherese vanta processi ottimizzati e una grande flessibilità produttiva. La capacità è di 170 mila unità all'anno, con pianificazione interamente digitale, pensata per ottimizzare il funzionamento delle migliaia di robot impiegati (sono più di mille solo nel reparto d'assemblaggio della carrozzeria) e per consentire al cliente cambi di configurazione all'ultimo minuto: fino a pochi giorni prima dell'avvio della produzione di ogni esemplare si possono fare delle modifiche ai colori e alle dotazioni. Questo è possibile anche grazie alla nuova architettura elettrica Neue Klasse: la BMW iX3 integra un sistema zonale con quattro centraline principali che riduce i cablaggi interni da 2 km a 1.400 metri, con un risparmio di 600 metri di fili e del 30% del peso rispetto alla X3 attuale.Zero fossili. Come detto, Debrecen è il primo stabilimento automobilistico del BMW Group a operare interamente con elettricità da fonti rinnovabili, senza l'uso di combustibili fossili. Questo approccio riduce drasticamente l'impronta di CO2e: la produzione della BMW iX3 genera circa un terzo dell'anidride carbonica necessaria per la realizzazione dei modelli attuali. Il reparto verniciatura, tradizionalmente energivoro, è ora alimentato solo da elettricità, con un risparmio annuale di 12 mila tonnellate di CO2e. Un sistema fotovoltaico di 50 ettari copre circa un quarto del fabbisogno energetico annuale dell'impianto, mentre il consumo annuo massimo della fabbrica a pieno regime è di 200 GWh. Se la produzione di elettricità eccede le richieste della fabbrica, viene immagazzinata in un sistema d'accumulo termico da 130 MWh con 1.800 metri cubi d'acqua, che viene utilizzata, tra le altre cose, anche per riscaldare le vasche con liquidi a 180 dell'impianto di verniciatura. Figlia dell'IA. La digitalizzazione è al centro di Debrecen, dalla pianificazione virtuale alla produzione. La piattaforma interna AIQX (Artificial Intelligence Quality Next) automatizza i processi di controllo qualità, utilizzando sensori e telecamere per fornire feedback in tempo reale agli operatori. L'Intelligenza Artificiale gioca un ruolo cruciale nella risoluzione dei problemi: gli errori che causano stop alla produzione vengono sottoposti in tempo reale all'AI, che, basandosi sulle documentazioni dei fornitori dei macchinari, risponde con proposte di soluzione. Con la realtà virtuale, tramite un visore Hololens, vengono segnalati con frecce il punto esatto in cui si trova il problema, e suggerite operazioni per risolverlo: per esempio ricollegare un cavo staccato da uno dei macchinari. Questo approccio garantisce un controllo qualità continuo e una rapida risposta ai malfunzionamenti. Anche nella produzione delle batterie di trazione, che qui vengono assemblate utilizzando delle celle cilindriche di nuova generazione, più efficienti, modulari e con una maggiore capacità rispetto a quelle utilizzate in precedenza sulle elettriche di Monaco.
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Chery - I marchi (e i modelli) in arrivo nei prossimi anni
Non solo grandi Suv: nel futuro italiano del gruppo Chery ci saranno anche vetture di piccole dimensioni, compresa una crossover compatta. Si tratterà di un modello a metà strada tra una Suv e una hatchback di segmento A, che arriverà tra il 2027 e il 2028: a fornire a Quattroruote nuove informazioni a riguardo è stato Jeff Zhang, vicepresidente di Chery International. Che, insieme a Kevin Cheng, ceo di Omoda e Jaecoo Italia ci ha illustrato la rotta del colosso cinese, che intende portare nel nostro Paese una serie di nuovi marchi.20 mila euro. Il primo ad arrivare, come annunciato nelle scorse settimane, sarà Lepas. Poi sarà la volta delle fuoristrada boxy firmate iCar, attese sul mercato nel 2027. Entro l'inizio del 2028 sarà invece il turno delle prime Freelander, delle Suv dall'animo off-road che il gruppo Chery sta sviluppando con un partner d'eccezione, nonché inventore di questo modello (che diventerà un brand a sé stante): Land Rover. Parallelamente, arriveranno sul mercato modelli più compatti dei marchi Jaecoo e Omoda, a partire dalla Suv Omoda 3 svelata negli scorsi mesi e attesa il prossimo anno nelle versioni benzina, ibrida ed elettrica con prezzi a partire da circa 20 mila euro. Per vedere modelli ancora più piccoli di lei bisognerà aspettare un po' di più, con la Omoda 2, una B-Suv da 4 metri, prevista tra la fine del 2026 e l'inizio del 2027 e la Omoda 1 da 3 metri e 80 che la seguirà a ruota.Multienergia. Tutti i modelli saranno proposti con motori elettrificati o elettrici puri: il gruppo ha intenzione di lanciare nei prossimi mesi in Italia anche il suo primo powertrain full hybrid, che abbiamo già guidato sulla Omoda 5. Modello che, a partire da settembre, sarà aggiornato con un leggero facelift in tutte le sue versioni già in commercio (benzina ed elettrica) per poi aggiornarsi con un vero e proprio restyling forse già l'anno prossimo.
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Lutto nel cinema - Robert Redford, eleganza sportiva
Robert Redford, icona del cinema americano, è scomparso il 16 settembre 2025 all'età di 89 anni nella sua casa nello Utah. Attore, regista e fondatore del Sundance Film Festival, ha lasciato un segno indelebile nella storia del cinema con capolavori come La Stangata, Il Grande Gatsby e Tutti gli uomini del Presidente. La passione per le auto. Oltre al grande schermo, Redford era un vero appassionato di automobili. Tra le sue vetture più celebri spicca la Porsche 904 Carrera GTS del 1964, con carrozzeria in vetroresina e motore boxer da 180 CV. Questo gioiello è stato venduto all'asta da Bonhams per oltre 1,5 milioni di dollari, confermando il valore storico e il fascino legato al nome Redford. Le auto iconiche dei suoi film. Le automobili non erano semplici comparse nei suoi film, ma veri e propri elementi narrativi che riflettevano il carattere dei personaggi:Porsche 911 T (1968) - Downhill Racer (1969): simbolo di precisione e velocità.Rolls-Royce Phantom I (1928) - Il Grande Gatsby (1974): la celebre Rolls gialla, emblema di lusso e decadenza.Porsche 912 (1968) - Spy Game (2001): eleganza sobria per un veterano della CIA.Pick-up e Cadillac Eldorado - The Electric Horseman (1979): perfetti per il road movie americano. Un'icona tra stile e sostenibilità. Redford non era solo un collezionista: già negli anni '90 sosteneva la mobilità sostenibile, promuovendo progetti legati a veicoli elettrici e ibridi, anticipando le tendenze attuali.
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ECO 2025 - Il governo insiste: Green Deal da rivedere
Sono convinto che l'Europa rivedrà il "tutto elettrico 2035" del Green Deal, aprendo ad altre tecnologie, tra cui idrogeno e biometano: lo ha affermato il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin all'ECO Festival della mobilità sostenibile e delle città intelligenti, evento in programma fino a domani a Roma in coincidenza con la Settimana europea della Mobilità dal 16 al 22 settembre 2025. Le parole di Pichetto Fratin sono in sintonia con quelle del ministro delle Imprese Adolfo Urso, secondo cui decarbonizzare il settore del trasporto è una sfida enorme da portare avanti in maniera ragionevole e non in modo ideologico, garantendo la sostenibilità sociale del nostro Paese ed evitando di favorire economie lontane da noi. Occorre rivedere le regole del patto verde Ue, e subito. Finora, Bruxelles è stata molto vaga su idrogeno e biometano, preferendo ascoltare le proposte tedesche orientate a spingere gli e-fuel, ovvero i carburanti sintetici.
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Emissioni - Dieselgate, 10 anni dopo: lo scandalo che ha cambiato lauto
Dieci anni fa, il 18 settembre 2015, l'EPA (l'ente federale statunitense per la protezione dell'ambiente) scrive a Volkswagen accusandola di aver truccato il software di controllo nei test sulle emissioni di alcuni motori a gasolio. l'inizio del Dieselgate, lo scandalo che ha sconvolto il mondo dell'auto e che ancora oggi influenza regole, strategie e mercato. La notizia fa il giro del mondo: i tedeschi barano a casa altrui. Il risultato è un crack dalle ripercussioni globali che cambieranno il corso degli eventi successivi. Stiamo reinventando il più grande costruttore di automobili europeo, aveva detto qualche giorno prima l'amministratore delegato del gruppo Volkswagen Martin Winterkorn, annunciando al Salone di Francoforte il lancio di 20 modelli elettrici e ibridi plug-in entro il 2020. La violazione è una minaccia alla salute pubblica, replica la funzionaria dell'EPA Cynthia Giles. Winterkorn fa ammissione di colpa e si dimette. Qui puoi aporofondire i primi giorni del Dieselgate. Multe miliardarie e l'elettrico come "cura". Sui media lo chiameremo subito Dieselgate, anche se non ci sarà bisogno di gole profonde per capire come i tedeschi hanno disattivato i sistemi di controllo per poi pagare negli Stati Uniti e nel mondo qualcosa come 35 miliardi di euro fra multe, indennizzi e costi da richiami. Saltano come birilli ingegneri e manager, secondo la logica che in alto non si può non sapere. E deflagra soprattutto la fiducia, non solo verso il solido marchio tedesco, ma verso l'intera industria dell'auto che da cent'anni accompagna la nostra vita quotidiana.Serve rimettere insieme i cocci e in Europa succede quel che non è mai successo, finché le cose succedono: gruppo Volkswagen in testa, i costruttori si alleano con i decisori politici di Bruxelles per accelerare la transizione energetica in vista di una decarbonizzazione entro il 2050. Con fermata intermedia nel 2035, anno di bando dei motori endotermici in Europa. Nell'ottica del grande scandalo tedesco, è un po' come se l'elettrico diventasse la continuazione della guerra al diesel con altri mezzi. Nasce così il Green Deal, con la sua svolta "etica". Il Covid fa volare i prezzi. Non si arriva nemmeno a un lustro da quel 18 settembre che, nel gennaio 2020, il mondo si ferma per il Covid-19. Anche l'auto rimane parcheggiata e con essa il lavoro di troppe persone, i profitti degli azionisti e l'idea che la mobilità sia un valore decisamente più prezioso di una novità a motore, quale che sia. Tant'è che appena il mercato riparte, i costruttori approfittano dell'insufficienza dei chip a disposizione e dei tagli forzati alla produzione per imporre i loro prezzi. Lo dicono i consumatori, lo dicono i risultati finanziari stellari di diverse Case fra il 2021 e il 2023. Il Green Deal non funziona. Eppoi il vento cambia ancora, come è sua natura. Il Dieselgate ha dato una spallata a favore dell'elettrico, ma l'Europa impegnata giustamente nel Green Deal non prepara adeguatamente il terreno: infrastrutture di ricarica, incentivi, fiscalità, normative, comunicazione non sono all'altezza. Lo scrive meglio l'ex banchiere centrale Mario Draghi in un rapporto sollecitato dalla Commissione europea e rimasto per ora lettera morta: Il settore è un esempio chiave della mancanza di pianificazione dell'Unione e dell'applicazione di una politica climatica senza quella industriale. Il regolamento AFIR impone colonnine ogni 60 km sulle principali arterie europee e pagamenti liberi via POS, ma la rete resta insufficiente. In Italia, la crescita è costante, ma lontana dagli obiettivi. Il Green Deal appesantisce una situazione in fase di progressivo deterioramento. La Cina e i dazi di Trump. Nel frattempo, l'Europa dell'auto assomiglia sempre più a un castello medioevale sotto assedio. Da est i costruttori cinesi avanzano con i loro trabucchi elettrificati, da ovest l'America trumpiana ci cannoneggia con dazi bollenti, mentre nel nostro mondo di mezzo l'economia arranca con un Pil all'1% e nel Mediterraneo e ai confini orientali tutto brucia. Bruxelles introduce tariffe fino al 38% per difendere i costruttori locali. Ma le tensioni commerciali restano alte. Al recente Salone di Monaco, i nostri hanno tentato una bella sortita per tentare di rompere l'assedio, mettendo in campo finalmente più coraggio oltre che investimenti. Il Dieselgate resta nella storia, ma sarebbe bene che, senza scambiarci per visionari, cominciassimo a considerare il futuro più reale del presente.
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Concorso dEleganza Varignana 1705 - Gioielli a quattro ruote sulle colline bolognesi
Il Concorso d'Eleganza Varignana 1705 torna dal 26 al 28 settembre nei giardini di Palazzo di Varignana, trasformando le colline bolognesi nel palcoscenico per alcune delle auto più iconiche della storia. Dopo il successo del 2024, l'edizione di quest'anno conferma sei categorie di gara e apre le porte al pubblico nella giornata del 27 settembre. Le più esclusive. Tra i modelli in mostra spiccano la Ferrari 121 LM del 1955, la BMW M1 Exclusiv del 1979 firmata Walter Maurer e la Ferrari 250 Cabriolet Pininfarina, insieme a rarità come l'Alfa Romeo 6C 2500 di Rita Hayworth e la Bugatti Type 40 Duval del 1928. La giuria internazionale sarà guidata da Stefano Pasini, con esperti come Lorenzo Ramaciotti e Adolfo Orsi. Non solo auto. Oltre all'aspetto automobilistico, l'evento fonde motori, design, gastronomia e ospitalità, confermandosi tra gli appuntamenti più esclusivi del panorama europeo. Con il patrocinio della Motor Valley e il supporto di sponsor come Azimut e Cribis, il concorso si propone come gran finale della stagione internazionale dei concours d'elegance.
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Formula 1 - Confermati sei weekend Sprint nel 2026
La Formula 1 ha svelato oggi il nuovo calendario delle Sprint Race del 2026, confermando un totale di sei weekend con il format accorciato. Ma ci saranno delle novità che promettono di rimescolare le carte: Montreal, Zandvoort e Singapore. Escono invece di scena Spa, Austin e Losail, mentre resistono Shanghai, Miami e Silverstone. Una scelta che non nasce certo dal caso. I dati raccolti da Liberty Media mostrano che le gare del sabato hanno effettivamente contribuito ad ampliare l'audience globale della F1: più pubblico sugli spalti, più spettatori davanti agli schermi e più interazioni sui social. In sostanza, le Sprint piacciono ed è per questo che dal 2027 potrebbero addirittura salire a dieci.Il nuovo sestetto. La Sprint di Shanghai sarà la prima in calendario, seguita da Miami, entrambe confermate per il terzo anno consecutivo. A luglio tornerà Silverstone, che aveva ospitato la prima Sprint in assoluto nel 2021. Molto interessante il debutto nella Sprint di Montreal, con il suo tracciato stop-and-go; ci sarà poi spazio per Zandvoort, che si congederà (momentaneamente?) dal circus con un weekend Sprint, mentre Singapore aprirà le porte all'ultima Sprint dell'anno sotto i riflettori del Marina Bay Circuit. La F1 Sprint ha continuato a crescere in termini di impatto positivo e di popolarità sin dal suo lancio nel 2021 ha commentato Stefano Domenicali, ceo della Formula 1 offrendo un ulteriore momento di adrenalina a tutti i nostri fan, ai partner televisivi e ai promoter. La stagione 2026 inaugurerà una nuova era regolamentare, e avere tre nuove sedi Sprint non farà che aumentare l'emozione in pista. Gli fa eco Mohammed Ben Sulayem, presidente della FIA: Il formato Sprint è diventato una parte sempre più entusiasmante del Campionato del Mondo FIA di Formula 1, con gare ad alta intensità e un ulteriore intrattenimento per i fan di tutto il mondo. Guardando al futuro, sono lieto di vedere nuove sedi per i weekend Sprint, insieme al ritorno di altre piste e alla conferma di circuiti diventati ormai tappe tradizionali.I numeri che convincono Liberty. Le ragioni dietro questa conferma non sono solo sportive, ma anche e soprattutto commerciali. Liberty Media parla chiaro: nel 2024 i weekend Sprint hanno registrato un +10% di audience televisiva media rispetto ai weekend tradizionali, e le sole sessioni Sprint hanno segnato un +23% rispetto al 2023. Emblematico il caso di Shanghai 2025, con l'epica prima vittoria di Lewis Hamilton in rosso Ferrari: quell'evento ha generato un +84% di audience nei 15 principali mercati F1 rispetto all'edizione precedente. Numeri che fanno gola a broadcaster e sponsor, oltre che agli organizzatori locali.Uno sguardo al futuro. Per ora si resta a sei weekend Sprint, una soglia che le squadre hanno imparato a gestire logisticamente e strategicamente. Ma Liberty non esclude un ampliamento nel 2027, insieme a una possibile revisione del format stesso, dalla sequenza delle qualifiche alla distribuzione dei punti).
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Ford - Nuovi tagli a Colonia: meno turni, più esuberi
La Ford ridimensiona ulteriormente la sua forza lavoro europea. A finire nel mirino dei vertici aziendali è l'impianto tedesco di Colonia, che fino a pochi anni fa era destinato a ben altro futuro grazie agli ingenti investimenti su nuove produzioni a batteria. Le scarse vendite di elettriche, al contrario, hanno reso le attività industriali economicamente insostenibili e quindi determinato la necessità di tagliare turni lavorativi e molto più personale di quanto finora preventivato: il piano di riorganizzazione, infatti, riguarda ora mille lavoratori, quasi 300 in più rispetto a quanto concordato poche settimane fa con il sindacato IG Metall. Le Bev capro espiatorio. "In Europa, la domanda di auto elettriche rimane ben al di sotto delle aspettative dell'industria", ha spiegato l'Ovale Blu. "Pertanto, a partire da gennaio 2026, sposteremo la produzione nello stabilimento di Colonia su un turno unico". Il programma di esuberi sarà gestito evitando l'attivazione di procedure di licenziamento obbligatorio: ai lavoratori del sito verranno offerti specifici pacchetti di strumenti e indennizzi per favorire le uscite su base volontaria. I nuovi tagli, come detto, sono aggiuntivi rispetto a quanto concordato a luglio. Proprio due settimane fa, i lavoratori avevano approvato, con il 93,5% di voti favorevoli, un piano di riorganizzazione che prevedeva l'uscita, entro la fine del 2027, di 2.900 dipendenti in tutta la Germania, di cui poco più di 700 proprio a Colonia, teatro lo scorso maggio di uno storico sciopero: allora, gli operai incrociarono le braccia e, per la prima volta in quasi 100 anni di attività, abbandonarono le postazioni di lavoro fermando la produzione. Ora, è stato deciso di aumentare la portata della ristrutturazione, ma l'effettivo numero degli esuberi si saprà solo a conclusione delle relative trattative con IG Metall. Di sicuro, la presenza industriale della Ford in Germania sembra destinata a un netto ridimensionamento, ancor più dopo la chiusura della fabbrica di Saarlouis.
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Porsche - La Cayenne Electric termina i collaudi: debutterà entro fine anno
La Porsche sta concludendo lo sviluppo della nuova Cayenne Electric, al debutto entro la fine del 2025. Mentre all'IAA di Monaco la Suv si è mostrata ancora camuffata presentando la ricarica wireless, i tecnici hanno portato avanti i collaudi su due fronti: quelli virtuali e quelli reali in condizioni estreme. La Cayenne Electric, che rappresenta la quarta generazione del modello, sarà commercializzata in parallelo con la terza serie endotermica, in vendita fino al 2030 con ulteriori aggiornamenti. Dalle simulazioni alla pre-serie. Per la Cayenne a batteria, la Porsche ha seguito un modello di sviluppo inedito e particolarmente snello, passando direttamente dalle simulazioni alla costruzione degli esemplari di pre-serie. Questo ha permesso di saltare totalmente la fase di costruzione artigianale con almeno 120 prototipi, tagliando tempi e costi: Porsche ha stimato una riduzione del 20% delle ore necessarie rispetto alla procedura tradizionale. L'intelligenza artificiale ha poi permesso di ricreare tutti gli scenari di prova, spaziando dal Nürburgring al traffico delle metropoli; inoltre, è stato sviluppato un banco prova dove posizionare il powertrain per una raccolta dati ancora più accurata, da confrontare con i dati ottenuti dai collaudatori con i prototipi. La verifica sul campo dei dati. Gli esemplari di pre-serie sono stati messi alla prova in condizioni estreme come la Death Valley, i deserti degli Emirati e i ghiacci della Scandinavia passando da -35 a +50 gradi per stressare la meccanica e l'elettronica e per ottimizzare le fasi di ricarica e l'efficienza. In pochi mesi i prototipi hanno percorso oltre 150.000 km, per simulare l'intera vita del veicolo.
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Mario Draghi - "Il 2035 dell'auto si basa su presupposti non più validi"
Mario Draghi torna a strigliare l'Europa sulla transizione energetica e sulle normative per l'auto. E proprio quest'ultime sono al centro di un attacco in piena regola alle attuali politiche comunitarie, che molti esponenti della filiera ritengono siano ormai lontane dalla realtà dei fatti. "Man mano che avanziamo con la decarbonizzazione, la transizione deve essere anche flessibile e pragmatica", ha detto l'ex presidente della BCE durante un evento a Bruxelles, giusto un anno dopo la pubblicazione del suo rapporto sul futuro della competitività europea. "La Commissione ha alleggerito alcuni degli obblighi di rendicontazione più gravosi attraverso il suo Omnibus sulla sostenibilità, ma in alcuni settori, come quello automobilistico, gli obiettivi si basano su presupposti che non sono più validi". Insomma, il mondo è cambiato, gli obiettivi sono lontani e l'Europa non se ne è accorta. O non vuole accorgersene.Previsioni mancate, promesse non mantenute. L'intervento di Draghi fa eco allle affermazioni di tanti top manager al Salone dell'Auto di Monaco di Baviera, o al recente Dialogo Strategico. "La scadenza del 2035 per le emissioni zero allo scarico era stata concepita per innescare un circolo virtuoso: obiettivi chiari avrebbero spinto gli investimenti nelle infrastrutture di ricarica, fatto crescere il mercato interno, stimolato l'innovazione in Europa e reso i modelli elettrici più economici. Si prevedeva che settori correlati - batterie, microchip - si sviluppassero parallelamente, sostenuti da politiche industriali mirate", ha spiegato l'ex presidente del consiglio di ministri. Tutto ciò, però, "non è avvenuto: l'installazione dei punti di ricarica dovrebbe accelerare di tre-quattro volte nei prossimi cinque anni per raggiungere una copertura adeguata. Il mercato dei veicoli elettrici è cresciuto più lentamente del previsto. L'innovazione europea è rimasta indietro, i modelli restano costosi e la politica sulle catene di approvvigionamento è frammentata. Di fatto, il parco auto europeo di 250 milioni di veicoli sta invecchiando e le emissioni di CO2 sono diminuite appena negli ultimi anni". La neutralità tecnologica e il punto sul mercato. Dunque, per Draghi serve un altro approccio, magari dando seguito, come tra l'altro auspicato anche dalla filiera automobilistica, proprio al report presentato l'anno scorso: "Come suggerito nel rapporto, la prossima revisione del regolamento sulle emissioni di CO2 dovrebbe seguire un approccio tecnologicamente neutrale e fare il punto sugli sviluppi di mercato e tecnologici. Abbiamo anche bisogno di un approccio integrato per l'incremento dei veicoli elettrici, che tenga conto delle catene di approvvigionamento, delle esigenze infrastrutturali e del potenziale dei carburanti a zero emissioni di carbonio", è l'avvertimento di Draghi. "Nei prossimi mesi, il settore automobilistico metterà alla prova la capacità dell'Europa di allineare regolamentazione, infrastrutture e sviluppo della catena di approvvigionamento in una strategia coerente per un settore che impiega oltre 13 milioni di persone lungo tutta la catena del valore". Europa troppo lenta. "I cittadini europei chiedono ai loro leader di distogliere lo sguardo dalle preoccupazioni quotidiane e di concentrarsi sul comune destino europeo, comprendendo la portata della sfida. Solo l'unità di intenti e l'urgenza di risposta dimostreranno che sono pronti ad affrontare tempi straordinari con azioni straordinarie", ha proseguito l'ex banchiere, sottolineando come cittadini e imprese siano "delusi dalla lentezza dell'Unione: ci vedono incapaci di tenere il passo con la velocità del cambiamento altrove. Sono pronti ad agire, ma temono che i governi non abbiano compreso la gravità del momento. Troppo spesso si cercano scuse per questa lentezza. Diciamo semplicemente che è così che è costruita l'Ue. Che un processo complesso con molti attori deve essere rispettato. A volte l'inerzia viene persino presentata come rispetto dello Stato di diritto. Questo è autocompiacimento". "I concorrenti negli Stati Uniti e in Cina sono molto meno vincolati, anche quando agiscono nel rispetto della legge. Continuare come al solito significa rassegnarsi a rimanere indietro. Un percorso diverso richiede nuova velocità, portata e intensità. Significa agire insieme, non frammentare i nostri sforzi. Significa concentrare le risorse dove l'impatto è maggiore. E significa produrre risultati nel giro di mesi, non di anni". Tra le questioni strategiche da risolvere al più presto, Draghi cita la semplificazione del quadro normativo, il rincaro dell'energia, l'applicazione delle regole sugli aiuti di Stato, le barriere interne al mercato unico, l'emissione di debito comune per progetti di interesse continentale, le nuove tecnologie e la difesa.
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<p>La mobilità in Italia</p><p> </p> - L'auto resta fondamentale, ma le elettriche non sfondano
Il rapporto tra gli italiani e l'automobile è uno dei temi principali trattati dall'ultima ricerca dell'Istituto Piepoli, "L'indagine sulla mobilità sostenibile in Italia": i risultati principali? Le quattro ruote sono ancora centrali nelle scelte di mobilità di tutti noi, mentre le vetture elettriche scontano ancora problemi come la praticità d'uso e i prezzi elevati (o almeno la loro percezione, visto che le cose stanno cambiando rapidamente). Insomma, passano gli anni, ma quando si tratta di mobilità o abitudini di spostamento, le risposte non cambiano. Auto protagonista. Secondo l'indagine, presentata al festival ECO e condotta su un campione di mille persone rappresentativo della popolazione italiana, le quattro ruote restano il mezzo più utilizzato per gli spostamenti frequenti (77% degli intervistati). Inoltre, il 92% degli italiani utilizza l'auto almeno una volta alla settimana, mentre il 65% ritiene che la propria mobilità dipenda da questo mezzo di trasporto. Solo il 19% degli intervistati usa frequentemente il trasporto pubblico (ogni giorno e da tre a cinque volte a settimana), nonostante sei cittadini su dieci pensino che nel proprio territorio esistano valide alternative all'auto, ma con differenze territoriali rilevanti: tale percezione è maggiormente diffusa nel Nord e nel Centro del Paese, oltre che nei grandi centri. Infine, solo il 13% della popolazione italiana conosce il concetto di "mobility poverty", ovvero la limitata disponibilità di trasporto pubblico e la scarsa accessibilità ai servizi di prossimità, che costringono le persone a rinunciare a opportunità di lavoro, studio, visite mediche e spostamenti per piacere e relazioni.L'elettrica non convince. A fronte di un 10% di intervistati che si dice propenso a valutare l'acquisto di un'elettrica nei prossimi 12 mesi, il 59% si dichiara "non interessato". I motivi? Due sono sempre gli stessi: prezzo (55% del campione) e scarsa autonomia (43%). Tuttavia, c'è anche chi segnala la paura di incidenti "a causa delle batterie" (17%) e non mancano perplessità sulle infrastrutture, soprattutto tra chi vive al Centro-Sud o nei piccoli comuni: solo il 21% pensa che le colonnine di ricarica siano attualmente sufficienti e facilmente accessibili. Detto questo, un elemento di novità è rappresentato dal cosiddetto "indice di mobilità sostenibile degli italiani", un indicatore che permetterà di "monitorare l'evoluzione dei comportamenti e delle abitudini" del Paese: la prima valutazione è di 66 su una scala da 0 a 100.
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2035 - La promessa del Ppe: "Fermeremo il bando delle endotermiche"
Che lo stop al 2035 previsto dal Green Deal sia in discussione è cosa nota, così come è risaputo che il Partito popolare europeo stia puntando alla revoca del divieto di vendere auto nuove con motore a combustione. Ora, però, Manfred Weber si è effettivamente attivato: il leader del gruppo di centrodestra al Parlamento europeo (il più numeroso e sostenitore della "maggioranza Ursula") presenterà presto una proposta di legge per cancellare il phase-out, "a tutela dell'industria e dell'occupazione". In un'intervista al Welt, Weber ha infatti sentenziato che gli errori ideologici della scorsa legislatura devono essere corretti: il partito proporrà inoltre l'istituzione di un'università virtuale dell'auto, l'impiego di gigafabbriche di intelligenza artificiale per lo sviluppo delle vetture, la creazione di aree di test per la guida autonoma. Indietro tutta. Sei anni fa, il Ppe è stato uno dei massimi artefici del Green Deal europeo, per poi innestare una parziale retromarcia. Adesso, con continui riferimenti alla neutralità tecnologica senza pregiudizi, la giravolta è completa. In coincidenza con l'ascesa nei consensi in Germania dell'estrema destra.
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Tesla - Musk compra azioni per un miliardo di dollari
Mossa chiave di Musk nella difficile partita a scacchi che sta giocando: venerdì, il Ceo Tesla ha comprato azioni della Casa per un valore di un miliardo di dollari. L'acquisto sul mercato aperto, il primo dell'imprenditore dal 2020, arriva in un momento critico per l'azienda texana, alle prese con un calo di vendite a livello globale. A tutta AI. Rastrellando 2,57 milioni di azioni, pagate ognuna fra i 372,37 e i 396,54 dollari, Musk accresce il potere di voto nella Tesla, mentre la società corre per raggiungere i suoi ambiziosi obiettivi di trasformarsi in una potenza dell'intelligenza artificiale e della robotica, come illustrato nella quarta parte del Master Plan. A dicembre 2024, la quota del 54enne nato in Sudafrica era del 13%, col target per avere un margine di manovra più ampio fissato al 25%. Si tenga presente che, una decina di giorni fa, il consiglio di amministrazione ha proposto a Musk un compenso di 1.000 miliardi di dollari purché vengano raggiunti determinati traguardi: in particolare, la capitalizzazione di mercato del costruttore deve moltiplicare per otto, schizzando dagli attuali da 1.100 a 8.500 miliardi di dollari. "Tesla legata a Musk". Intanto Robyn Denhol, presidente della Tesla, ha chiarito che il futuro dell'azienda rimane legato a Musk. Senza escludere, tuttavia, l'affidamento del ruolo di amministratore delegato a una figura di rilievo del settore, in modo da consentire a Elon di concentrarsi sulle scommesse futuristiche: la guida autonoma basata sull'IA, i robot umanoidi e i sistemi energetici.
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Economia circolare - Quel "fluff" ancora tutto da sfruttare
Le auto non sono fatte di solo metallo. Dopo la demolizione dei veicoli fuori uso, i recuperatori di rifiuti si trovano a dover gestire tra il 15 e il 25% di materiali misti che non possono essere avviati a fornaci e fonderie. Parliamo di spugne, tessuti, cavi, vetro e inerti, ma anche di plastiche, guarnizioni, gomme, frammenti di pneumatici privati dei componenti metallici e di tutti quei metalli non separabili dalle parti plastiche del veicolo. Insomma, un'intera galassia chiamata light shredder waste (o Asr, Automotive shredder residue), anche se la definizione che si è affermata a livello internazionale, adottata pure in ambito ufficiale, è "car fluff" o, più semplicemente, "fluff", ovvero "lanugine". Tanti scarti che, nell'ottica dell'economia circolare, possono diventare risorse. Anche di pregio. Parliamo di una frazione di rifiuto di certo non scontata da gestire, spiega Marco Ferracin di Safe, l'hub italiano delle economie circolari, non a caso la quasi totalità del fluff che risulta dalle operazioni di frantumazione dei veicoli rottamati viene portata in discarica. Il problema è che l'Europa impone che il 95% di ogni veicolo fuori uso sia riutilizzato e recuperato: da qui la necessità di trovare una via per il fluff, pena l'impossibilità di raggiungere l'obiettivo. Ma come farlo? Il ministero dell'Ambiente ha più volte suggerito di sfruttarne il buon potere calorifico per avviarlo al recupero energetico: sotto questo profilo le performance sono già state testate con successo sia in impianti dedicati sia in cementifici e non esistono ostacoli tecnici per percorrere questa strada, spiega l'esperto.Tutto risolto, quindi? In realtà no. La proposta di nuovo regolamento UE sul trattamento dei veicoli fuori uso, che è attualmente in fase di trilogo, pone l'obiettivo di riciclare almeno il 30% della plastica contenuta nei veicoli e ciò implica che il fluff, almeno in parte, non possa essere avviato a recupero energetico, ma vada riciclato, prosegue Ferracin. Servirà quindi ripensare l'intero ciclo di produzione e trattamento di questi rifiuti per far sì che i materiali mescolati nel fluff inizino a essere separati a monte. Proprio per questo il nuovo regolamento richiede che lo smontaggio delle componenti automobilistiche diventi più facile e disciplina le modalità di separazione e triturazione negli impianti che trattano i rifiuti. E, come dicevamo, il fluff è una risorsa molto interessante a livello economico. Alcuni impianti, grazie a separatori magnetici, riescono già a recuperarne la parte metallica destinando il resto alla produzione di carburanti alternativi e materiali da costruzione, senza contare che sono in corso sperimentazioni per usarlo come pavimentazione o come copertura per le discariche. E poi c'è il tessile. I tessuti compongono una parte significativa del fluff, nota l'esperto: Il regolamento UE sull'ecodesign richiede una certa percentuale di contenuto riciclato nei prodotti tessili e ciò farà presto schizzare in alto la domanda di queste materie secondarie. A ciò aggiungiamo che gli obiettivi di recupero legati all'imminente responsabilità estesa del produttore del tessile metteranno in moto soluzioni di riciclaggio a tutto campo. Così l'automotive si troverà al centro di un altro percorso virtuoso.Contenuto realizzato in collaborazione con Gruppo Safe
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MGS5 EV - L'elettrica sbarca in Italia: prezzi e versioni
La MG ha pubblicato i listini della nuova Suv elettrica S5 EV. La vettura, che abbiamo provato in anteprima, è ordinabile in tre allestimenti denominati Comfort 49, Comfort 64 e Luxury 64 con prezzi compresi tra 32.990 e 38.990 euro e due varianti di potenza e batteria. Essendo prezzi inferiori a 42.700 euro, la MGS5 EV accede ai nuovi incentivi statali: per chi vive nelle cosiddette aree urbane funzionali (qui c'è l'elenco completo), il bonus può arrivare a 11 mila euro per Isee non superiori a 30 mila euro e a 9 mila per Isee tra i 30 e i 40 mila euro (clicca qui per scoprire come si calcola l'Isee). 49 o 64 kWh per percorrere fino a 480 km. La MGS5 EV utilizza la medesima piattaforma della MG4 e misura 4,48 metri con passo di 2,73 metri. Il bagagliaio ha una capacità di 453 litri, che diventano 1.441 abbattendo il divano. I clienti possono scegliere tra due varianti di batteria e di potenza: quella da 170 CV, 250 Nm e 49 kWh da 340 km di autonomia e quella da 231 CV, 350 Nm e 64 kWh da 465-480 km di autonomia. La versione meno potente si ricarica a 120 kW e il 10-80% richiede 24 minuti, mentre la più potente arriva a 139 kW per 28 minuti. Anche le prestazioni sono diverse fra di loro: 170 km/h di punta massima e 8 secondi per toccare i 100 km/h per il modello da 170 CV e rispettivamente 190 km/h e 6,3 secondi per la più versione da 231 CV. Gli allestimenti. L'allestimento Comfort offre di serie il freno a mano elettrico, i fari a Led, il pacchetto completo di Adas, i sensori di parcheggio posteriori, la retrocamera, il climatizzatore automatico, il doppio schermo da 12,8" e 10,25" per strumentazione e infotainment, il sistema di navigazione, il pacchetto iSmart Lite, il divano posteriore frazionabile e i cerchi di lega da 17". La versione Luxury aggiunge le telecamere a 360 gradi, la pompa di calore, il portellone elettrico, la ricarica wireless per smartphone, il volante riscaldabile, le finiture in similpelle, il sedile lato guida a regolazione elettrica riscaldabili, l'impianto audio premium, il pacchetto MG iSmart, il sensore pioggia, i vetri posteriori oscurati, gli specchietti ripiegabili elettricamente e i cerchi di lega da 18". I prezzi.MGS5 EV Comfort 49 kWh: 32.990 euro (21.990 euro con il massimo degli incentivi) MGS5 EV Comfort 64 kWh: 36.490 euro (25.490 con il massimo degli incentivi) MGS5 EV Luxury 64 kWh: 38.990 euro (27.990 con il massimo degli incentivi)
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Prototipi - Dominio Alfa - VIDEO
Nel pieno fermento tecnico e sportivo degli anni Sessanta, Alfa Romeo decide di rilanciare la propria immagine nelle competizioni internazionali, puntando sul mondo dei prototipi. Non più solo Turismo o Formula 1, ma una sfida diretta ai colossi europei nelle gare di durata. Nasce così la Tipo 33, affidata alle cure di Autodelta, il reparto corse guidato da Carlo Chiti. La prima 33/2 del 1967, con il suo V8 da 2 litri, inaugura un decennio di evoluzioni che culmineranno con la 33 TT 12, dotata di un 12 cilindri boxer da 500 CV e protagonista assoluta della stagione 1975. La 33 TT 12 rappresenta l'apice tecnologico della serie: motore posteriore-centrale, telaio tubolare in acciaio, carrozzeria leggera in vetroresina e profili aerodinamici curati per affrontare i circuiti più impegnativi del Mondiale Marche. affidabile, potentissima, velocissima. Ma servono anche i piloti giusti: tra loro spiccano Arturo Merzario, Jacques Laffite, Derek Bell, Jacky Ickx e Henri Pescarolo. La stagione 1975 è un trionfo: sette vittorie su nove gare e titolo mondiale costruttori, sconfiggendo rivali come Porsche, Alpine e Matra. Il successo arriva grazie al team Willi Kauhsen, supportato direttamente da Autodelta. Per Alfa Romeo è il coronamento di un percorso lungo e tortuoso, iniziato quasi dieci anni prima. Accanto alla 33 da corsa, e nel corso dei suoi quasi dieci anni di vita, il progetto Tipo 33 ispira alcune delle concept più visionarie del design italiano: Carabo, Navajo, Iguana, 33/2 Speciale e molte altre. Realizzate su telaio della rarissima Tipo 33 Stradale (solo 18 esemplari), queste vetture dimostrano che un'auto può essere non solo competitiva, ma anche emozionante, radicale e bella.Oggi, la 33 TT 12 resta una delle Alfa più affascinanti e vincenti: una pietra miliare che ha saputo trasformare ambizione tecnica e passione in dominio totale sui circuiti di mezzo mondo. Un capitolo di storia che meritava di essere riscoperto e che speriamo vi abbia conquistato in questa serie dedicata al terzetto tricolore iridato del 1975. Volete saperne di più? Guardate il video qui sopra
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BYD - Seal 6 DM-i Touring, Milano-Monaco (e ritorno) con un pieno
Si guida (quasi) come un'elettrica, macina strada come una diesel. Il tutto in una forma, se non caduta in disuso, sicuramente non più così di moda nel panorama automobilistico odierno: la station wagon. Pensieri, questi, che affiorano mentre guidiamo la BYD Seal 6 DM-i Touring alla volta di Monaco, impegnati in un primo contatto che ha il sapore della sfida: andare e tornare dal Salone con un pieno. Sulla carta, un'ibrida plug-in non sarebbe la prima scelta per affrontare l'impresa, ma il modello interpreta questa tecnologia a modo suo. Così, grazie a una batteria da 19 kWh (nella versione che abbiamo provato, la Comfort Lite da 212 CV), la Seal 6 DM-i Touring punta ai 100 km in elettrico con una ricarica, abbinata a un serbatoio da 65 litri (20 in più di una Passat Variant con la spina), e a un range combinato di 1.350 km. Eco "mood". Partendo da Milano, la nostra roadmap, tra andata e ritorno, di chilometri ne prevede anche meno. Ma per farsi bastare un pieno ci sono da considerare gli imprevisti, le deviazioni per realizzare i nostri video, il traffico. E il fatto che la Seal 6 dovrà viaggiare soprattutto in autostrada, quindi a velocità di crociera elevate. L'esperienza implica anche alcune regole d'ingaggio tra cui l'utilizzo della modalità di guida Eco, il recupero dell'energia in frenata al livello più alto (dei due previsti), la disattivazione del Battery Save e la pressione degli pneumatici a 2,5 bar su tutte e quattro le ruote e il clima impostato su Auto a 24. Per il resto, ci riserviamo di utilizzare uno stile di guida normale: niente economy-run, insomma. Un bel kit da viaggio. Al via, la batteria della wagon non è neanche completamente carica, è al 72%, mentre l'autonomia stimata a benzina è di 1.250 km. Si parte dunque con un range leggermente ridotto rispetto al potenziale. Chilometro dopo chilometro, prendiamo confidenza con la Byd Seal 6 Touring che, con i suoi 4,84 metri di lunghezza, si pone sopra a una Skoda Octavia e una Golf Variant, e di poco sotto a una Passat. Ha un bagagliaio ben sfruttabile e accessoriato, con 500 litri nominali dietro gli schienali (non pochi per una plug-in) e fino a 1.535 a sedili abbattuti. L'abitacolo è ben confezionato: plancia e pannelli porta sono perlopiù rivestiti di materiali piacevoli sia alla vista, sia al tatto. Qualche platica dura non manca, ma è confinata nelle zone più nascoste. I comandi fisici si trovano piuttosto facilmente attorno a un posto guida immancabilmente supportato dal digitale: lo schermo dell'infotainment, nel nostro caso, ha una diagonale da 12,8 pollici, ma arriva fino a 15,6. Promossi i sedili, che in tutto il lungo viaggio hanno fornito un buon sostegno. Ricarica limitata (in potenza). La strada è tanta ma la station cinese non è affaticante. Si viaggia con un buon livello di confort, anche acustico, salvo qualche fruscio di troppo all'altezza degli specchi, a velocità autostradali. E prima di entrare nel merito dei consumi, occorre però sottolineare che, se avessimo voluto ricaricare la batteria della nostra Seal 6 Touring - cosa che la "challenge" ci impedisce di fare -, non avremmo potuto contare su grandi potenze. La wagon, infatti, accetta al massimo 6,6 kW in corrente alternata e 26 kW in corrente continua (la concorrenza arriva al doppio). E sulla versione base, la Boost con batteria da 10 kWh e 184 CV, c'è solo la ricarica in AC a 3,3 kW. Ibrido "strategico". A tal proposito, è doveroso anche un breve excursus sulle caratteristiche di questo plug-in da 212 cavalli, che abbiamo sempre utilizzato in modalità ibrida (Hev), lasciando scegliere al sistema se andare in elettrico, a benzina o con tutti e due (ma è pure possibile forzare l'andamento in solo elettrico). Nel DM-i della BYD, come in altri super ibridi di origine cinese, tendenzialmente il termico non muove le ruote, ma fornisce energia alla batteria e al motore elettrico, tramite un inverter. E punta a mantenere sempre certa soglia di carica (raramente siamo scesi sotto il 20%), per sfruttare il contributo dell'accumulatore ed evitare di portarselo dietro come una zavorra. Il risultato è che per larghi tratti si viaggia con un feeling di guida molto fluido, paragonabile a quello di una Bev. Più ruvida è invece l'esperienza (soprattutto acustica) quando il benzina aspirato da 1.5 litri, abbinato a una trasmissione eCvt, sale in cattedra. Per esempio, quando la strada s'impenna o quando la batteria va sotto la certa "soglia di guardia individuata dal sistema, e allora il termico si appresta a rifocillarla. Se si affonda sul gas, poi, il funzionamento dell'ibrido passa da serie a parallelo, in cui termico ed elettrico danno entrambi il proprio apporto alle prestazioni. Quanto abiamo consumato. un po' un controsenso dire che questi ibride nascono per azzerare l'ansia da autonomia e ritrovarsi, in questa challenge, a seguire il riepilogo dei consumi con una suspence da thriller, ma tant'è: i numeri ci rincuorano. All'andata, dopo aver percorso quasi 600 km, il computer di bordo ha rilevato un consumo medio di 5,1 l/100 km più 1,4 kWh/100 km, con una stima di 690 km residui a benzina e la batteria carica al 23%. Al rientro, dopo 1.127 km ci siamo fermati a 5,4 l/100/km più 0,5 kWh/100 km. Quando ci fermiamo, la strumentazione ha da poco smesso di proiettare numeri sull'autonomia residua a benzina: resta ancora il 21% di carica nella batteria. Il che ci porta a ipotizzare almeno altri 50-70 km percorribili. Ma su questo saremo più precisi in occasione della prossima sfida della BYD Seal DM-i Touring: la nostra prova a Vairano.
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